Alberto Flores D’Arcais, la Repubblica 17/5/2014, 17 maggio 2014
IL BUSINESS DELLA LIBERTA’
Al numero 83 di Baxter Street, sulla tenda gialla del piccolo negozio fa bella mostra un disegno stilizzato di un paio di manette con relativa chiave liberatoria. Siamo nel cuore di Chinatown e basta camminare pochi passi per raggiungere il tribunale criminale di New York City, dove ogni giorno decine di persone attendono con ansia il
proprio destino. Il proprietario ha fatto una scelta azzeccata aprendo proprio qui - tra un ristorante vietnamita e uno studio di agopuntura - il suo “David Jakab Bail Bonds”, che poi negozio non è, ma ospita un piccolo ufficio per un business sicuramente un po’ disprezzato ma certamente redditizio: quello delle cauzioni.
David Jakab è un bail bond agent - più comunemente bondsman - un agente (come quelli immobiliari o assicurativi) il cui lavoro consiste nell’anticipare - per chi non può permetterselo - i soldi della cauzione richiesti dal tribunale per la libertà provvisoria. In cambio, ovviamente, di una generosa parcella, che corrisponde in genere al 10-15 per cento della stessa cauzione decisa dal giudice.
Chiunque abbia visto uno dei tanti film o telefilm gialli
americani sa cosa sia la cauzione, pochi in Italia conoscono però i meccanismi, a volte complicati, che regolano questa istituzione del sistema penale Usa. E pochi (anche negli States) conoscono l’impressionante giro d’affari che gli scorre intorno: 14 miliardi di dollari all’anno. L’uso della cauzione nel sistema penale risale a circa mille anni fa, ai tempi dell’Inghilterra medievale. Negli Stati Uniti arriva insieme ai coloni inglesi e il suo uso diventa talmente popolare da essere codificato nell’Ottavo emendamento della Costituzione dove (oltre
a vietare di infliggere «pene crudeli e inconsuete») si chiarisce che «non si dovranno esigere cauzioni eccessivamente onerose».
La pratica di assumere una “terza parte” che garantisca il pagamento della cauzione (un modo per permettere anche ai più poveri di uscire dal carcere prima del processo) prende piede alla fine dell’Ottocento, quando a San Francisco i McDonough brothers, i fratelli che controllano il giro di scommesse clandestine e di prostituzione, iniziano a pagare di tasca loro per liberare su cauzione i loro collaboratori finiti nelle maglie della giustizia e farli tornare al “lavoro” il più presto possibile.
Alla base il bail bond business è piuttosto semplice. Quando qualcuno viene arrestato per aver commesso (secondo polizia e procuratore, perché fino alla condanna vige sempre la presunzione d’innocenza) un crimine, il giudice fissa una cifra (poniamo 10mila dollari) per farlo uscire dal carcere prima del processo. Se l’interessato non ha i soldi necessari (cosa che avviene per la grande maggioranza dei casi) si rivolge - in genere attraverso familiari e amici - a un bondsman. Uno come David Jakab, come gli altri due che hanno l’ufficio a pochi metri di distanza nella stessa Baxter Street, o come le migliaia che praticano questa professione tipicamente americana (nel mondo oltre agli Usa la cauzione esiste solo nelle Filippine) in ogni angolo degli States.
La fee, la percentuale che l’imputato deve pagare subito al bondsman, è fissata dallo Stato ed è quindi variabile. A New York è del 10 per cento per i primi 3mila dollari, dell’8 per cento per i successivi 7mila e del 6 per cento per ogni cauzione che supera i 10mila dollari; in diversi Stati è fissa al 15 per cento, qualunque sia la somma imposta dal giudice. La fee non è rimborsabile. Al contrario della cauzione, che una volta terminato il processo viene restituita (anche in caso di condanna) a patto che l’imputato si sia sempre presentato regolarmente alle udienze, la fee è come un onorario, una parcella pagata per il lavoro svolto dal bondsman.
Il 10 o 15 per cento sono tassi molto alti (qualcuno li paragona all’usura) ma la cifra tiene conto dei rischi che si assume l’agente e di una tradizione che risale ai tempi del selvaggio West. Per il bondsman il rischio maggiore è quello che l’imputato non si presenti al processo, che per la legge diventi un “fuggitivo”. In quel caso l’agente deve
pagare al tribunale l’intera somma stabilita dalla cauzione ed è a questo punto che il giro d’affari delle cauzioni diventa più complesso. Per evitare rischi i bondsmen chiedono all’imputato determinate garanzie. Quello che non può chiedere il tribunale (la cauzione non può essere versata con beni in natura o proprietà in ipoteca) loro lo ottengono, spesso in accordo con banche o avvocati specializzati: ipoteca sulla casa, cessione dell’automobile o di altri beni facilmente commerciabili. Quando l’imputato scappa il bondsman si rifà anche con altri metodi. Il più usato è la “caccia al fuggitivo”: vengono assunti bounty hunters, veri e propri cacciatori di taglie che si mettono alle calcagna del latitante (molto spesso lo prendono) e lo riportano in prigione.
Il tutto avviene, come si può immaginare, ai confini della legalità e con mezzi più o meno leciti, tanto che negli ultimi anni il bail bond business ha subito diverse trasformazioni. Quattro Stati (Illinois, Kentucky, Oregon e Wisconsin) lo hanno probito, altri lo hanno limitato riducendo i permessi o limitandoli a società come l’AAA (grosso modo l’equivalente del nostro Aci) o a compagnie di assicurazione. In molti Stati, come il Texas,
sono proliferati gli studi di avvocati che se ne occupano a tempi pieno. Essendo le leggi diverse da Stato a Stato, ci sono luoghi dove i bounty hunters possono agire indisturbati, altri dove la polizia non accetta “concorrenti”
privati, altri (è il caso della North Carolina) dove i bondsmen non possono assumere cacciatori di taglie ma devono occuparsi in prima persona di rintracciare i fuggitivi.
Proprio in Texas tempo fa è scoppiato un grande scandalo, perché molti bondsmen non hanno mai versato la cauzione e solo nella contea di Dallas il tribunale era arrivato ad avere un credito di ben 37 milioni di dollari. Sulle connivenze (e corruzioni) di questo business ci sono diversi esempi. Per restare al Texas, Steven Yu, un (ex) avvocato di Dallas, anche dopo essere stato arrestato (per reati legati alla sua attività) è riuscito per mesi a continuare a “lavorare” dal carcere, incassando oltre 200mila dollari di parcelle.
Negli Stati Uniti ci sono oggi (l’ultimo dato ufficiale è
del 2012) 15mila bail bonds agent che muovono oltre 14
miliardi di dollari l’anno. Anche il giro d’affari delle cauzioni è stato toccato dalla crisi del 2008, ma in modo anomalo. Perché sono aumentati i piccoli reati ed è aumentata di conseguenza la richiesta di cauzioni; ma allo stesso tempo sono aumentati i “fuggitivi”(o gli imputati insolventi) e i costi per recuperare le cauzioni versate da terze parti ai tribunali, cosa che ha fatto
fallire non pochi agenti. I bondsmen si sono riorganizzati in fretta. Oggi offrono piani attraverso cui la cauzione
può essere pagata a rate (anche di 10 o 50 dollari), molti hanno drasticamente ridotto le parcelle. E il business - in un Paese dove il 60 per cento dei carcerati è in attesa del processo - si autoalimenta.