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 2014  maggio 16 Venerdì calendario

ANCHE PREVITI LASCIA SILVIO E SOSTIENE ALFANO


Scajola chi? Berlusconi ne parla come se dovesse frugare nei ricordi. Acqua passata, vorrebbe convincerci. Fa il paio con Dell’Utri: i due «da tempo non partecipano alla vita del partito», di qui i vuoti di memoria. Ma c’è un terzo antico sodale che l’ex Cavaliere potrebbe tranquillamente aggiungere alla lista dei «desaparecidos»: Cesare Previti. Nemmeno lui interviene più alle riunioni forziste. Tantomeno si fa vivo ad Arcore o a Palazzo Grazioli. E non solo «Cesarone» latita, ma l’intero mondo previtiano brilla per la propria assenza dalle adunanze forziste. L’altro ieri, ad esempio, Tajani ha riempito l’Hotel Parco dei Principi con signore inguainate e attempati esponenti del «generone» romano per la gioia di Berlusconi, che non si aspettava tutta quella gente disposta a sorbirsi le sue disgrazie. Ma dell’ex ministro, ras della Roma «pariola», nemmeno l’ombra.
Trapela notizia che pure lui se n’è andato. Senza pubblici proclami, ha detto ciao a Forza Italia e al suo leader: ora gravita dalle parti di Alfano, dove la circostanza viene confermata, in verità con un certo pudore: Previti non è, specie in campagna elettorale, il miglior biglietto da visita per un partito che voglia puntare sulla legalità (6 anni di carcere incassati per la vicenda Imi-Sir, e uno «stage» ai servizi sociali per il «Lodo Mondadori»). Però contano i fatti. E questi fatti documentano il nuovo traumatico congedo dal giro stretto berlusconiano dopo il licenziamento della storica segretaria Marinella, dopo l’addio tormentato del portavoce Bonaiuti, dopo lo strappo politicamente doloroso di Bondi. Primo: già da novembre il cognato di Previti, onorevole Sammarco, si era unito alle «stampelle della sinistra» (amabile definizione che Berlusconi dà degli alfaniani). La circostanza non sfuggì al «Foglio» e a Berlusconi medesimo. Secondo, l’intero clan previtiano si sta battendo con molta energia per un’affermazione Ncd nel Centro Italia, dove capolista è la ministra Lorenzin. Terzo, nella fitta rete dei colloqui privati il capo-clan non lesina critiche anche severe al suo amico Silvio. Gli rimprovera errori da matita blu.
Anzitutto Previti contesta l’intera linea difensiva adottata da Ghedini e da Longo nei confronti del loro assistito: troppa inutile conflittualità coi magistrati che tanto, come si è visto, hanno il coltello dalla parte del manico. Ciò detto, l’ex ministro della Difesa non vede un costrutto logico nella scelta di andare all’opposizione. Al posto del Cav, lui mai si sarebbe sfilato dal governo Letta, avrebbe continuato a tenere le mani in pasta perché contare poco (nella sua visione molto pragmatica) è sempre meglio che contare nulla. Cose dette personalmente a Berlusconi nell’ultima rimpatriata, presente Dell’Utri, che risale a fine ottobre.
Non risulta che da allora si siano più confrontati. Oggi sarebbe impossibile, in quanto Previti è pregiudicato, dunque appartiene esattamente a quella categoria di soggetti che Berlusconi non deve frequentare, per ordine del Tribunale di sorveglianza. Nel frattempo, le rispettive strade si sono separate.

Ugo Magri, La Stampa 16/5/2014