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 2014  maggio 19 Lunedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 19 MAGGIO 2014

«Vista da Roma, è la campagna elettorale che non c’è. Zero manifesti. Zero comizi. Iniziative ridotte al minimo, sono finiti i soldi, le idee e anche i leader. Si consuma così la vigilia del più grande “sondaggio elettorale certificato”, come lo chiama Arturo Parisi, le elezioni europee in cui più che scegliere il governo europeo, si stabiliscono i pesi in campo per le future competizioni» (Tommaso Cerno e Marco Damilano) [1].

Da giovedì a domenica nei 28 Stati membri dell’Unione Europea si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo, l’unica istituzione europea a essere eletta direttamente dai cittadini. Primi ad andare alle urne saranno Paesi Bassi e Regno Unito. In Italia i seggi saranno aperti domenica.

Il primo Parlamento europeo si è riunito nel 1979 a Bruxelles, una delle tre sedi insieme a Strasburgo, dove si svolge la sessione plenaria una settimana al mese, e Lussemburgo, dove si trovano gli uffici amministrativi e del segretariato generale [2].

I membri del Parlamento europeo uscente sono 766, perché ai 736 precedenti nel luglio del 2013 si è aggiunta la Croazia, che aveva bisogno di essere rappresentata nell’assemblea. Con questo nuovo voto il numero totale dei seggi sarà di 751. Gli eletti rimarranno in carica cinque anni [3].

Per l’assegnazione dei seggi tra i vari stati membri si applica il principio della «proporzionalità decrescente»: i Paesi con più abitanti hanno più seggi rispetto a quelli meno popolosi, con degli aggiustamenti per garantire un’equa rappresentanza. Il paese che ha più seggi è la Germania, con 96, seguita da Francia (74), poi Regno Unito e Italia entrambi con 73. Cipro, Estonia, Lussemburgo e Malta i paesi con meno seggi: 6 ciascuno [3].

Non c’è una sola legge elettorale per il Parlamento europeo: ogni paese decide come devono essere eletti i suoi rappresentanti. L’unica regola comune è che sia di tipo proporzionale. I 73 seggi che spettano all’Italia saranno assegnati con uesto principio «tanti voti, tanti seggi». Unico limite: la soglia di sbarramento al 4% (su questa soglia però ci potrebbero essere problemi, dato che la scorsa settimana il Tribunale di Venezia, accogliendo il ricorso di un avvocato, ha rinviato la legge alla Consulta) [3].

Il territorio italiano è diviso in 5 circoscrizioni: Nord-Est (14 seggi), Nord-Ovest (20), Centro (14), Sud (17) e Isole (8). Si possono esprimere fino a tre preferenze ma, novità rispetto alle precedenti votazioni, non potranno essere tutte per i candidati di uno stesso sesso, altrimenti la terza preferenza sarà annullata [4].

Altra grande novità è la possibilità di eleggere il presidente della Commissione europea. Possibilità teorica perché non c’è una legge che lo dica chiaramente: secondo il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, il Parlamento europeo eleggerà il presidente della Commissione europea sulla base di una proposta fatta dal Consiglio europeo, «prendendo in considerazione le elezioni europee». I principali partiti o alleanze (vedi sotto) hanno indicato il candidato per la presidenza della Commissione: Jean-Claude Juncker per il Ppe, Martin Schultz per il Pse, Alexis Tsipras per la Sinistra Europea, Ska Keller e José Bové per i Verdi, Guy Verhofstadt per i Liberali [4].

Le elezioni europee del 2009 furono vinte dal Partito Popolare Europeo, che ottenne 265 seggi. All’epoca in Italia il Popolo della Libertà ottenne il 35,3 per cento dei voti: dello stesso schieramento facevano parte l’Unione di Centro che ottenne il 6,5 per cento dei voti e la Südtiroler Volkspartei che ottenne lo 0,5 per cento. Il Partito Democratico ottenne il 26,1 per cento dei voti, la Lega Nord il 10,2 per cento e l’Italia dei Valori l’8 per cento dei voti [5].

«L’avanzata dei “populisti” in occasione di queste europee è un assunto praticamente indiscutibile in ogni talk-show o inchiesta giornalistica che si rispetti. Quale che sia il peso effettivo del Parlamento di Bruxelles-Strasburgo per le sorti del continente, infatti, non c’è sondaggio che non rilevi l’impennata di consensi per i partiti anti establishment, euroscettici e arrabbiati, dal Front national di Marine Le Pen allo United Kingdom Independence Party di Nigel Farage, passando per il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo in Italia» (Marco Valerio Lo Prete) [6].

Il partito europeo più grande – sia come numero di europarlamentari che come numero di partiti che vi aderiscono – è il Partito popolare europeo. Si richiama a valori di centrodestra ed è maggioranza relativa nell’Europarlamento attuale e, stando ai sondaggi dovrebbe rimanere maggioranza anche dopo il voto del 25 maggio. I partiti italiani iscritti al Ppe sono Forza Italia, Nuovo Centrodestra, Unione di Centro, Südtiroler Volkspartei e Udeur [7].

Seconda grande famiglia europea è quella che fa capo al Partito socialista europeo. Oltre al Partito Democratico, l’altro partito italiano membro del Pse è il Partito socialista di Nencini. Del Pse fanno parte oltre 50 partiti in tutta Europa, ha 196 seggi e i sondaggi lo danno in crescita in queste elezioni [7].

Con 83 rappresentati, quello dei liberali e democratici (Alde/Pde) è il terzo gruppo più numeroso all’Europarlamento. Tra gli italiani iscritti ci sono Idv e i Radicali. Il gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea ha invece 58 seggi (nessun italiano). Dei Conservatori e riformisti europei, invece, fanno parte solo due italiani: Susy De Martini (ex Forza Italia), e Cristiana Muscardini [8].

La Sinistra europea ha al momento 35 eurodeputati iscritti (nessun italiano). A queste elezioni si presenta unita in tutti i paesi guidata Tsipras. A sostegno della lista in Italia ci sono Sel e Rifondazione, escluso invece il Pdci [8].
Ultimo gruppo è Europa della libertà e della democrazia (Eld, 31 membri, 8 della Lega Nord), che racchiude tutti i movimenti euroscettici, regionalisti, indipendentisti o autonomisti. Iscritto anche Magdi Allam con il suo Io amo l’Italia [7].

Non è chiaro al momento a quale gruppo parlamentare potrebbero iscriversi i parlamentari del Movimento 5 stelle. La cosa più probabile è che rimangano nel gruppo misto per marcare la propria differenza o – viste le posizioni euroscettiche i Grillo – entrare in Eld [4].

Ma a cosa serve il Parlamento europeo? Insieme al Consiglio d’Europa (composto da un rappresentante di ciascuno stato membro a livello ministeriale, scelto cioè in base alla materia di cui si deve legiferare), il Parlamento svolge la funzione legislativa, approva il bilancio annuale dell’Ue, controlla le spese delle altre istituzioni europee [5].

I deputati sono divisi in venti commissioni permanenti dove svolgono la maggior parte del lavoro. Il Presidente del Parlamento europeo, resta in carica due anni e mezzo, rappresenta il Pe nel mondo, presiede le sessioni plenarie e sovrintende a tutto il lavoro del Parlamento affiancato da 14 vicepresidenti [2].

E nonostante l’Europa fatichi a entrare nei dibattiti politici, è nei fatti padrona delle Camere: l’82% dei decreti legislativi è attuazione di direttive dell’Ue. Marco Sarti: «Dai provvedimenti del governo per limitare le procedure di infrazione alle proposte del Consiglio europeo per ridurre le accise sui liquori consumati in Portogallo. Senza contare le decine di decreti legislativi per recepire le direttive di Bruxelles. Ben 33 sui 40 pubblicati in gazzetta ufficiale dall’inizio della legislatura. È il peso dell’Europa nel nostro Parlamento. Una realtà rilevante, spesso poco conosciuta, che finisce per monopolizzare gran parte dell’attività delle Camere» [9].

Note: [1] Tommaso Cerno e Marco Damilano, l’Espresso 16/5; [2] Sara Dellabella, Panorama.it 12/5; [3] il Post 24/4; [4] Antonio Sansonetti, Blitzquotidiano.it 15/5; [5] Francesco Marinelli, il Post 3/4; [6] Marco Valerio Lo Prete, Il Foglio 15/5; [7] Alessio Sgherza, Repubblica.it 8/5; [8] Giuliano Balestreri, Repubblica.it 13/5; [9] Marco Sarti, Linkiesta 14/5.