Giuseppe Lo Bianco, Il Fatto Quotidiano 16/5/2014, 16 maggio 2014
IL PICCOLO GATTOPARDO: 28 MILIONI A PARENTI E AMICI
Come nel caso di Cuffaro, che teorizzava un posto stabile della Sicilia al livello 1, il più basso dell’Unione europea, “per ottenere i finanziamenti” e condannare la Sicilia a una condizione di parassitismo, più che predatori di denaro, sono stati ladri di futuro. In cinque anni, dal 2006 al 2011, la holding familiare messa in piedi da Francantonio Genovese e dai suoi cari ha inghiottito 28 milioni di euro destinati a 47 progetti per la formazione dei giovani siciliani, costituendo società di comodo, noleggiando ai loro enti scrivanie e computer al prezzo triplo di quello di mercato, acquistando appartamenti per affittarli a prezzi esorbitanti sempre agli stessi enti, diventati, come scrivono i magistrati di Messina, una inesauribile “macchina di consenso politico-elettorale che instancabilmente costruisce illeciti allo scopo di ottenere denaro”. Genovese “aveva indirettamente o direttamente il controllo di quasi 13 enti di formazione siciliani e numerose società (la Caleservice Srl, la Sicilia Service Srl, Centro Servizi 2000 Srl) “che si interponevano tra la regione siciliana e questi enti’’ come ha detto ieri alla Camera la deputata 5 Stelle Giulia Grillo, che ha puntato il dito sul business della spesa pubblica incontrollata: “La formazione è qualcosa che poteva essere tranquillamente fatta all’interno delle istituzioni pubbliche, ma questa classe politica malata ha avuto questo vizio di portare sempre fuori attività da ciò che era pubblico, però sempre pagate con i soldi pubblici, perché è facile fare imprenditoria con i soldi pubblici”.
Uno stipendificio per famiglie: mogli, sorelle, segretarie, cognati, e poi ancora parenti di deputati regionali del Pd e di Alleanza Nazionale, di impiegati dei gruppi parlamentari improvvisamente trasformati in imprenditori con denaro pubblico da spendere sulla pelle dei giovani siciliani, qualche volta persino in gioielleria: la Guardia di Finanza ha scoperto tre “strani” pagamenti dell’immobiliare Elfi, una delle società del gruppo, a favore della nota gioielleria messinese “Aliotta”, per 23.000 euro, di proprietà di Emanuele Aliotta, recentemente scomparso, primo marito di Concetta Cannavò, la tesoriera Pd segretaria dell’onorevole Genovese. Serviva un’auto di lusso? Ecco che la Elfi Immobiliare acquista un’Audi 8 per 60.000 euro, per poi “noleggiarla” all’Aram (Associazione per la ricerca nell’Area mediterranea) per un canone crescente nel tempo, sino a sfiorare i 29.000 euro all’anno. L’Audi, annotano gli inquirenti, è rimasta nel garage privato di Elio Sauta, consigliere comunale del Pd sino alla primavera del 2013 e grande amico di Genovese. Forse il più attivo tra i complici del gruppo Genovese, che, come scrivono i magistrati, “gode di una rete formidabile di copertura. Non vi è settore, spazio, angolo dell’amministrazione e dei pubblici poteri che sfugga al suo possibile controllo”. I motori della truffa (e del riciclaggio) sono due centri di formazione professionale: l’Aram e la Lumen Onlus , con sede legale a Messina ma filiali “educative” in tutta la Sicilia. Tra i dipendenti politici bipartisan e sindacalisti: gli ex consiglieri comunali Pd Giacomo Caci e Gaetano Caliò (quest’ultimo transitato nell’Udc del ministro Giampiero D’Alia), Veronica Marinese, figlia dell’on. Ignazio Marinese e cugina del commercialista palermitano Dore Misuraca, deputato forzista della Camera nella scorsa legislatura. Infine, la fabbrica di consensi elettorali: alle ultime regionali Genovese fa il pieno di voti, 18.613 preferenze(su74.448dellalistadelPd), e alle primarie del Pd sale a 20.000 preferenze, con un en plein quasi totale, 200 voti su 212 votanti, ottenuto nel seggio allestito nella sede dell’Aram. Come dire, si gioca (e si vince) in casa.
Giuseppe Lo Bianco, Il Fatto Quotidiano 16/5/2014