l’Unità 16/5/2014, 16 maggio 2014
PPE E SOCIALISTI TESTA A TESTA DESTRA CONFUSA ALLA META
[vedi appunti]
Un testa a testa tra i popolari, in forte calo rispetto alle ultime elezioni, e i Socialisti & democratici, in netta ripresa. L’ultimo sondaggio in vista del 22-25 maggio fotografa in questo modo le intenzioni di voto dei cittadini europei: il Ppe prenderebbe 213 seggi contro i 274 che aveva conquistato nel 2009 e il Pse lo inseguirebbe a ruota, con 209 eurodeputati contro i 196 che aveva. Veramente Martin Schulz, il candidato socialista alla presidenza della Commissione, sostiene di avere già il sorpasso in tasca, ma poiché sull’altro versante il popolare Jean-Claude Juncker si dice sicuro del proprio vantaggio l’unica previsione verosimile è che la partita tra i due schieramenti principali sarà combattuta fino all’ultimo voto. Seguirebbero i liberali con 76 seggi, che pagherebbero il flop dei montiani italiani (assenti perché sotto il 4%) lasciando sul campo 7 deputati, i seguaci di Tsipras che porterebbero il gruppo della sinistra radicale da 35 a ben 54 seggi, i Verdi, in calo da 57 a 35.
Fin qui è abbastanza chiaro. Che cosa accadrà invece alla destra del Ppe, nei 149 seggi che mancano (nelle previsioni) ai 766 del totale dell’assemblea, tolti una quindicina che finiranno tra i non iscritti, non è chiaro per niente. Come si collocherà la varia umanità di euroscettici, anti-euro, anti-tasse, nostalgici di sovranità perdute, neonazionalisti, veteroregionalisti che per comodità nostra (e anche un po’ loro) unifichiamo sotto il titolo di «populisti»? A differenza di quel che accadde in passato, stavolta alla vigilia delle elezioni è a destra che regna una gran confusione. E poiché pare che esistano i miracoli, quelli della sinistra, socialisti & democratici e radicali di Tsipras, al confronto appaiono tutto sommato abbastanza compatti. Il programma di Schulz è condiviso da tutti i partiti della «famiglia» e pure gli tsipristi (si chiameranno così?) fanno mostra di unità. Tanto che non è impossibile che le due compattezze a sinistra, quando si arriverà al dunque del voto sul presidente e sulla Commissione, verso novembre, si uniscano. Dimostrando che sì, i miracoli esistono proprio.
La Grande Confusione della destra domina come s’è detto alla destra del Ppe, ma comincia proprio nel suo seno. Nei ranghi dei popolari ci sono Berlusconi e i suoi di Forza Italia, i quali sono (in Italia) contro Angela Merkel, il Fiscal compact, il Six Pack e tutte le diavolerie dell’austerity che però hanno regolarmente ed entusiasticamente votato, a suo tempo, tanto nel parlamento europeo che in quello italiano. Un signore che non perde occasione di insultare la donna icona di tutti i popolari e leader respectée et bien aimée della componente nazionale più forte e potente della famiglia, la Cdu, è evidentemente un problema. Ma è un problema che il Ppe non può risolvere, non adesso almeno, perché liberandosi dello scomodissimo italiano rischierebbe seriamente di perdere, con la pattuglia di Forza Italia, il primato sul Pse. Un prezzo troppo alto. La durissima reprimenda di Juncker alla sciagurata sortita sui «tedeschi che negano i Lager» ha dato qualche settimana fa il segno dell’insofferenza dei popolari e non è stata certo la prima volta. Sono anni che Berlusconi è a rischio di espulsione ma si può stare certi che fino al 25 maggio non se ne farà nulla. Dopo, tutto è possibile.
Proseguendo verso destra, il gruppo dei conservatori e riformisti europei (Ecr), in cui dominano i Tories britannici, dovrebbero perdere un bel po’ (da 57 a 46 seggi) a favore dell’Efd, gruppo della libertà e della democrazia, in cui sono, attualmente, l’Ukip di Nigel Farage e i leghisti italiani in partenza verso l’alleanza con i lepenisti, che passerebbe da 31 a 64 seggi. Difficilissimo, al momento, stimare la consistenza del «groppone» anti-euro messo in piedi da Marine Le Pen e dall’olandese Geert Wilders, l’Alleanza europea per la libertà: i sondaggi in circolazione lo danno a 39 seggi, ma il dato potrebbe essere molto sottostimato.
Insomma, nello stesso spazio si ammucchiano almeno tre gruppi in competizione tra loro in cui coesistono, ma ben difficilmente potranno convivere, posizioni radicalmente diverse: dal liberismo sfrenato (Farage) al protezionismo (Le Pen), dal «sovranismo» nazionalistico (Front National) al secessionismo (Lega Nord), dal liberalismo in materia di costumi sessuali (Wilders) all’esaltazione dei valori tradizionalisti (conservatori dell’est). Unico elemento unificante è una più o meno dichiarata, ma sempre presente, xenofobia. Le contraddizioni minacciano di uccidere sul nascere ogni possibilità di organizzare una linea politica comune. Il politologo inglese Marley Morris ritiene che gli unici due temi su cui sono tutti d’accordo, l’uscita dall’euro e lo stop all’immigrazione, non basteranno a tenere unita l’Alleanza di Le Pen e Wilders con accodata la Lega Nord per più di qualche settimana.
È in questa Grande Confusione che dovrà ritagliarsi il suo spazio il partito di Grillo, che nella destra non si riconosce (almeno finora) ma con quelle destre dovrà fare i conti. Dove finiranno i deputati dei Cinquestelle? L’ipotesi, ventilata, di un’adesione all’Efd, nonostante gli scambi pubblici di effusioni tra Grillo e Farage, pare difficile. L’inglese è un ayatollah del liberismo, considera il welfare uno strumento del demonio e se qualcuno gli parlasse di reddito minimo garantito potrebbe avere un infarto. L’unica ipotesi alternativa è che i grillini provino a fare un gruppo in proprio. Il regolamento dice che ci vogliono come minimo 25 deputati eletti in almeno 7 diversi stati. Potrebbero cercare qualche alleanza all’estero. Ma c’è un ma. È ben difficile che deputati non scelti da Grillo accettino le regole da gulag con cui l’ex comico e Casaleggio pretendono di governare, a colpi di multe e di espulsioni, i loro deputati europei. In Europa non funziona così. Per fortuna.