Luciano Mondellini, MilanoFinanza 17/5/2014, 17 maggio 2014
SE IL BOMBER FA FINANZA
La novità è singolare e ha spopolato nel dibattito finanziario statunitense: da fine aprile si può indirettamente investire sulle performance sportive di Vernon Davis, stella del football americano in forza ai San Francisco 49ers. Fantex Vernon Davis è infatti il nome di un’azione negoziata su mercati alternativi il cui rendimento è legato a un contratto stipulato dalla società finanziaria Fantex, che offre investimenti ad alto rischio, con lo stesso Davis.
Sebbene nei prospetti venga specificato che l’investimento non rappresenta una sommessa diretta sull’atleta e sulla sua capacità di incrementare i guadagni (ma un’operazione più complessa), gli osservatori sono convinti che alla fine sarà invece proprio così: migliori saranno le performance sportive del campione di football, maggiori saranno i suoi guadagni (grazie a nuovi contratti sempre più ricchi e nuove sponsorizzazioni), maggiore in ultima istanza sarà il valore del titolo. L’azione oggi tratta a 10,7 dollari e quindi dalla data di ipo del 28 aprile ha guadagnato il 7%. Tuttavia analisti e broker concordano sul fatto che per l’azione il banco di prova sarà a settembre, quando partirà la nuova stagione dell’Nfl, il campionato statunitense di football americano.
L’investimento su Davis rappresenta una frontiera estrema nell’universo sport&business, ed è un segnale di come il mondo della finanza sta osservando con sempre maggior attenzione le dinamiche degli sport più popolari, conoscendo bene la regola secondo cui dove circolano tante persone circola tanto denaro.
In questo senso non sorprende che in Europa l’attenzione sia concentrata sul calcio.
In particolare sui 15 club quotati in borsa e sui quali quindi è relativamente semplice investire. La tabella pubblicata in pagina, elaborata dalla banca dati di MF-Milano Finanza, mette in evidenza come Benfica e Porto, le due grandi tradizionali del calcio portoghese, siano di gran lunga le squadre che hanno ripagato maggiormente la fiducia dei soci negli ultimi quattro mesi e mezzo. L’azione Benfica, guidato da Manuel Rui Costa come direttore sportivo, nonostante un rosso di bilancio 2012-2013 di 10,4 milioni, da inizio anno ha registrato una crescita del 54% che ha consentito di recuperare tutta la perdita accumulata a partire dal 2011. La conquista del 33° scudetto, oltre alla cavalcata in Europa League dove il club che fu di Eusebio è arrivato sino alla finale, ha sostenuto i corsi del titolo del club di Lisbona in questa prima parte di 2014, sfruttando anche il fatto che il club biancorosso ha molti tifosi al di fuori del Portogallo.
Nello stesso periodo anche i rivali del Porto, nonostante la stagione deludente che li ha visto concludere il campionato soltanto in terza posizione, hanno beneficiato di un’ottima performance di borsa da gennaio in poi, spiegabile però anche dal fatto che negli anni scorsi l’azione dei Dragoni aveva perso molto. Insomma se c’è ancora incertezza tra i massimi esperti del ranking Uefa sull’eventuale sorpasso del Portogallo ai danni dell’Italia nel ranking Uefa, in borsa non ci sono dubbi su chi sta avendo la meglio, considerando che le tre squadre di Seria A quotate, ovvero Roma, Lazio e Juventus, occupano posti di rincalzo nella classifica elaborata da MF-Milano Finanza.
Da dove nasce questo boom portoghese? Secondo gli osservatori alla base c’è una componente finanziaria.
Come è emerso infatti da un recente studio dell’Eca (l’associazione europea dei club) le squadre portoghesi sono quelle che in Europa fanno maggior uso dei fondi che investono nei cartellini dei calciatori, i cosiddetti Tpo, dall’inglese Third Party Ownership. Questi fondi finanziano le società di calcio in modo che possano acquistare i giocatori, con rimborsi previsti entro tre stagioni. Le squadre possono così mantenere i calciatori e ripagare il debito oppure in alternativa venderli e restituire i soldi del prestito oltre a una percentuale dei ricavi dalla cessione. Insomma, si tratta di una sorta di affiancamento finanziario per far crescere quei club che non si dispongono di ingenti capitali.
Questo fenomeno, nato in Sudamerica, ha preso sempre più piede in Portogallo nelle ultime stagioni. Tutte le tre grandi storiche del calcio lusitano, ossia Porto, Benfica e Sporting, hanno costituito un fondo di investimento con l’obiettivo di avvantaggiarsi ulteriormente di questa situazione. Il Benfica, per esempio, ha costituito il Benfica Stars Fund con una società controllata del Banco Espírito Santo, uno dei maggiori istituti di credito portoghesi. Invece in altre nazioni, prima fra tutte l’Inghilterra, queste operazioni sono vietate, anche se venerdì 16 maggio è arrivata la notizia che il fondo Doyen ha dichiarato di voler trattare con le istituzione britanniche e di voler investire 200 milioni Oltremanica nelle prossime stagioni. Il rischio, secondo quanto viene da più parti paventato, oltre all’opacità finanziaria dietro numerosi trasferimenti, riguarda la stessa attività dei Tpo, che in alcune occasioni arriva a occuparsi di baby-calciatori, spesso provenienti da Paesi poverissimi, ponendo quindi un evidente problema di ordine etica.
Questa situazione, ha spiegato a MF-Milano Finanza uno dei maggiori dirigenti del calcio italiano, sta creando non pochi imbarazzi nell’Eca, dove i club tedeschi, italiani e inglesi sono contrari, mentre quelli portoghesi o spagnoli (la rivelazione continentale Atletíco Madrid fa ampio uso dei Tpo) strizzano l’occhio a questi intermediari. Sta di fatto che l’eco del problema è arrivata fino alle massime istituzioni calcistiche. L’Uefa infatti vuole vietare questa pratica, mentre la Fifa, dove la componente sudamericana è significativa, ha proposto di discuterne in giugno al congresso di San Paolo.
Anche in Turchia le positive performance delle tre big Galatasaray, Fenerbache e Besiktas hanno una spiegazione finanziaria. I titoli azionari dei tre club di Istanbul sono certamente spinti dalla crescita economica de Paese, ma beneficiano anche di una fiscalità più leggera rispetto ad esempio ai club italiani in termini di compravendita di calciatori, come ha spiegato l’amministratore delegato della Juventus Beppe Marotta in occasione di un convegno sul tema calcio&business organizzato nei giorni scorsi all’università Liuc di Castellanza.
In questo contesto infine merita un approfondimento il risultato di borsa degli ultimi mesi dei tre club italiani quotati, ovvero Roma, Lazio e Juventus. Il titolo della società giallorossa occupa l’ultima posizione in graduatoria, ma va detto che aveva corso molto negli ultimi mesi del 2013, in virtù dell’ottimo avvio di campionato della squadra allenata da Rudi Garcia e per via anche di un’intensa attività di speculazione relativa a indiscrezioni su un possibile ingresso di partner cinesi nel capitale della società. Normale che, una volta verificata l’inconsistenza delle voci, il titolo sia sgonfiata.
Sulla scia di quelle voci, tra l’altro, lo scorso ottobre registrarono una forte impennata anche i titoli di Lazio e Juventus, per quelle leggi non scritte di borsa secondo le quali quando un’azione accelera in maniera sostenuta traina dietro di sé l’intero comparto. Così il titolo della Juventus dopo quella impennata ha via via perso l’abbrivio (con un ultimo calo in concomitanza della recente eliminazione dall’Europa League ad opera del Benfica). Guardando all’arco temporale degli ultimi tre anni, invece, si nota che il titolo del club bianconero ha pagato l’aumento di capitale varato nel 2012 per coprire le pesanti perdite, oltre 95 milioni, registrate del club nella stagione 2010-11. Il titolo Lazio infine risulta stabile (sia nell’arco temporale dei quattro mesi e mezzo del 2014 sia in quello delle ultime tre stagioni). Un’azione solida, dunque, quella del sodalizio di Lotito?. No, soltanto trattata poco o niente nelle contrattazioni di Piazza Affari.
Luciano Mondellini, MilanoFinanza 17/5/2014