Sabrina Giannini, Corriere della Sera 19/5/2014, 19 maggio 2014
LA VENDITA DI PALAZZO STURZO E LA FIDUCIARIA DEI MISTERI
Eredi senza gloria, ma con tanti soldi. I figli illegittimi della Democrazia cristiana hanno seppellito ancora in vita la mamma pur di spartirsi il patrimonio.
Dissolto poco prima che giungesse (che caso) la sentenza della Cassazione (n. 25999) con la quale si accertò che la Dc è ancora in vita «perché non fu mai sciolta l’Assemblea costituente». Con buona pace degli eredi legittimi e dei tesserati che non hanno più trovato il partito e le 508 sedi su cui poggiava e che, in massima parte, avevano contribuito a comprare con sottoscrizioni e feste dell’amicizia.
Gli eredi erano divisi sulla scena politica ma facevano accordi di «fratellanza» in Piazza del Gesù. Il primo contratto di cogestione del «patrimonio comune» fu sottoscritto nel 1998 da Buttiglione (ex Ppi) e Gerardo Bianco (Ppi Gonfalone), l’ultimo nel 2002. Sette anni di eretica convivenza sostenuta dal solo valore immobiliare.
Il terzo erede si defilò subito, con le tasche piene: il Ccd di Casini, D’Onofrio e Mastella pretese il 15% di quel patrimonio in contanti: qualche miliardo di lire, sporchi maledetti e subito.
Quel che resta del monopolio del Ppi ex Dc (questa la denominazione del «partito degli eredi») è il nulla, 508 immobili venduti, i debiti estinti, un paio di fallimenti e bancarotte e un vorticoso intreccio dove la magistratura non è voluta entrare più di tanto.
All’ultima udienza dello scorso 26 marzo Luca Palamara si è fatto sostituire, cosa per altro molto frequente anche prima che intraprendesse la campagna elettorale per la sua corsa verso il Consiglio superiore della magistratura (nelle file di Unicost, corrente di centro). Il collegio giudicante è subentrato a quello precedente perché si è accorto di essere incompatibile.
Il processo ripassa dal via per arrivare alla prescrizione. I segretari di partito responsabili delle scelte distrattive hanno sfilato per scaricare pateticamente la colpa sui loro tesorieri Tancredi Cimmino, Alessandro Duce, Romano Baccarini e il deputato del Pd Nicodemo Oliverio (tutti, come da tradizione, ricambiati con il seggio parlamentare).
Marini, Castagnetti e Buttiglione potevano non sapere che le società immobiliari della Dc venivano dissanguate con il trasferimento gratuito del patrimonio dalle loro casse a quelle del Ppi (donazione possibile grazie a un decreto legge del 1997, governo Prodi)?
Il Ppi Gonfalone (di Marini prima e Castagnetti poi) ha successivamente rivenduto in totale autonomia i palazzi senza rendere conto all’altro erede del patrimonio, il Cdu di Buttiglione, che aveva preferito direttamente i contanti prelevati da quelle alienazioni. Le due società immobiliari della Dc, svuotate, sono fallite.
Tra questi «regali» al Ppi, c’era palazzo Sturzo. Quando ancora non si sentiva odore di prescrizione Marco Scanni, il consulente di Palamara, suggerì di indagare ulteriormente sulla vendita di palazzo Sturzo.
Qualcosa evidentemente non tornava. Marco Persico, giornalista de Il Mondo , era stato contattato dall’ufficio del pm quando, quattro anni fa, scrisse un articolo che apriva uno scenario inedito, anche se possiamo intuire che non ci siano stati sviluppi giudiziari su quanto il giornalista aveva fatto emergere (e che rievoca nel corso della puntata di Report in onda stasera).
Ricorda Persico: «Spulciando tutti gli atti giudiziari e i bilanci avevo notato che lo stesso giorno in cui il Ppi di Pierluigi Castagnetti e del tesoriere Luigi Gilli avevano venduto palazzo Sturzo a Raffaele di Mario per 34 milioni di euro, un amministratore del partito Ppi diventava amministratore di una società il cui proprietario era lo stesso Raffaele Di Mario. La società era la Efisio». Che era stata una scatola vuota, fino a quel 29 luglio del 2005.
«Il colpo di scena — continua Persico — è che in quella società entrarono improvvisamente 7,3 milioni di liquidità e dietro lo schermo di fiduciarie scomparve la proprietà».
Persico ha insistito per avere un incontro con gli uomini del Ppi (oggi associazione e non più partito) per chiedere loro chi fossero i reali proprietari dietro lo schermo, ma senza fortuna. D’altro canto soltanto la magistratura potrebbe indagare sulle fiduciarie per scoprire chi siano i proprietari.
«La proprietà dell’Efisio è del Partito popolare», dichiara Luigi Gilli a Report. I 7 milioni di euro sono stati tutti spesi e dai bilanci si può sapere soltanto che son stati acquistati due immobili di pregio. Ma non si sa nient’altro. E non si capisce perché il Ppi ha venduto ed Efisio ha incassato. Dietro uno schermo.