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 2014  maggio 19 Lunedì calendario

GLI IMBOSCATI DI MONTECARLO


Montecarlo
E venne il gatto che si mangiò il topo... A Montecarlo tra una Bentley e una Ferrari, è quasi inconscio canticchiare una vecchia canzone di Angelo Branduardi, Alla fiera dell’est: se un tempo erano gli italiani a godere, sfoggiare, millantare, ora chi domina sono i russi in primis, più la novità dei malesi. Neo padroni tra i padroni. Dove non conta chi sei in assoluto, ma quanto vali, quanto produci, quanto sei utile, quanto è spesso il tuo portafogli, senza olet, ci mancherebbe “perché è bene mantenere un atteggiamento superficiale. È bene lasciarsi la chance dello stupore, di dire ‘ma dai, non lo avrei mai immaginato’, quando poi si è obbligati a scoprire la realtà su chi ti sta accanto”, racconta Romina, cinquantenne, da anni nel Principato. Lei, con la famiglia (marito e due figlie) fa parte della truppa nostrana con passaporto monegasco: settemila, tanti quanti i francesi, su 35 mila totali. “E ci conosciamo grossomodo tutti, di vista o più. È come un paesone – continua – nel quale si sa perfettamente chi sono i Matacena e i loro simili”, come sono diventati degni di cittadinanza, come vivono, investono, con quali soldi organizzano feste, o meglio ricevimenti, dove è normale sciabolare (non stappare, sciabolare) champagne da migliaia di euro dalla poppa di uno yacht da quaranta metri.
No, non è un film dei Vanzina, non è una parodia di Checco Zalone, o una esagerazione letteraria, e basta passeggiare per le vie di Montecarlo per scoprire come la realtà combacia per difetto con la più spericolata delle fantasie legate a chi può. Un negozio di lusso, una griffe, un altro di extra lusso, 980 euro per un paio di ciabatte semplici esposte in vetrina, le indicazioni per il Casinò, bodyguard vestiti di nero (bene guardare le orecchie, se hanno la cartilagine rotta sono avvezzi al cazzotto); il rombo di una fuoriserie alle spalle, una bionda su tacco 12 si siede al tavolino di un bar e poco dopo parla con il direttore: “Qualcuno si è accorto delle porzioni ridotte?”. Sì, alcune lamentele per le coppe di gelato. “Non importa, si abitueranno, ci si abitua a tutto. Dobbiamo risparmiare”. Coppa gelato media: quindici euro.
Una donna passeggia e nel frattempo con lieve inflessione milanese offre il meglio di se al cellulare: “Amour cosa porto questa sera? Il dolce? Perfetto, lo faccio preparare dalla filippina. Chi c’è? Anche la Titti e la Cicci? Bene, non dire loro di cosa è successo alla Franci... sì, il marito è ancora fuori casa. Se lo può permettere”. Basta fissare il prezzo e la vita continua. Per strada è prassi conversare con un tono basso, finto sobrio, mentre la cifra delle donne è fissata dalle scarpe: nella perfetta divisa della signora-bene le ballerine ricoprono un ruolo centrale, il tacco è poco chic di giorno, meglio mantenere un stile a cavallo tra l’impegnata dal lavoro e la casalinga indaffarata nella gestione del menage. Tutto deve restare nell’aurea dell’indecifrabile “a differenza della Matacena. A lei, a Chiara, piaceva apparire – ricorda una sua (non) amica – Organizzava serate, pomeriggi al circolo, magari oliava qualche business per il marito, sempre vestita in un certo modo, spesso con sandali esagerati, seducenti, una donna frizzante”, tanto da meritare il soprannome di coppa da champagne. “Ha visto dove abita? In una via niente male, dall’altra parte del marciapiede vive il cognato di Fini...” L’appartamento è il parametro reale di chi comanda: i prezzi al metro quadro variano dai popolari ventimila euro, con una media di trentamila e picchi da settantamila. Non c’è crisi. Per le vie ci sono più agenzie dedicate al mattone che farmacie, sulle vetrine vengono esposte le foto degli immobili, i particolari di maggior pregio e i prezzi fissati. Nessun imbarazzo o riservatezza, nessuna scritta “trattativa riservata” come in Italia, ma botte da milioni di euro come se fosse normale spenderne nove per 112 metri quadri con venti di terrazzo. “Ora comprano quasi solo i russi – spiega la proprietaria dell’agenzia sotto il palazzo dei Matacena – arrivano con il loro avvocato, pacchi di biglietti da 500 euro, non trattano sul prezzo, ma se gli piace e già abbiamo un’offerta, sono in grado di rilanciare. Mentre gli italiani si accontentano dei tagli bassi, giusto per conquistare un punto d’appoggio nel Principato e sperare nella cittadinanza. Però molto meno rispetto ad anni fa”. Colpa del Fisco, non solo della crisi nello Stivale. Il punto di rottura è stato il 2000 ed è incarnato in Luciano Pavarotti, quando “Big” è stato multato per evasione e poi consigliato a transare con 25 miliardi di lire; dopo di lui anche i casi del ciclista Mario Cipollini, del motociclista Max Biaggi, del presentatore Valerio Merola; o l’inchiesta dell’anno scorso per una truffa da 17 milioni con 10 vip indagati. Monegaschi sulla carta, non nella sostanza, tutti alla ricerca del paradiso conquistato dall’azzeramento sulle imposte.
“Non sa quanti trucchetti si sono inventati gli italiani per dimostrare la loro presenza nel Principato”, continua l’agente immobiliare: rubinetti dell’acqua lasciati appositamente aperti per certificare un consumo, luci accese; importanti mance ai portieri per testimoniare una presenza, camerieri in Ferrari o Porsche per macinare chilometri. L’apparenza deve ingannare. “Infatti siamo molti meno del numero dichiarato - continua la (non amica) - Tanta gente non l’ho mai vista, ogni tanto qualcuno mi chiede di Tizio o di Caio, ma non so nulla! Magari passano giusto qualche giorno per movimentare il loro conto in banca...” Ecco l’altra costante: gli istituti. In uno Stato con 35 mila abitanti, il più piccolo al mondo dopo il Vaticano, si contano 40 banche e 50 società finanziarie e in perfettasalute;oltre30agenzieperserviziagliyacht.Echeyacht. Sulla banchina niente gozzi, pescherecci, gommoni. I venti, trenta,quaranta metri sono comuni come una Fiat per le strade di Torino.
“Guarda, guarda c’è Carolina! È Carolina”. Dove? Chiede un marito assonnato alla moglie estasiata. “È in macchina, è lì”. Sono turisti, si vede. Girano la testa a ogni persona che passa, indicano, scattano foto, hanno un tono di voce eccessivo, chiamano al cellulare amici e parenti per aggiornamenti. Scusate, perché siete a Montecarlo? “È come vivere in un film... prima abbiamo incrociato Carolina! Quanto è bella, quanta bella gente”. Ora dove andate? “Al Casinò, ma senza rischiare troppo”. Oculati. Lo sono meno le over sessanta locali: la sala slot è l’evoluzione nostrana del circolo anziani; se in Italia giocano a Burraco o ballano il liscio, qui si cancellano davanti al “bandito con un braccio solo”. Soprattutto le donne. Donne che si sentono inutili: “I miei figli sono grandi e vivono lontano, mio marito gira per lavoro, qui passo il tempo”, confessa Ludovica, settant’anni, poche rughe. Annoiata. “D’inverno non c’è nessuno, la stagione inizia dal Gran Premio in poi”. Manca meno di una settimana all’arrivo di Alonso, Hamilton e gli altri, il circuito è allestito, così come le tribune; le stanze d’albergo sono esaurite, i prezzi non sono per lo stipendio medio di un operaio, come il Faimont con le sue finestre su una delle più celebri curve del circuito cittadino. “Seconde te, quella, quanto vuole?” chiede un ragazzo di Napoli al suo amico. “Ora te lo dico”. Camicia bianca, pantalone corto con il risvolto, giacca e atteggiamento finto-sicuro, si avvicina a una brasiliana seduta sullo sgabello di un bar. Non tenta un approccio morbido, una frase di circostanza, un sorriso, va dritto. “Quanto?”. La ragazza apre la mano, stende le dita. “Cinquanta ?”, lei neanche risponde, ma gira testa e corpo altrove. “Com’è la nostra vita qui? Bella – sorride un cinquantenne di Milano – è come vivere perennemente nel circolo più esclusivo del mondo, dove tutti sanno, o imparano in fretta, quali sono le regole”. E quali sono? “Sapere senza sapere. Mantenere un perfetto sorriso, e se qualcosa va male, non rompere le palle e sparire”. Fuori dal Casinò arriva una Porsche Cayenne color fucile, con ruote iper-larghe, quattro tubi di scappamento, un rombo fuori norma, vetri oscurati. Il proprietario scende, i tre portieri fanno a gara a chi prende le chiavi. Due dei tre sono italiani. Il proprietario le lancia e se ne va. La targa è russa. Lui è un trentenne russo. Il topo ossequia il gatto. Del cane non c’è ancora traccia.
Twitter: @A_Ferrucci

Alessandro Ferrucci, Il Fatto Quotidiano 19/5/2014