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 2014  maggio 16 Venerdì calendario

SVIZZERA, IL SALARIO MINIMO CORRE VERSO IL MASSIMO


Sembra di scrivere dal Paese di Bengodi: qui in Svizzera domenica si voterà un referendum per introdurre un salario minimo garantito di 4 mila franchi al mese, pari circa a 3.300 euro. Avete letto bene: 4 mila franchi, 3.300 euro, al mese: e per tutte le categorie di lavoratori. Se poi aggiungiamo che questo è il Paese con la più bassa disoccupazione d’Europa (3,2%), noi italiani possiamo crepare d’invidia.
Certo anche i numeri vanno interpretati. Dunque, per correttezza: i tremilatrecento euro sono lordi, e non netti. Da quella cifra va tolto un 15 per cento di tasse e contributi vari. Poi bisogna togliere anche la Cassa malattia, che non è trattenuta in busta paga, e che ciascuno si deve fare per conto proprio. Altra precisazione: in Svizzera la vita costa ben di più che in Italia: in quella francese e tedesca il 30-40 per cento in più, nel Canton Ticino il 20 per cento.
Però, però: nonostante queste precisazioni, vista dall’Italia è tutta manna che cade dal cielo. Infatti complessivamente, cioè compresa la Cassa malattia, il carico fiscale della Svizzera è circa del 30 per cento, quasi la metà che da noi. E quanto al costo della vita, la legge che si voterà domenica prevede che ogni singolo Cantone potrà adeguare il proprio salario minimo garantito, ovviamente alzandolo. In ogni caso, se passasse il referendum di domenica la Svizzera avrebbe il salario minimo più alto del mondo: 22 franchi all’ora, pari a circa 18 euro, contro – per stare in Europa – gli 8 della Francia e gli 8,5 della Germania.
I Socialisti e i Verdi, che hanno proposto il referendum insieme con l’Unione sindacale svizzera, dicono che quattromila franchi al mese non devono fare scandalo perché «siamo uno dei Paesi più ricchi del mondo». Ma i padroni (qui in Svizzera li chiamano tutti ancora così, «i padroni») sono furenti. Quattromila euro al mese è pari al 64 per cento del salario medio svizzero: insomma è uno stipendio pesante, per essere considerato come una soglia minima. E, per giunta, riguarderebbe non pochi lavoratori: quelli che attualmente non raggiungono i quattromila franchi al mese sono il 9 per cento di tutti gli occupati. Ma forse fa più effetto dare i numeri, invece delle percentuali: a prendere il salario minimo garantito sarebbero 330.000 persone in tutta la Svizzera, cioè in un Paese che ha otto milioni e centomila residenti, compresi gli stranieri che sono il 25 per cento.
«Sì, i padroni sono furenti», mi conferma Giancarlo Dillena, direttore del Corriere del Ticino, il più diffuso quotidiano della Svizzera italiana: «Dicono che si rischia di immettere sul mercato una regola che sconvolge equilibri storici. E poi qui in Ticino ci sarebbe qualche problema in più. Intanto perché gli stipendi in media sono più bassi, e si introdurrebbe un minimo uguale per tutta la Confederazione. E poi qui abbiamo sessantamila frontalieri italiani, che avrebbero pure loro diritto ai quattromila franchi». Il rischio, dicono quelli del fronte del «no», è che molte imprese, visto l’andazzo, portino la produzione all’estero. Per questo anche alcuni sindacati, come i cristiano-sociali, vanno molto cauti, e non fanno campagna.
Decisi, invece, quelli dell’Unia, una specie di Cgil elvetica. «In Svizzera – mi dice da Berna la responsabile nazionale, Vania Alleva – solo la metà dei lavoratori è tutelata da contratti collettivi. Gli altri percepiscono un salario deciso dal proprio datore di lavoro, e uno su dieci prende meno di ventidue franchi all’ora, cioè quattromila franchi al mese per chi è occupato a tempo pieno. Mi rendo conto che in Italia quattromila franchi possono sembrare tanti, ma in Svizzera non è così: se non arrivi a quella cifra, qui da noi vivi malissimo, vicino alla soglia di povertà». Spiega che il referendum è stato praticamente un’ultima spiaggia: «Gli imprenditori si lamentano, ma se non si fossero sempre rifiutati di negoziare contratti collettivi, non sarebbe stato necessario arrivare a proporre questa legge. Che, tra l’altro, avrà un impatto minore che in Germania, dove il salario minimo garantito sarà sì più basso, ma riguarderà il sedici per cento dei lavoratori. In Svizzera, ripeto, solo uno su dieci».
Comunque troppi, secondo Luca Albertoni, direttore della Camera di Commercio e dell’Industria del Canton Ticino. «Siamo contrari», mi dice, «per due motivi. Il primo è che sarebbe un’imposizione dello Stato poco conforme alle nostre abitudini: sarebbe la fine di un patto sociale che in Svizzera ha una lunga tradizione. Secondo, quattromila franchi sono tanti, e metterebbero in difficoltà molti imprenditori. È vero che da noi tutto costa caro, ma ci sono già diverse esenzioni e sovvenzioni, per cui alla fine ciascuno può contare su un livello di vita dignitoso».
Vedremo domenica. I sondaggi dicono che è in vantaggio il «no». Comunque beati loro che vanno a votare su questioni del genere.

Michele Brambilla, La Stampa 16/5/2014


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Paride Pelli, Il Giornale 16/5/2014
Lugano - Uno dei Paesi più ricchi del mondo ma anche con il costo della vita tra i più elevati in assoluto, la Svizzera, si esprimerà domenica sull’introduzione di un salario minimo lordo per legge, iniziativa lanciata dall’Unione sindacale e sostenuta da tutta la sinistra.
Un salario minimo lordo che se accettato - ma l’eventualità appare remota - interesserebbe molti dei sessantamila frontalieri e parte dei residenti italiani: la proposta prevede almeno 22 franchi (18 euro) all’ora per tutti, pari a circa 4.000 franchi al mese (3.300 euro circa), indipendentemente dalla formazione del lavoratore, dal tipo di professione che svolge e dalla regione dove la esercita.
Una cifra, quella proposta dall’iniziativa, che sarebbe di gran lunga la più elevata del mondo: ponderandola in funzione del potere d’acquisto, secondo un recente studio dell’Ocse (L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ai lavoratori nella Confederazione resterebbero in tasca in termini relativi 12,91 franchi all’ora, addirittura il doppio rispetto per esempio all’Austria e il 40% in più della Francia. L’iniziativa alle urne tocca da vicino il Ticino poiché, se nelle altre regioni svizzere la media di lavoratori che oggi percepiscono un salario inferiore ai 22 franchi lordi va dal 7 al 9%, nel Cantone italofono questa percentuale è nettamente più elevata e sfiora il 25% (e a farla lievitare sono indubbiamente i molti italiani che varcano giornalmente il confine accontentandosi di retribuzioni sensibilmente più basse rispetto ai residenti). Non è un caso che il salario lordo medio a sud delle Alpi è attualmente di 5.091 franchi mentre a Zurigo sale a 6.450 franchi. E proprio nella Svizzera italiana sussiste il timore che l’introduzione di uno stipendio minimo (tra l’altro elevatissimo rispetto al mediano) possa in qualche modo accentuare quello che già viene considerato un «assalto da sud», almeno prima della messa a punto - entro tre anni - del sistema dei contingenti dopo l’inatteso «sì» svizzero all’iniziativa contro l’immigrazione di massa, il 9 febbraio scorso.
Più in generale, il Consiglio federale rileva che un minimo legale minaccerebbe pesantemente interi settori economici - non a caso tutti contrari all’iniziativa - come l’industria alberghiera e il turismo, il commercio al dettaglio o l’agricoltura o l’edilizia particolarmente in alcune regioni, segnatamente il Ticino. Un salario minimo nazionale metterebbe poi in ginocchio non solo alcuni settori ma anche l’economia delle regioni periferiche.
I sindacati e la sinistra affermano, al contrario, che i 4.000 franchi per tutti risolverebbero l’annosa questione del dumping salariale, vale a dire il livellamento verso il basso delle retribuzioni praticato da datori di lavoro che approfittano della concorrenza fra stranieri e residenti per mantenere alti i propri margini di guadagno a scapito della mano d’opera locale. Con l’approvazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa, questo dumping salariale minaccia di crescere, particolarmente nelle regioni di frontiera.
Secondo i promotori dell’iniziativa, vi è poi da tutelare la parità salariale tra uomo e donna, visto che statisticamente sono soprattutto queste ultime a soffrire di basse remunerazioni (ben il 70% di chi si trova oggi sotto la soglia minima).
Domenica vedremo se il popolo svizzero, dopo aver già rifiutato l’idea di un tetto massimo rigido per le retribuzioni - con il netto «no» all’iniziativa 1:12 contro i salari corrisposti ai top manager - boccerà anche l’idea di un salario minimo per legge.
La sensazione è che i temuti effetti «boomerang» dell’iniziativa - in un contesto economico e sociale reso più fragile dalle incertezze e dalle incognite verso il futuro prodotte dal voto popolare contro l’immigrazione di massa - alla fine prevarranno: gli ultimi sondaggi indicano infatti che l’iniziativa sul salario minimo verrà spazzata via. Ma attenzione, la Svizzera nel recente passato ha già sorpreso tutti alle urne: anche se stessa.

CORRIERE DELLA SERA
Svizzeri alle urne domenica per approvare o bocciare con un referendum l’introduzione del salario minimo «più alto del mondo». Viste dall’Italia, le cifre di cui si sta parlando a Berna e dintorni fanno quasi impressione: 22 franchi all’ora, quasi 4 mila franchi al mese per tutti (3.270 euro). Più del doppio degli 8,50 euro all’ora obbligatori per legge in Germania e dei 10,10 dollari proposti dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Se la consultazione dovesse avere esito positivo insomma, il Paese diventerebbe ben presto l’eldorado degli stipendi.
Il referendum
Secondo il governo di Berna circa un lavoratore su dieci in Svizzera fatica a pagare l’affitto. «Uno scandalo», secondo Daniel Lampart, capo economista dell’Unione sindacale svizzera, che ha lanciato l’iniziativa, appoggiata dalle forze politiche di sinistra. Secondo il sindacato Unia solo il 40% delle professioni elvetiche è coperto da contratto collettivo. E proprio con il salario minimo si vorrebbe sanare questa lacuna. Dall’altra parte della barricata ci sono le associazioni di imprese, secondo le quali la proposta bloccherebbe assunzioni di giovani e crescita. Secondo gli ultimi sondaggi comunque le proposta rischia di essere bocciata: i contrari sarebbero circa il 64%, i favorevoli il 30%, gli indecisi il 6%.
Le altre proposte
Quello su salario minimo è solo l’ultimo di una serie di referendum in Svizzera. A febbraio il Paese approvò l’introduzione di tetti e quote agli ingressi di lavoratori stranieri nella Confederazione. A novembre, vittoria dei no al referendum sui compensi per i top manager: si chiedeva di ridimensionarli, imponendo un limite legale ai salari dei dirigenti, che non avrebbero dovuto superare di 12 volte quello più basso fra i dipendenti. E, sempre a novembre, anche la consultazione sull’aumento della cosiddetta «vignetta» per viaggiare in autostrada - da 40 a 100 franchi - ebbe esito negativo.

ILSOLE24ORE.IT
Svizzeri alle urne domenica per approvare o bocciare l’introduzione del salario minimo forse più alto del mondo. Gli elettori della Confederazione dovranno infatti pronunciarsi su un referendum promosso dai sindacati in favore dell’introduzione di un salario minimo fissato a 22 franchi l’ora pari a quasi 4mila franchi al mese o 3.250 euro.
Il referendum, osteggiato dal governo e dagli imprenditori, non dovrebbe superare lo scoglio delle urne: negli ultimi sondaggi e al termine di un’accesa campagna, i contrari risultano in forte crescita al 64%, mentre i favorevoli sono il 30% e gli indecisi il 6%. In Svizzera, tra i Paesi più ricchi ma anche più cari al mondo, non esiste un salario minimo nazionale e le retribuzioni sono concordate individualmente o collettivamente. I negoziati collettivi avvengono tra le parti sociali per un intero settore o per singole aziende. L’iniziativa popolare "Per la protezione di salari equi" vuole cambiare le cose. Chiede che la Confederazione e i Cantoni promuovano contratti collettivi di lavoro che prevedano salari minimi e che sia introdotto un salario minimo nazionale legale di 22 franchi all’ora. La somma, pari a circa 18 euro, è nettamente superiore agli 8 euro previsti nella vicina Germania o i 9,5 euro della Francia.
Si stima che questa misura interesserebbe circa 330mila posti di lavoro (9% del totale) concentrati soprattutto in settori quali il commercio al dettaglio, la ristorazione, i servizi alberghieri, l’economia domestica, l’agricoltura. Per i promotori del referendum, il fatto che «quasi un lavoratore su dieci guadagni meno di 22 franchi all’ora» è «una vergogna ed è indegno di un Paese ricco come la Svizzera». Per il governo, il salario minimo a 22 franchi non è uno strumento idoneo. «Rischia di provocare la scomparsa dei posti di lavoro il cui salario è inferiore a tale cifra», ha affermato sottolineando la buona salute del mercato del lavoro svizzero, con un invidiabile tasso di disoccupazione di poco superiore al 3%.

commento di un lettore del sole.it
Il tenore di vita, in Svizzera, è elevato in un confronto internazionale da (quasi) sempre. Lo stipendio medio svizzero attuale (6200 franchi pari a circa 5000 EUR) è di quattro volte quello (dato ISTAT dello scorso anno) dei lavoratori dipendenti italiani. Tirare in ballo l’evasione fiscale italiana come scrive "argorock" per giustificare parte della realtà nella Confederazione è perlomeno scorretto. La Svizzera è molto ricca e funziona bene per vari, molti motivi. L’influsso delle banche sul PIL svizzero è molto meno importante di quanto si creda, ormai inferiore al 6%. L’Italia, vista da fuori, appare non all’altezza degli attuali problemi, ma i problemi sono interni, il vizio italico di dare la colpa dei propri malanni, delle proprie insufficienze a qualcun altro non è sostenibile. Ognuno, prima di tutto, faccia (bene) per sé...

ILPOST 17/5
Il referendum è stato promosso dai principali sindacati nazionali, secondo i quali gli stipendi in Svizzera dovrebbero riflettere il costo della vita del paese, che è tra i più alti del mondo. La proposta di legge prevede che il salario minimo sarà aumentato automaticamente in base all’inflazione. Se il referendum dovesse passare, la Svizzera avrebbe un salario minimo mensile pari quasi al doppio del paese con il salario minimo più generoso, cioè il Lussemburgo, dove è pari a poco meno di 2 mila euro al mese. Un grafico di Eurostat mostra i salari minimi dei principali paesi del mondo. Negli ultimi mesi, diversi paesi al mondo stanno discutendo la possibilità di introdurre o alzare il salario minimo. Nel Regno Unito è stato da poco alzato fino a 6,5 sterline l’ora (circa 8 euro), mentre negli Stati Uniti il presidente Barack Obama ha proposto di aumentarlo dagli attuali 7,25 dollari a 10,10 dollari l’ora (7,50 euro). Il governo di coalizione tedesco si è impegnato a creare un salario minimo di 8,50 euro l’ora. La Germania, insieme all’Italia, è uno dei sette paesi dell’Unione Europea a non avere un salario minimo. Il governo ha detto che se il referendum dovesse essere approvato porterà dei danni all’economia Svizzera. Anche alcune grandi società e multinazionali sono state critiche nei confronti del salario minimo: la Nestlè, ad esempio, paga già tutti i suoi lavoratori uno stipendio superiore al salario minimo ipotizzato dalla proposta di legge, ma secondo l’azienda un salario minimo troppo alto potrebbe danneggiare la catena dei suoi fornitori. Molti imprenditori hanno poi sostenuto che le aziende piccole e medie che impiegano lavoratori non specializzati potrebbero essere costrette a tagliare il personale.
Secondo i sindacati, invece, l’aumento dei salari minimi è necessario a causa dell’incremento del costo della vita. Mentre non ci sarà un aumento di disoccupazione perché attualmente gli stipendi al di sotto della soglia minima vengono pagati per lavori che non è possibile portare all’estero. Gli ultimi sondaggi mostrano che il 52 per cento degli svizzeri voterà “no” al referendum, ma con un margine così ridotto è difficile prevedere i risultati. Nel 2013 un referendum per imporre un limite di remunerazione ai manager, pari a 12 volte lo stipendio del dipendente meno pagato, era stato respinto.

ILFATTO.IT
Un referendum per introdurre il salario minimo. Lo voteranno domenica 18 maggio i cittadini svizzeri, chiamati alle urne per decidere su quattro quesiti referendari. Quello “Per la protezione di salari equi” mira ad introdurre nell’ordinamento elvetico un salario minimo di 4mila franchi al mese (circa 3300 euro). L’approvazione della proposta, che va nella direzione già seguita da altri paesi come la Francia e la Germania, farebbe della Svizzera il paese con il più elevato salario minimo al mondo, ma dai sondaggi sembra che i cittadini elvetici non vogliano guadagnarsi questo primato. Gli svizzeri temono infatti ondate di licenziamenti e un’improbabile fuga delle aziende verso l’estero.
Ma andiamo con ordine. La proposta punta ad introdurre un nuovo articolo, il 110a, nella Costituzione federale: “La Confederazione stabilisce un salario minimo legale. Quest’ultimo vale per tutti i lavoratori come limite inferiore vincolante del salario”. E più avanti, nelle disposizione transitorie, si specifica che la retribuzione minima deve essere pari a 22 franchi all’ora, pari a 4mila franchi al mese.
L’iniziativa è stata portata avanti dalla Unione sindacale svizzera (Uss), che ha raccolto 112mila firme a sostegno del progetto. A favore di questa modifica costituzionale, a fianco dei sindacati si sono schierati i maggiori partiti di centrosinistra. I promotori dell’iniziativa sostengono che guadagnare meno di 4mila franchi al mese sia “indegno per un Paese ricco come la Svizzera”. Un salario che, agli occhi di un cittadino italiano, garantisce una vita ben più che dignitosa. “Ma in Svizzera il costo della vita è molto più alto – obietta Vania Alleva, vicepresidente dell’Unione sindacale svizzera – bisogna poi tenere conto di alcune spese, come l’assicurazione malattie obbligatoria, che in Italia non ci sono. Da noi con 4mila franchi si riesce a malapena a vivere”.
Ma l’iniziativa non è diretta solo ad assicurare “una vita dignitosa” per i cittadini svizzeri. L’obiettivo è anche quello di eliminare il dumping salariale. Vale a dire la tendenza dei datori di lavoro a offrire salari poco invitanti per un residente, ma più che appetibili per un frontaliere. In questo modo, l’imprenditore locale risparmia sul costo del lavoro ma al tempo stesso, secondo il comitato per il sì, non fa che “mettere lavoratori stranieri e lavoratori locali gli uni contro gli altri”. Non a caso, negli ultimi anni, le campagne politiche contro i frontalieri si sono fatte sempre più aspre: i lavoratori stranieri sono stati accusati di “rubare il lavoro” ai residenti, raffigurati come topi intenti a rosicchiare la ricchezza svizzera, additati come guidatori pericolosi. È di pochi mesi fa il referendum che ha introdotto un tetto all’immigrazione, puntando a mettere un freno al lavoro delle migliaia di lavoratori frontalieri che ogni giorno varcano il confine attratti da stipendi buoni e bassa disoccupazione.
Tuttavia gli argomenti a favore del sì non sembrano convincere i cittadini svizzeri. Secondo le rilevazioni dell’istituto gfs.bern, il 64% della popolazione elvetica è contraria al progetto del salario minimo, mentre solo il 30% è favorevole. “Questi risultati sono il frutto di una campagna feroce della controparte – spiega Alleva – hanno speso milioni di franchi per diffondere la paura di perdere il posto di lavoro”. Dietro quella definita come “una campagna feroce” sta il comitato “No a un salario minimo dannoso”. Ne fanno parte i principali partiti di centro-destra e associazioni di imprenditori, commercianti, costruttori e albergatori. “È una questione di principio – argomenta Fabio Regazzi, parlamentare del Partito popolare democratico e attivista del comitato per il no – non è giusto che la politica salariale sia decisa dallo Stato. Noi siamo fautori del dialogo tra le parti sociali”.
Ma non di soli principi si tratta: di mezzo c’è anche l’ammontare del salario minimo. “Quattromila franchi sono una cifra elevatissima – prosegue il politico svizzero – che non tiene conto delle differenze regionali. E che paradossalmente penalizza quei soggetti deboli che vorrebbe tutelare”. Sul sito del comitato infatti, si sostiene – citando non meglio precisati studi condotti in Francia, Germania e Usa – che la vittoria dei sì porterebbe a uno scenario economicamente drammatico: abbassamento dei salari, aumento dei prezzi, maggiore difficoltà dei giovani a trovare lavoro. “Con un salario minimo di 4mila franchi, la Svizzera diventerebbe ancora più attrattiva per la manodopera straniera – ragiona Regazzi – il che complicherebbe una situazione già difficile”.
Stefano Modenini, direttore dell’Aiti (l’associazione industrie ticinesi) tratteggia per certi versi uno scenario opposto, lanciando però un ulteriore allarme a sostegno del No. “Non solo ci sarebbero molti licenziamenti, ma la vittoria del si incentiverebbe anche una diffusa delocalizzazione di imprese verso altre economie”.
di Stefano De Agostini e Alessandro Madron

L’INDENNITA DI DISOCCUPAZIONE IN SVIZZERA


Diritti e doveri in caso di disoccupazione

Avete perso il lavoro e l’avete già annunciato al vostro Comune di domicilio o all’ufficio regionale di collocamento (URC)? Ecco i vostri diritti e doveri in caso di disoccupazione.
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I diritti di una persona disoccupata

Assicuratevi che il termine di disdetta concordato nel contratto di lavoro sia stato rispettato. Se non vi è alcun contratto scritto né un contratto collettivo, il termine di disdetta è disciplinato dal Codice delle obbligazioni nel modo seguente:
- 7 giorni durante il periodo di prova (per la fine di qualsiasi giorno)
- 1 mese nel primo anno di servizio (per la fine di un mese)
- 2 mesi dal secondo al nono anno di servizio (per la fine di un mese)
- 3 mesi a partire dal decimo anno di servizio (per la fine di un mese).
Una protezione contro la disdetta esiste per il periodo del servizio militare, del servizio civile o della protezione civile, in caso di malattia, infortunio e gravidanza.
Chiedete al vostro datore di lavoro un certificato di lavoro.
I collaboratori dell’URC vi forniscono consulenza e collocamento.
Indennità di disoccupazione: si tratta di un’indennità per la perdita di guadagno subita da tutte le persone che svolgono un’attività dipendente. La durata di erogazione dipende dall’età della persona, dall’obbligo di mantenimento e dall’ammontare dei contributi versati.
I lavoratori che svolgono un’attività lucrativa indipendente non sono assicurati contro la disoccupazione.

Diritto alle indennità - condizioni, ammontare e termini di pagamento

L’importante FAQ di "area-lavoro" risponde alle domande seguenti:

A quanto ammonta l’indennità giornaliera?
Quanto tempo devo aver lavorato per beneficiare dell’assicurazione?
Dopo quanti giorni di attesa mi verrà versata l’indennità di disoccupazione?
Ho diritto alla disoccupazione dopo un periodo consacrato all’educazione dei miei figli

A QUANTO AMMONTA L’INDENNITA GIORNALIERA?


All’assicurato spettano cinque indennità giornaliere alla settimana poiché l’assicurazione contro la disoccupazione indennizza solo i giorni feriali (da lunedì a venerdì). Il numero di giorni feriali cambia a seconda del mese (1) e, di conseguenza, varia anche l’indennità di disoccupazione mensile versata. L’importo dell’indennità di disoccupazione è stabilito in genere sulla base del salario soggetto ai contributi AVS conseguito in media nel corso degli ultimi sei o – se si rivela più favorevole per l’assicurato – 12 mesi che precedono la disoccupazione (= guadagno assicurato (2)).

L’assicurato riceve un’indennità di disoccupazione pari all’ 80 % del guadagno assicurato

se ha obblighi di mantenimento nei confronti di figli minori di 25 anni;
se il guadagno assicurato non supera i 3’797 franchi,
se percepisce una rendita d’invalidità per un grado d’invalidità almeno del 40 %.

In tutti gli altri casi l’indennità ammonta al 70 % del guadagno assicurato.

Se ha figli a carico, l’assicurato ha diritto di regola a un assegno per i figli e per la loro formazione. L’importo degli assegni è determinato in base alla legge cantonale sugli assegni familiari in vigore.

Dall’indennità giornaliera occorre detrarre i contributi alle assicurazioni sociali (3) e, eventualmente, l’imposta alla fonte (4).
Indennità per assicurati esonerati dall’adempimento del periodo di contribuzione
Se è esonerato dall’adempimento del periodo di contribuzione (si veda domanda 2, «Esenzione dall’adempimento del periodo di contribuzione »), l’assicurato ha diritto a 90 indennità giornaliere. L’indennità giornaliera equivale all’ 80 % dell’importo forfettario che, a seconda della formazione e dell’età, ammonta a 153, 127, 102 o 40 franchi al giorno. Questi importi sono ridotti della metà se la persona assicurata è esonerata dall’adempimento del periodo di contribuzione in seguito a formazione scolastica, riqualificazione, perfezionamento professionale o al termine del tirocinio, se ha meno di 25 anni e se non ha obblighi di mantenimento verso figli.



Il numero di giorni feriali in un mese varia da 20 a 23 per una media di 21, 7 giorni.
In caso di considerevoli fluttuazioni del salario, il guadagno assicurato viene calcolato in base ad una media.
Contributi AVS/AI/IPG, all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni non professionali e alla previdenza professionale. Lo scopo di queste detrazioni è quello di evitare lacune di contribuzione e di assicurazione. La cassa di disoccupazione fa il necessario al riguardo. Occorre sapere che i contributi alla LPP garantiscono una copertura assicurativa in caso di decesso e invalidità, ma non di vecchiaia. Informazioni più dettagliate sulla previdenza professionale si trovano nell’Info- Service «Previdenza professionale delle persone disoccupate» (n. 716.201).
Solo per i cittadini stranieri soggetti all’imposta alla fonte.?


La LADI prevede una durata massima del diritto all’indennità di 2 anni (termine quadro per la riscossione delle prestazioni). Il giorno di riferimento che segna l’inizio del termine quadro è il primo giorno in cui la persona assicurata adempie tutti i presupposti del diritto all’indennità (si veda domanda 2).

Lei ha diritto al massimo a:

1) Queste categorie di assicurati hanno diritto a 120 indennità giornaliere in più se si sono ritrovate disoccupate nel corso degli ultimi quattro anni precedenti il raggiungimento dell’età pensionabile.
http://www.area-lavoro.ch/arbeitslos/FAQ/