Paolo Berizzi, la Repubblica 17/5/2014, 17 maggio 2014
HO PAGATO TANGENTI PER LAVORARE. ADESSO HO MOLTO DA RACCONTARE AI PM
[parlano Enrico Maltauro e Primo Greganti] -
MILANO
L’imprenditore, le mazzette e il facilitatore. Enrico Maltauro («600 mila euro in due anni») e Primo Greganti, arrestato di nuovo 22 anni dopo Tangentopoli. Parlano per la prima volta dal carcere di Opera due uomini della “cupola” Expo. «Il sistema degli appalti è marcio ed il risultato di vent’anni di Berlusconi», dice il costruttore vicentino. «Per le grandi opere o paghi o non lavori. Se non lo fai tu lo fa un altro. All’estero non è così». Il Compagno G. si difende dalle accuse: «Mi hanno messo in mezzo, ma non c’entro niente». L’interesse per l’Expo 2015? «Volevo cambiare la cultura dell’ambiente di questo Paese e creare posti di lavoro per i giovani».
Un tavolo. Due sedie. La luce del pomeriggio che filtra dalle inferriate. Enrico Maltauro e Primo Greganti parlano dal carcere di Opera. «Il sistema delle grandi opere è marcio e corrotto, ed è il risultato di vent’anni di Berlusconi. Se vuoi entrare devi pagare», dice l’imprenditore vicentino. «Tangenti? Macché. Non c’entro oggi come non c’entravo nel ’92», si difende l’eterno Compagno G che sostiene: «Volevo solo creare posti di lavoro per i giovani... ». Padiglione del centro clinico. A pochi passi dalle celle dove sono detenuti i mazzettari della cupola Expo, c’è una saletta riservata. È qui che prima Maltauro e poi Greganti - separatamente - accettano di incontrare l’ospite in visita: il consigliere regionale M5S Stefano Buffagni, professione commercialista. «Li ho trovati provati, soprattutto Maltauro - riferisce a Repubblica -. Ma anche molto loquaci». Eccoli, dunque: ieri pomeriggio dopo le 16. L’imprenditore che paga, e il faccendiere facilitatore. Hanno la barba incolta. Maltauro indossa una polo verde e un paio di pantaloni scuri di cotone. Greganti è in jeans e felpa. La barba cresciuta sui lati, a incorniciare il pizzetto.
C’è pentimento e amarezza nelle parole del costruttore veneto dalle cui tasche secondo i pm - sarebbero usciti 600 mila euro di “stecche” in due anni. «È tutto vero, l’ho detto ai magistrati e ho molte altre cose da dire, se vorranno, come spero, riascoltarmi. Il sistema in Italia è marcio, io mi sono adeguato perché se non fai così non lavori». Parla di fronte agli agenti della polizia penitenziaria, Maltauro. È un fiume in piena. Perché si è adeguato?, gli chiede Buffagni. «L’ho fatto per l’azienda, per andare avanti e salvaguardare i posti di lavoro. Avevo cercato di vendere, sono andato a trattativa con una società straniera, ma non ce l’ho fatta. In questi anni - racconta ho lavorato molto all’estero e quindi lo posso dire: fuori il sistema è diverso. Negli altri Paesi di persone pulite e per bene ce ne sono ancora. In Italia non hai scelta: o scendi a patti e paghi tangenti, oppure lo fa un altro al posto tuo. Il primo che arriva vince. E lavora». Il «sistema», come lo chiama Maltauro, ha conosciuto un «prima» e un «dopo ». E un «breve periodo di mezzo». Dice: «Ho ripreso a lavorare in Italia in piena crisi. E mi sono subito accorto che il sistema era tornato ai tempi di Tangentopoli, se non peggio. Questo sistema è marcito con vent’anni di Berlusconi...». Il consigliere grillino gli chiede di spiegare. «Tra il ’92 e il ‘94 molte cose si potevano cambiare. Invece nel ’94 con Berlusconi questo sistema è tornato in auge. Berlusconi ha gestito il Paese pensando solo in un ottica locale e provinciale, pensando solo ai suoi interessi». Le regole del carcere per i colloqui coi politici in visita vietano riferimenti specifici all’inchiesta in corso. Si sorvola dunque su alcune intercettazioni - allegate agli atti dell’inchiesta della Procura - nelle quali alcuni membri della “cupola”, per esempio il «lobbysta all’americana » Sergio Cattozzo, che riceveva soldi proprio da Maltauro, parlano di Berlusconi e in particolare di presunti contatti avuti con l’ex premier da Gianstefano Frigerio. Mediatori, procacciatori d’affari. Gli intermediari che «mettono 20 stecche in forno per tirare fuori 10». Come si fa fidarsi dei facilitatori? Che ti diano davvero l’appalto in cambio di denaro. «L’affidabilità la misuri sulle esperienze passate - spiega Maltauro -. Quando uno ha mantenuto i patti sai che puoi fidarti». Il riferimento è a Cattozzo, forse anche a Primo Greganti che dalla sua cella non può sentire. «Il rischio millantatori c’è sempre, però se sei nel giro impari a distinguere quelli con cui puoi andare tranquillo». Soprattutto se in ballo ci sono appalti per grandi opere. Come Expo. Spiega ancora il costruttore: «Il sistema tangenti è sistematico nei grandi lavori. Lì se vuoi entrare devi pagare. In quelli piccoli è diverso, spesso ce la fai anche senza pagare tangenti».
Dopo quasi mezz’ora di conversazione Maltauro fa un accenno alla politica. «Ho quasi 60 anni e in questo sistema che ti costringe a tirare fuori soldi per lavorare ne ho viste tante. Per questo dico che serve un ricambio generazionale. La vecchia generazione è marcia e corrotta. Ben venga Renzi e lo svecchiamento ». A Opera è rinchiusa tutta la cupola che - secondo l’accusa - ha spolpato Expo pilotando appalti e mungendo denaro. Maltauro, Cattozzo, Frigerio, Paris, Grillo, Greganti. Di questo gruppo criminale che secondo la Procura avrebbe condizionato gli appalti, il jolly o «l’uomo che ritorna» è lui: Primo Greganti. Il Compagno G. Ventidue anni dopo Tangentopoli. L’ex funzionario del Pci entra nella saletta dopo che Maltauro è stato riportato in cella. Esordisce così. «Qui dentro soffro, certo. Anche se mi stanno curando benissimo. Soffro a non poter utilizzare il mio computer, lì ci sono tutti i progetti che ho sviluppato in questi anni ». È l’inizio di un monologo che - dice il consigliere grillino Stefano Buffagni - «assomiglia molto a una specie di comizio». Greganti, quasi ignorando il motivo e la vicenda per cui è finito di nuovo in carcere per tangenti, magnifica il suo mestiere e le sue idee «per provare a cambiare l’Italia». «Io amo lavorare. Expo era un’opportunità attraverso la quale volevo promuovere la filiera del legno, settore in cui sono impegnato da anni ». Sembra un discorso surreale, avulso. Voleva realizzare padiglioni in legno per Expo il mediatore Greganti. Per i magistrati era interessato anche ad altri risvolti dell’Esposizione Universale. «Questi progetti li conosco bene, e so le opportunità che offrono. Il mio lavoro è cercare imprenditori interessati a realizzare immobili in legno. Che sono il futuro». Già, e il presente? Greganti si difende dalle accuse: «Non c’entro niente, hanno messo in mezzo in mezzo il mio nome. Ho fiducia nella giustizia come l’avevo ventidue anni fa. Se va a leggersi le carte di allora, vede che non avevo responsabilità», suggerisce a Buffagni. Sono le cinque del pomeriggio e il Compagno G si congeda. «La malapolitica, questa sì che c’entra». Obiezione: «Lei è stato in politica, perché non l’ha detto ai suoi? «Io non conto niente. Anzi, le dico che se mi fossi accorto che intorno a Expo c’erano questi magheggi li avrei denunciati».
Paolo Berizzi, la Repubblica 17/5/2014