Giambattista Pepi, Il Messaggero 19/5/2014, 19 maggio 2014
IL PARADOSSO DELLO STOP AL NUCLEARE
CON LE CENTRALI SUBITO OLTRE CONFINE –
ROMA L’Italia ha fame di energia. Per saziarla siamo costretti a pagare una bolletta energetica sempre più salata. Per quale ragione? Perché l’Italia è priva di una politica energetica realistica che, senza rinunciare alla tutela dell’ambiente e della sicurezza dei cittadini, possa offrire una prospettiva economicamente sostenibile che l’emancipi e la renda indipendente dal punto di vista energetico dagli approvvigionamenti dall’estero. La produzione nazionale di energia elettrica copre appena l’83% dei consumi. Il deficit è colmato mediante l’importazione di energia, in particolare dalla Francia. Ma nell’ambito della produzione interna l’Italia è divenuta paradossalmente sempre più dipendente dalle forniture estere di gas per alimentare le centrali elettriche. Al contrario, diminuisce la dipendenza dal petrolio.
GLI SQUILIBRI
Ormai in Italia tre abitazioni su quattro sono riscaldate a metano, e una lampadina su due è alimentata a metano. Nonostante i passi avanti compiuti in tema di diversificazione delle fonte energetiche, l’Italia resta un Paese che paga l’energia più cara, è esposta al rischio black out e rimane lontana dagli eco-obiettivi fissati da Kyoto. A differenza degli altri Paesi industrializzati, in Europa e nel mondo, l’Italia è ancora l’unico a ricavare il 50% dell’energia elettrica bruciando gas naturale, mentre gli altri hanno raggiunto da tempo un migliore equilibrio che prende in considerazione le fonti energetiche non rinnovabili, quelle cioè fossili, quelle rinnovabili e il nucleare. L’Italia no. L’Italia è rimasta indietro. Con il referendum popolare del 1987 ha messo la pietra sopra il nucleare. Convinta, sbagliando, di potersi rendere più autonoma accelerando sulla produzione di energia «pulita», che ha generato un business notevole pagato però per intero dai consumatori. Aver rinunciato alla possibilità di generare energia nucleare da fissione per produrre energia elettrica non rende l’Italia né più autonoma né più sicura. Gli italiani, la maggior parte in buona fede, sono convinti che non producendo energia elettrica con il nucleare, il nostro paese sia, per questo, al sicuro. Niente di più falso. Come dimostra l’incidente di Chernobyl che, sia pure marginalmente, ci colpì. Cosa accadrebbe se un incidente si verificasse in una delle centrali della Svizzera o della Francia? Oltre tutto forse pochi sanno che una quota di energia elettrica importata in Italia dalla Francia o dall’Europa orientale è generata dalla fissione nucleare. Se l’Italia volesse rendersi autonoma dal punto di vista energetico, 27 anni dopo l’improvvido referendum antinucleare, dovrebbe riconsiderare l’opportunità di riprendere in considerazione l’opzione nucleare. Del resto, non ci sarebbe niente di male a tornare sui proprio passi o a cambiare idea. In Francia Superphénix, la centrale elettrica nucleare sorta sulle sponde del fiume Rodano presso Creys-Malville, nel comune di Creys-Mépieu a circa 60 chilometri dal confine svizzero e a 100 da quello italiano, suscitò proteste e incidenti, poi nel 1997 il governo decise di chiuderla. Sia pure per ragioni commerciali. Ma Parigi non ha per questo smesso di progettare e realizzare nuove centrali. Credeva al nucleare ieri, ci crede oggi.