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 2014  maggio 17 Sabato calendario

BIAGIO ANTONACCI “IO, CANTANTE DI CITTÀ HO SCOPERTO IL SENSO DELLA VITA FACENDO IL CONTADINO”

[Intervista] –

Si vive, si canta, si soffre, si ama. E a un certo punto, improvvisamente, si arriva a 50 anni, una tappa simbolica della vita. E per molte persone il passaggio segna un cambiamento, una svolta. Per Biagio Antonacci questo passaggio, l’avvicinarsi dei 50 anni, ha coinciso con una “scoperta”, quella della terra. «Ho scoperto da qualche anno il rapporto con la terra. Ed è stata una straordinaria sorpresa», dice il cantautore milanese. «Ho cambiato direzione del mio sguardo e ho visto la natura, la sua forza, la sua bellezza. E mi piace proprio l’agricoltura, mi piace usare il trattore, potare gli ulivi, capire una vigna. Com’è successo? Semplicemente invece di investire il denaro che ho guadagnato in altre cose ho scelto di investire sulla terra. Ed è stato importante, ho imparato tanto. Per un uomo di città che scopre la terra tutto è nuovo, i passaggi delle stagioni, le variazioni del clima, quelle dei colori...».
È vero, Biagio è sempre stato un uomo di città, le storie che ha raccontato nelle sue canzoni sono urbane, storie d’amore vissute in mezzo al traffico, nei palazzi delle periferie, negli uffici. Che vuol dire, per un cantautore di città “scoprire” la terra, la campagna?
«Vuol dire aprire gli occhi, semplicemente» , dice Antonacci, «rendersi conto che la vita, quella vera, non è fatta delle cose che noi crediamo fondamentali e importanti. Ho avuto la fortuna a 40 anni di essere un uomo economicamente risolto e che quindi aveva bisogno di andare oltre. So che può suonare strano, ma mi sono detto, “da dove ha cominciato l’uomo? Dalla terra” e ho pensato di poterlo fare anche io. Tutti veniamo da lì, inconsapevolmente, e sarebbe giusto tornarci. Quindi mi sono messo a studiare, mi sono impegnato moltissimo, ho capito come si potavano gli ulivi, come si innestava una vigna, quando era il momento della semina o quando le piante andavano curate. E questo mi ha cambiato».
E per l’artista Antonacci, che sta per tornare in scena con due grandi concerti, il 24 a Bari e il 31 a Milano, con gli amici Eros Ramazzotti, Laura Pausini, Giuliano Sangiorgi, Alessandra Amoroso, il bello viene adesso: «Si, il bello viene adesso, perché capisco che bisogna essere sempre fertile nella musica come nella natura, non aver paura mai di cambiare. In agricoltura la terra cambia sempre, non si fanno le stesse coltivazioni nello stesso posto, c’è un rinnovamento continuo, la terra vuole essere seminata in maniera diversa ogni anno. E così dovrebbe essere anche la nostra vita ».
Si, ma in un mondo fatto di Twitter, smartphone, tv via satellite, treni superveloci e satelliti come si fa a spiegare a un ragazzino che la terra, la natura, sono il centro del mondo? «Certo non è facile, e non voglio nemmeno sembrare uno di quelli che pensa che ci sia bisogno di tornare al passato e abbandonare le tecnologie. No, davvero. Ma io farei studiare agricoltura a scuola. Imparare cos’è il verde, la natura, al liceo dovrebbe essere più importante che studiare altre materie, i ragazzi dovrebbero capire cosa vuol dire, o almeno conoscere la materia. Ma sono insegnamenti che andrebbero dati anche ai “grandi”, mi piacerebbe che ogni terrazzo, ogni balcone, avesse un piccolo orto, che ci fosse in ogni spazio della terra da coltivare, per fare in modo che ognuno sappia cosa vuol dire buttare un seme, vedere crescere una verdura. Non è una cosa da nulla, significa avere un rapporto costante con il mondo e avere la possibilità di mettere tutto nella giusta dimensione».
Insomma, aver superato da poco i 50 anni ha portato l’eterno ragazzo di Milano, quello che fin da piccolo non pensava ad altro che alla musica, quello che ha scritto canzoni per Mina e Mia Martini, che ha venduto milioni di copie dei suoi dischi, quello che è arrivato dove non avrebbe mai pensato di arrivare, a sognare addirittura di cambiare vita? «No, sarebbe impossibile. La musica è e resta la cosa più importante della mia vita, senza la quale non potrei essere davvero me stesso. Ma questo nuovo rapporto con la terra mi ha fatto anche pensare al mio lavoro in un modo diverso. La terra deve sempre avere qualcuno che la guardi, che la curi ogni giorno, il mio lavoro necessita della stessa attenzione, della stessa cura. Anche la musica se l’abbandoni inaridisce, anche l’“Azienda Antonacci” ha bisogno di lavoro costante. E la mia è un’azienda familiare, in cui lavoro con mio fratello e mio padre. Oggi la vedo come vedo la terra che coltivo, qualcosa di vivo, di fecondo, non semplicemente un ufficio, dei beni materiali, dei prodotti. La musica è viva, respira, cresce, se tu la curi, la ami». Musica che va seminata, curata, raccolta. E venduta. «Si, ma non mi sono mai sentito pressato dalla necessità del successo. È ovvio che se una canzone ha successo sono estremamente felice, ma non ho mai ragionato commercialmente, per i dischi o per i tour, sono sempre andato avanti con un filo di gas, proiettato su un contenuto, sul progetto artistico. Mi considero un visionario fortunato, che ha affrontato la vita con onestà ed è stato ripagato dalla vita stessa. La terra, allo stesso modo, non ti tradisce, se la ami ti rende tutto indietro, se la maltratti di pagherà con la stessa moneta». E domani? Cantautore contadino? Cantante agricoltore? «Non c’è bisogno di scegliere», dice ancora Antonacci, «tutto è legato, è tutto parte di un unico insieme. Certo, passati i 50 mi piacerebbe ancora cambiare, coltivare qualcos’altro per me stesso. Mi piacerebbe muovermi nel mondo della comunicazione, mi piacerebbe scrivere un romanzo, o fare una cosa per il cinema, provare la televisione. Sapendo che comunque nel mio futuro ci sarà sempre la musica».

Ernesto Assante, la Repubblica 17/5/2014