Siegmund Ginzberg, la Repubblica 16/5/2014, 16 maggio 2014
TEMPLARI E SS FATTI E MISFATTI DEI CORPI SCELTI
Cos’è che accomuna gli eunuchi imperiali dell’antica Cina, i giannizzeri, i gesuiti, le SS, i quant, i maghi matematici del trading quantitativo, i pasdaran e i carabinieri? Che sono corpi a sé, di élite, con fortissimo senso di appartenenza e con regole proprie che li distinguono dagli altri, al servizio e a difesa dei poteri reali: il Figlio del Cielo, il Sultano, il Papa (anzi, Dio), il Führer, la grande finanza, lo Stato. Che quasi sempre a fianco di un prestigio speciale, di doveri speciali, hanno anche privilegi speciali, insomma tendono a farsi “casta”.
Che coltivano la propria indipendenza dagli stessi poteri che li hanno creati, interagiscono con e si infiltrano negli altri poteri istituzionali, sviluppano una sorta di hegeliana dialettica servo-padrone nei loro confronti, covano – o vengono sospettati, il che è lo stesso, di covare – ribellioni. E, quando questo accade, spesso vengono brutalmente ridimensionati o eliminati dai poteri di cui sono al servizio, quando non siano prima loro a far cadere i loro protetti.
È il filo conduttore dell’ultimo libro del generale Fabio Mini: I guardiani del potere. Eunuchi, templari, carabinieri e altri corpi scelti ( Il Mulino). La sua è una carrellata che attraversa secoli e continenti, ricca quasi ad ogni pagina di suggestioni, curiosità storiche e spunti che rimandano al presente, fatti e interrogativi che, se non sempre hanno una risposta, hanno il merito di suscitare altri interrogativi. Non manca e non guasta neanche la fantasia.
Il tema di chi può fare la guardia ai guardiani è antico quanto il pensiero occidentale. E Mini sa di cosa parla. Dopo l’Accademia militare di Modena e la laurea in Scienze strategiche si è specializzato in scienze umanistiche. È stato addetto militare a Pechino. Scrive degli eunuchi di corte Ming e Qing che governavano al posto degli imperatori (e finivano ammazzati quando questi decidevano di riprendersi le proprie prerogative), con la stessa competenza con cui tratta della guardia pretoriana dell’antica Roma, dei Templari che si erano distinti nelle Crociate e, per aver acquisito troppo potere, furono tutti giustiziati dal re di Francia, e dei giannizzeri, che dopo essere stati a lungo il pilastro del potere dei sultani ottomani, furono da loro sterminati. È generale di corpo d’armata, è stato capo di Stato maggiore del Comando Nato per il Sud Europa. È insomma uno ben addentro ai segreti e ai meccanismi della professione. Quel che si dice un insider.
Ogni tipo di potere, in ogni epoca, ha bisogno di guardiani di tipo diverso. Ma certe dinamiche appaiono costanti. Secondo Mini «il sistema che crea i guardiani li esalta, li alletta e lentamente li corrompe piegandoli alle logiche curiali, alla forza del denaro, alle attrattive della carriera e alle promesse dei potenti». Ma poi succede che, «quando cominciano ad essere troppo simili a loro, scoprono di poter costituire un proprio potere autonomo, di casta o di banda: perdono dimestichezza con le strategie e diventano esperti di manovre di corridoio, sostituiscono le finalità istituzionali con quelle di corpo». Succede nelle migliori famiglie. Anche ai corpi “molto speciali” che Mini definisce “Guardiani di Dio” o “Guardiani del partito”. Capita che estendano il proprio controllo su tutte le altre istituzioni, e poi si dissanguino in conflitti di potere. In periodi di grande crisi vengono accolti come salvatori. Ma poi si concentra su di loro l’odio verso i loro tutelati. Crollano ignominiosamente con loro o vengono da loro eliminati.
C’è un ricco capitolo sulle vicende delle Sa, la milizia che aveva portato Hitler al potere, e sulle Ss che dopo aver sanguinosamente fatto fuori le Sa, si erano affermate come i guardiani di tutti gli altri guardiani del Reich nazista. Stalin aveva espresso ammirazione e ordinato uno studio su quei meccanismi. Mi sarei aspettato un analogo capitolo sulle ricorrenti e altrettanto brutali decapitazioni staliniane nell’Armata rossa e ai vertici dei Servizi, non che del Partito (formalmente il guardiano dei guardiani). Poteva essere un modo per sollevare il problema di quanto la Russia di Putin e la sua nomenklatura di siloviki (uomini provenienti come lui dai servizi e ora al vertice di tutti i gangli dello Stato e dell’economia) abbia nel Dna la possibilità di fungere da pilastro e allo stesso tempo da potenziale minaccia per lo zar di turno.
Per non parlare della Cina, il gigante che sta dando al mondo un esempio terrificante di come economia, ordine e persino il consenso possano fiorire senza democrazia. La Cina di Mao si era fondata sulla “canna del fucile” e sul mito del grande corpo “diverso da tutti gli altri”, l’Esercito popolare di Liberazione. La rivoluzione culturale aveva contrapposto una cordata militare all’altra. L’ultima epurazione ha travolto il potente capo della Sicurezza Zhou Yongkang, che pure aveva al suo comando un bilancio astronomico e un numero di effettivi superiore a quelli delle forze armate.
E le democrazie? La parte più ampia, documentata, e inquietante del libro tratta dei carabinieri e di alcuni episodi misteriosi della nostra storia repubblicana, dal tintinnio della sciabole del generale De Lorenzo, agli intrecci da mezzo secolo ancora inspiegati tra “guardiani”, eversione, mafia e politica. Si dirà: sempre le stesse cose che ritornano, come per la Tangentopoli dell’Expo. Ma cose di cui ne va ben più che di croniche ruberie. Fa impressione leggere che l’intenzione dichiarata dei golpisti e tramatori, degli schedatori a fini di ricatto dei “peccati” dei politici, delle collusioni inconfessabili con terrorismo, eversione e mafia, della P2, era sì tutelare l’ordine, arginare il “pericolo comunista”, ma anche “far fuori i politici”, mettere freno alla “rissa dei partiti sulle riforme”, Be’, a scardinare e screditare i partiti, ci sono riusciti anche senza golpe, viene da pensare.
Così come fa impressione leggere, con riferimento esplicito alla Benemerita, che «come se non bastassero i problemi e i traumi connessi ai rischi della professione, i carabinieri cercano di crearsene degli altri con la competizione con le altre forze dell’ordine, con la ricerca di nuovi incarichi e settori in cui esercitare la propria autorità e nella frenetica lotta interna, fratricida, per posti migliori, incarichi di prestigio e per la carriera». Consiglio di Stato, Corte dei conti, Quirinale, Nato e altri organismi internazionali per i più ambiziosi, amministrazioni locali o impieghi e consulenze nel privato per gli altri. La cosa curiosa è che mentre «in ogni Paese del mondo una tale diffusione da parte di una “categoria” qualsiasi, ma soprattutto militare, costituirebbe un rischio per la stabilità e l’equilibrio dei poteri», in Italia sia «considerata una garanzia ». Che, giustamente preoccupati delle molte pagliuzze, si sia persa di vista la trave?
Siegmund Ginzberg, la Repubblica 16/5/2014