Paolo Bricco, Il Sole 24 Ore 16/5/2014, 16 maggio 2014
L’ULTERIORE COMPRESSIONE DEI CONSUMI FA AUMENTARE IL RISCHIO DELLA DEFLAZIONE
Primo problema: la stagnazione ha una componente depressiva nei consumi. I consumi hanno una componente depressiva nella stagnazione. E, il circuito chiuso della recessione, rischia di risvegliare il mostro dormiente della deflazione. Secondo problema: l’intorpidimento della struttura economica e del tessuto sociale, di cui la persistenza anoressizzante del Pil è stata riscontrata ieri dall’Istat, potrebbe rendere inefficace ogni misura di politica economica, come i famosi 80 euro.
Iniziamo dal primo problema. La stima del Pil del primo trimestre dell’anno fa "muovere" le previsioni del modello di vulnerabilità alla deflazione costruito dal Centro Europa Ricerche per il nostro Paese, partendo dagli studi del Fondo Monetario Internazionale.
L’indice di vulnerabilità assume un profilo assai elevato: se per tutto il 2013 l’indice era stato pari a 0,6 (dunque, sopra allo 0,5 che fissa l’inizio della terra incognita dell’"alto rischio deflattivo"), nel primo trimestre di quest’anno è salito addirittura a 0,7.
«In questo caso – osserva il direttore del Cer, Stefano Fantacone – il rischio deflattivo non passa più soltanto attraverso l’andamento del Pil, ma anche direttamente attraverso la compressione dei prezzi nominali. Si tratta di un fenomeno assai preoccupante, che potrebbe minare la fisiologia interna del sistema economico, perché dalla dimensione dei consumi potrebbe rapidamente trasmettersi al tessuto industriale».
Questo si vede bene nell’analisi delle determinanti della deflazione compiuta dal Centro Europa Ricerche. Nel senso che, per la prima volta da tre anni, fa appunto la sua comparsa l’elemento prezzi, il cui peso si attesta intorno al 10 per cento. Resta prevalente, nel rischio di deflazione per il nostro Paese, il (mancato) credito bancario, che vale su questa dinamica per un buon 60 per cento. Ma, ora, entra in gioco anche la variabile prezzi, in particolare al consumo. Il cerchio, dunque, si chiude.
Passiamo alla seconda questione: le policy di sostegno ai consumi, in particolare di fronte a uno scenario tanto complesso. Sergio De Nardis, capoeconomista di Nomisma, è tranchant: «La politica macroeconomica è inadeguata. Non è colpa di questo o quel governo. Semplicemente non ci sono spazi per un vero sostegno della domanda».
Fisco e consumi, nella visione dell’ex capo dell’unità macroeconomica dell’Isae, sono intrecciati: «Per la politica fiscale, il 2014 segna solo un’attenuazione nell’austerità, che riprenderà dal prossimo anno: di questo gli italiani sono consapevoli. Per la politica monetaria, la bassa inflazione si traduce in severa restrizione: i tassi di interesse reali sono troppo elevati, frenano investimenti e consumi. Al contempo, si avrebbe bisogno di un cambio più debole per sostenere le esportazioni».
Il punto vero è che, in sede nazionale, potrebbero mancare le leve: «Si spera che gli 80 euro di minore Irpef producano qualche effetto, ma se il clima è negativo l’impatto sarà minimo. In questo contesto pieno di vincoli, urge che almeno sul fronte monetario si prendano, a Francoforte, decisioni di stimolo significative», sostiene De Nardis.
Paolo Bricco, Il Sole 24 Ore 16/5/2014