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 2014  maggio 19 Lunedì calendario

L’EXPO DOPO LA TEMPESTA TAPPE E OSTACOLI DELLA SFIDA DI SALA, RETTIGHIERI E CANTONE


Milano
Il cantiere ferito dagli scandali se ne sta sdraiato tra Milano e la Fiera di Rho-Pero. Il “pesce” lo hanno chiamato per la sagoma irregolare di quel milione di metri quadrati scelto per costruire la cittadella di Expo. Un gigante di terra circondato dalle autostrade e dai binari della ferrovia, sei gru che disegnano l’orizzonte, un incrocio di ruspe, camion e operai che si perdono in quella distesa. Ci vuole ancora molta immaginazione per sovrapporre le immagini scintillanti del progetto disegnate al computer con quelle dei lavori in corso. Qualcosa si inizia a vedere: le enormi virgole bianche delle vele che copriranno il viale centrale lungo un chilometro su cui si affacceranno gli edifici dei Paesi ospiti e che, in questo momento, sono arrivate a metà strada; tre scatoloni di cemento destinati a trasformarsi nel media center e in un padiglione in cui si parlerà del cibo del futuro; i rettangoli dei vani scale e ascensori degli spazi di servizio disseminati un po’ ovunque, lingue di asfalto e qualche sparuto albero piantato a guardia dei confini, lo scavo del canale che circonderà tutta l’area. E scavi, altri scavi. Perché per la maggior parte delle opere siamo ancora alle fondamenta. È per questo che bisogna venire fin qui per capire a che punto sia l’Expo. E se ce la farà a riprendersi dalle batoste delle inchieste giudiziarie. Bisogna vederlo, il cantiere di Expo dove già oggi si dovrebbe lavorare a ritmo di 20 ore su 24. E che adesso deve ricominciare a correre. Perché la bufera è arrivata quando manca meno di un anno al via (si apre il 1 maggio 2015 fino al 31 ottobre) e quando sul sito stanno entrando i Paesi per costruire i loro padiglioni: Italia e Germania hanno iniziato; per un’altra decina siamo agli scavi di base; la maggior parte partirà tra giugno, luglio e settembre. Per farcela, bisognerà recuperare il tempo perduto, i giorni buttati per le piogge incessanti. Ma anche semplificare il più possibile il progetto e rinunciare a tutto ciò che è “superfluo”. È di questo piano anti-ritardi che il commissario unico del governo Giuseppe Sala si occuperà insieme a Marco Rettighieri, il dirigente di Italferr con un (recente) passato legato alla Tav, scelto per sostituire Angelo Paris, il responsabile del settore costruzioni arrestato. La ripartenza di Expo inizia da qui. Con tanti fronti da presidiare e dossier da chiudere: dal rischio che i costi delle gare già vinte salgano; ai 200 milioni di commesse ancora da affidare e su cui d’ora in poi vigilerà anche Raffaele Cantone, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione chiamato dal premier Matteo Renzi dopo l’allarme. È anche così che, fin dall’inizio dell’avventura nel 2008, ha marciato Expo. Snocciolando cifre da capogiro, disegnando i contorni della «grande occasione». Un budget che, sotto i venti della crisi, è stato assottigliato nel 2011 con un taglio da 300 milioni. Ma che continua a rappresentare una torta (già in parte distribuita) importante. Perché per costruirla, quella cittadella, verrà investito 1 miliardo e 300 milioni di soldi pubblici (di questi 833 milioni arrivano dal governo). Quella dei fondi è una delle partite aperte. Il governo si è impegnato a versare altri 60 milioni entro l’assemblea dei soci di inizio giugno per coprire la quota della Provincia di Milano che ha fatto un passo indietro; ora bisognerà sciogliere il nodo di altri 60 milioni che la Camera di Commercio ha difficoltà a versare in coerenza con la propria mission. E poi c’è la caccia agli sponsor (Fiat, Telecom, Samsung Enel, Intesa San Paolo, Accenture, Selex), che finora ha portato a 350 milioni privati. Nell’Esposizione che ha già superato il record di Shanghai 2010 per gli stand costruiti autonomamente dalle Nazioni, però, (siamo a 60; in tutto sono 147 le adesioni), si deve aggiungere un altro miliardo che gli Stati spenderanno per realizzare e poi gestire i loro spazi. A partire da colossi come Cina, Germania ed Emirati Arabi. Altri 11,5 miliardi sono quelli previsti per strade, autostrade e metropolitane attese da tempo in Lombardia: erano state agganciate alla locomotiva del 2015 sperando di accelerarne la marcia. Già oggi, se si considerano una dozzina di voci principali, la metà non riuscirà ad arrivare in tempo. La promessa era quella: occupazione, investimenti, un elettrochoc per l’economia. Stando a una ricerca dell’Università Bocconi, per dire, l’Esposizione sarebbe in grado (dal 2012 al 2020) di generare 191mila posti di lavoro (non necessariamente tutti nuovi), un indotto economico in tutta Italia - a partire dal turismo messo in moto dai 20 milioni di visitatori - da 24,7 miliardi e 10,5 miliardi di valore aggiunto. Cosa è successo finora? Expo spa ha aggiudicato gare per quasi 800 milioni di euro. Un totale che comprende tutto, dalla costruzione dell’area e dei collegamenti diretti che rappresentano l’86 per cento di quella cifra, a forniture di beni e servizi. La sfida ora è anche fare in modo di limitare quelle che in termine tecnico si chiamano “riserve”: i soldi in più chiesti dalle aziende vincitrici per contestazioni o punti non previsti nei contratti. Le prime ruspe a entrare nel 2011 nell’area sono state quelle della Cmc, il colosso delle cooperative che ha strappato l’appalto per ripulire i terreni e prepararli: oggi è stato compiuto quasi l’80 per cento del cammino. Un avvio segnato dalle polemiche per il ribasso d’asta: il 42 per cento in meno. Il prezzo iniziale di 58 milioni, però, è cresciuto a 98, con varianti e opere aggiuntive. È quello che rischia di accadere per la commessa più sostanziosa, quella della cosiddetta “piastra”: arrivata quasi a metà, che racchiude l’ossatura di base del sito espositivo. Anche in questo caso lo “sconto” proposto dalla cordata di imprese capitanate dalla Mantovani, gigante veneto del Mose di Venezia, è stato importante: 165 milioni il conto finale, quasi 100 milioni in meno rispetto alla base d’asta. Già oggi, nel tentativo di recuperare tempo e anticipare scavi di altri pezzi del mosaico si è arrivati a 197 milioni: 32 in più che, però, verranno “recuperati” dagli altri appalti. Il problema vero sono le “riserve” che Mantovani ha presentato: 120 milioni extra, che comprendono anche una sorta di “premio di accelerazione”. Expo spa inizierà una battaglia per ridurre il più possibile la pretesa e, anche su questo fronte, il commissario Sala si farà affiancare da Cantone. C’è un ultimo nodo da sciogliere che incrocia l’inchiesta: nel mirino sono finiti due appalti aggiudicati alla Maltauro (l’imprenditore Enrico Maltauro è stato arrestato insieme alla “cupola”): 55 milioni per costruire le “infrastrutture di servizio” (spazi per i ristoranti, servizi igienici e per i visitatori) e un pezzo delle Vie d’acqua (42 milioni). Quest’ultima opera, un canale che collegherà i padiglioni ai Navigli di Milano contestato dai comitati cittadini, è ancora al palo. E per il fermo forzato la ditta ha presentato un conto “danni” da oltre 13 milioni. La domanda a cui Expo sta cercando di rispondere, però, è: c’è qualche possibilità di affidare ad altri i lavori, allontanando le ombre? Il magistrato anticorruzione avrà soprattutto un compito. Affiancare Expo spa nelle procedure delle prossime gare. Si tratta di oltre 120 milioni che riguardano i servizi per far girare la macchina durante i sei mesi di evento. Le voci principali riguardano capitoli come la gestione delle biglietterie e dei ristoranti, le pulizie del milione di metri quadrati, la sicurezza, la manutenzione. Accanto a questi, è già in corso la ricerca di sponsor ufficiali che possano occuparsi della fornitura di ricerche e marketing, del sistema di navette e parcheggi attorno all’area, della distribuzione delle bevande, di una compagnia aerea che allestisca aree lounge e sviluppi offerte per i visitatori. Vietati ulteriori passi falsi. Davanti all’esigenza di imboccare la corsia veloce per finire in tempo, però, Expo spa ha chiesto una deroga in più al governo. Un potere che si aggiungerebbe a quelli di accelerazione che ha già Giuseppe Sala come commissario unico: affidare in via diretta - senza appalti - a Fiera Milano l’allestimento interno di alcuni padiglioni. Una partita che vale altri 70-80 milioni di euro. C’è un capitolo ancora più critico. È quello che riguarda tutte le infrastrutture che sono state collegate in qualche modo a Expo. Le faraoniche previsioni del 2008 sono state ridotte, ma anche così molte opere non riusciranno a centrare l’obiettivo. Tra mancanza di fondi, ricorsi, proteste del territorio, problemi burocratici. Si parte con le nuove metropolitane: una, la M6, era stata cancellata addirittura nel 2009. La linea 4, attesa da anni a Milano, non ci sarà neppure nella versione minima di due fermate. I lavori sono iniziati ma, ormai, tutti i 14 chilometri e le 21 stazioni arriveranno non prima del 2021. C’è la M5 a risollevare la situazione: il primo spezzone è già funzionante; il secondo verrà completato, anche se non tutte le fermate saranno inaugurate per l’evento. L’infrastruttura più in sofferenza è l’autostrada Pedemontana, la più costosa inserita nel pacchetto (oltre 4 miliardi), quella più in crisi per le risorse da trovare: per Expo ci sarà solo un primo tratto su 70 chilometri previsti, il resto nel 2017. Pronta entro l’estate, invece, la Brebemi, la nuova direttissima Milano-Bergamo- Brescia, e il cosiddetto “arco Tem”, lo spezzone centrale della Tangenziale Est Esterna che, poi, dovrebbe essere conclusa nel 2015. Tra le strade, la rincorsa più disperata è quella della Rho-Monza, dieci chilometri ritenuti però indispensabili per la manifestazione: solo una tratta e poco più risponderà all’appello. Bilancio negativo per le ferrovie: il potenziamento della linea Rho-Gallarate (vicino al sito espositivo) è stato fermato da un ricorso: tutto da rifare. Il collegamento tra il terminal 1 e il terminal 2 dell’aeroporto di Malpensa ci sarà, ma non per i turisti del 2015. Se ne riparlerà nel 2016. Ma cosa sarà di quell’area quando i padiglioni saranno smantellati? Arexpo, la società proprietaria dei terreni in cui Comune di Milano e Regione Lombardia sono soci di maggioranza, deve lanciare a giugno un bando internazionale in due tempi. Obiettivo: incassare 300 milioni e trovare uno sviluppatore. Perché quel milione di metri quadrati è stato acquistato (bisogna restituire alle banche 160 milioni di prestiti) e non solo si dovrà rientrare dei costi, ma anche decidere cosa diventerà. È stato promesso un grande parco tematico, il Milan si è fatto avanti per costruire un nuovo stadio. Tutto il resto è ancora da inventare. Nella foto, un’immagine dello stato attuale dell’area in cui sorgerà l’Expo: siamo tra Milano e la zona di Rho-Pero dove sorge la Fiera.

Alessia Gallione, Affari&Finanza – la Repubblica 19/5/2014