Luca Pisapia, Il Fatto Quotidiano 16/5/2014, 16 maggio 2014
IO TI MALEDICO: STORIE DI SPORT E ANATEMI
Il lato positivo è che adesso al Benfica mancano “solo” 48 anni per tornare a vincere una Coppa europea. Per il resto c’è poco da rallegrarsi. Anche mercoledì sera in finale di Europa League ci sono stati almeno 15 tiri dei portoghesi verso la porta avversaria, un clamoroso rigore non dato, ma alla fine il Siviglia ha alzato la Coppa e il Benfica ha perso l’ennesima finale, l’ottava consecutiva. L’anno scorso è andata pure peggio, dopo aver perso la Liga per il gol del Porto al 92° dell’ultima giornata di campionato, ecco svanire l’Europa League contro il Chelsea per un gol di Ivanovic al 93°.
La maledizione di Béla Guttmann non conosce pietà. E qui è necessario un passo indietro. Negli anni Cinquanta, quando il calcio ungherese domina il mondo grazie a un gioco armonioso e offensivo che anticipa di vent’anni il calcio totale olandese, i suoi profeti sono Márton Bukovi, Gusztáv Sebes e appunto Béla Guttmann. Geniale e controverso personaggio, la cui biografia spesso trascende nella leggenda, Guttmann ha allenato in ogni angolo del pianeta rivoluzionando il modo di giocare: in Italia al Milan inventa Liedholm centromediano e vince dieci partite di fila esaltando campioni come Sorensen, Schiaffino e Nordhal, poi è clamorosamente esonerato; nel San Paolo imposta un 4-2-4 mai visto prima che sarà utilizzato dalla Nazionale verdeoro per vincere il suo primo Mondiale in Svezia nel ’58; quando è al Benfica mentre è seduto in una sala da barbiere di Lisbona ascolta per caso i racconti delle gesta di un mozambicano chiamato Eusebio, e su quel diciottenne sconosciuto imposta una squadra in grado di vincere ben due Coppe dei Campioni consecutive. È qui che si rompe qualcosa, sembra per una questione di promesse non mantenute. E in un giorno del maggio 1962, dopo aver sollevato la Coppa dalle grandi orecchie battendo 5-3 il grande Real Madrid, Béla Guttmann se ne va dicendo: “Per cento anni non vincerete più una Coppa europea”. E così è.
Ecco perché ora mancano “solo” 48 anni. Da allora infatti il Benfica non solo non vince, ma arriva a perdere ben otto finali: cinque di Champions contro Milan (2 volte), Inter, Manchester United e PSV e tre di Coppa Uefa contro Anderlecht, Chelsea e Siviglia. La vita è una serie di coincidenze, scriveva un grande tifoso del Benfica come José Saramago, ma i numeri sono impressionanti. Anche perché nello sport la maledizione di Béla Guttmann non è isolata. Celebre l’anatema “non vincerete mai più” lanciato da Babe Ruth contro i suoi Red Sox, colpevoli di averlo venduto, dal Boston agli odiati rivali di New York. Era il 1918, e da allora gli Yankees cominciano a inanellare titoli mentre i Red Sox non ne vincono più uno. La maledizione s’interrompe 86 anni dopo, quando Boston vince le World Series contro i St. Louis Cardinals. Poi c’è la storia dei Chicago Cubs. Non che siano molto vincenti, l’ultimo titolo risale addirittura al 1908, ma la leggenda vuole che nel 1945 durante la finale contro Detroit un allevatore si presenti allo stadio munito di due biglietti: uno per sé e uno per la sua capra. Al divieto dei dirigenti di farlo entrare, l’allevatore lancia il suo anatema: non solo i Cubs non avrebbero vinto né allora né mai più, ma non sarebbero riusciti nemmeno ad arrivare alle World Series. Poi ci sono maledizioni che non derivano da anatemi, ma da una serie di sconfitte che lasciano pensare che le coincidenze di cui è fatta la vita siano davvero strane. Gli orgogliosi inglesi non sono mai riusciti a vincere Wimbledon dal 1936, l’ultima volta che Fred Perry alzò al cielo il trofeo. Lo scorso anno l’ha fatto Andy Murray, scozzese quando perdeva, improvvisamente britannico quando ha vinto, ma l’englishness è un’altra cosa. Il Brasile dopo che nel 1970 ha vinto la Coppa Rimet (trofeo assegnato alla prima Nazionale che avesse vinto tre Mondiali) ha dovuto aspettare 24 anni per vincere, sempre contro l’Italia, nella finale di Usa ’94. La Ferrari ne ha aspettati 21 dall’ultimo titolo di Schekter al primo di Schumacher. E così via.
Coincidenze o maledizioni, c’è chi ha provato a combatterle a viso aperto sul campo da gioco. Romeo Anconetani, storico presidente del Pisa negli Anni 80, cospargeva il campo di sale contro il malocchio, guadagnandosi il soprannome di sciamano. Thomas N’Kono, meraviglioso portiere del Camerun nei Mondiali di Spagna ’82 e Italia ’90, diventato allenatore dei portieri della sua Nazionale, durante la partita di esordio del Camerun contro il Mali alla Coppa d’Africa 2002, ha tentato un rito voodoo piazzando un pupazzo maledetto dietro la porta del portiere avversario. La cosa non è piaciuta ai poliziotti presenti, che lo hanno ammanettato e trascinato di forza fuori dal campo. Dopo questa serie di incredibili finali perse, meglio non immaginare cosa sarebbero disposti a fare i tifosi del Benfica per liberarsi dalla maledizione di Béla Guttmann.
Luca Pisapia, Il Fatto Quotidiano 16/5/2014