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 2014  maggio 16 Venerdì calendario

MI PIACCIA O NO, CHI VIOLA LA VITA PRIVATA FA IL MIO LAVORO MA SERVIREBBE UN CODICE

[Intervista Ilaria D’Amico]

È carnefice e vittima. Violatrice e violata. Nell’Italia dei telefoni spiati e delle telecamere nascoste, Ilaria D’Amico ha due ruoli in commedia: quello della giornalista/conduttrice che proclama “una notizia è una notizia e va in onda anche se viola la privacy” e quello della star tv, che vede sbattuta la propria vita privata su rotocalchi e siti gossippari. Con la Rete ha un rapporto laico: guarda Twitter dal buco della serratura e non si lamenta più di tanto dei suoi tre (3!) profili falsi su Facebook: «In uno c’è scritto pure che porto 46 di piede». Se cerchi il suo nome su Google, oltre alle informazioni sulla nuova trasmissione Tango, che conduce su Sky insieme con Giuseppe Cruciani, spuntano gli scoop di quando era a La7 con Exit, qualche svarione calcistico, un po’ di immagini scollate e le cronachette sull’ipotetico flirt con Gigi Buffon. La incontro nella sala delle Fiaccole, a Roma, nel palazzo del Coni. L’ultima volta ci siamo visti in un ristorante romano e un cameriere aveva provato a farle alcune foto di nascosto.
Ci si abitua alla violazione della propria privacy?
«Ho imparato a non farmi impressionare. Ma la prima volta rimasi scioccata».
In che occasione?
«Quando scrissero del presunto rapporto saffico tra me, Monica Bellucci e altre amiche. Andavo in giro sbraitando che non era vero niente, ma non denunciai nessuno perché faccio la giornalista e mi sarebbe sembrato inopportuno. Dopo le mie prime invettive pubbliche, Monica mi disse: “Fatti una risata e smetteranno”. Aveva ragione».
Nel 2006, in piena Calciopoli, spuntò l’intercettazione di Moggi Jr che raccontava di averti portata a Parigi in aereo. Diceva anche di aver preso buca.
«Il primo pensiero fu spiegare al mio fidanzato che si trattava di cose accadute anni prima. Fu una vicenda surreale».
Poi vennero le foto sull’isola di Giannutri con le natiche in bella vista.
«Ora sto più attenta. Ho scoperto che persino a Ibiza ci sono angoli senza paparazzi».
Hai mai perso la pazienza con qualche cronista o fotografo che cercava di violare la tua privacy?
«Una sola volta. Uscita da un corso per neo-mamme salii su un taxi e cominciai ad allattare mio figlio. Un fotografo piazzato fuori dalla macchina cominciò a scattare col flash. Sarei voluta scendere per picchiarlo. Ci pensò il tassista, che lo allontanò in malo modo».
Ora è spuntato Buffon. E a chi ti chiede…
«…non rispondo. Non posso impedire che mi si facciano domande. Se volessi più privacy dovrei cambiare mestiere. Non giudico chi indaga: che mi piaccia o no, fanno il mio stesso lavoro».
Ti è successo spesso di violare la privacy altrui?
«Partiamo da un presupposto: per me il successo vero è far uscire una notizia senza usare trucchi. Mettendo un microfono acceso davanti a una persona e facendole srotolare verità nascoste».
Non è facile.
«Infatti, quando ero conduttrice di Exit, abbiamo usato tutti gli strumenti possibili».
Con una candid scovaste un alto prelato che faceva proposte oscene a dei ragazzi.
«Lo scopo iniziale non era smascherare il prete, ma raccontare un mondo nascosto. Andammo pure a caccia di pedofili. È ovvio che una camera nascosta si muove sul filo della violazione della privacy. Nella mia squadra c’era una discussione intensa su cosa mandare in onda e cosa no. Alla fine le notizie prevalgono quasi sempre».
Il tuo partner di Tango, Giuseppe Cruciani, durante la trasmissione radiofonica La Zanzara sforna scoop anche utilizzando imitatori e facendo scherzi telefonici.
“Sono a disagio con le telecamere nascoste… ti puoi immaginare con le voci contraffatte. Nel valutare la legittimità di quegli scherzi Giuseppe si auto-giudica e si auto-assolve, ma ammette anche che in quelle occasioni veste più i panni dell’intrattenitore che del giornalista».
Mettiamo dei limiti.
«Io sono contraria al 60% delle intercettazioni che sono state pubblicate sulla vita privata di Berlusconi».
Il 40% che avresti pubblicato…
«Sono le intercettazioni in cui vengono fuori candidature e posti pubblici elargiti in cambio di favori più o meno sessuali. Detto ciò, visto quel che abbiamo passato negli ultimi venti anni, forse sarebbe il caso che tutti, giornalisti e magistrati, cronisti e avvocati, si dessero un nuovo codice di disciplina. Anche per ridare fiducia in queste professioni ai cittadini».
Fiducia. Sei favorevole o contraria alle telecamere piazzate davanti ai tornelli degli uffici pubblici?
«Favorevole. E se fossi un dipendente pubblico fannullone, prima di protestare penserei al fatto che me la sono cercata».
Hai un figlio di 4 anni. Sei di quelle mamme che vorrebbe la webcam in classe?
«Scherzi? Sarebbe uno strumento ansiogeno. Ho bisogno di pensare che la scuola sia un posto sicuro, senza dover ricorrere a questo tipo di controllo. Te lo dice una mamma che punta sul proprio figlio una telecamera mentre dorme».
Lo abitui al controllo: telecamere per strada, raccolta dati delle multinazionali del web… Sei un’utente di internet spaventata per le violazioni della privacy?
«Quali violazioni?».
Il Garante per la Privacy dice che ogni dato che immettiamo in Rete è un pezzo di vita che cediamo alle multinazionali. Google, Facebook, Amazon…
«La diffusione dei dati sensibili è l’unica cosa che mi preoccupa. Ma io non metto foto eccessivamente riservate in Rete. E non scrivo cose personali sui social network».
Le informazioni che cedi in Rete vengono elaborate per scopi pubblicitari.
«E quindi? L’inconveniente è un po’ di spamming. O la pubblicità mirata che piove da ogni angolo dello schermo. Non mi spaventano. So che ci può essere un po’ di condizionamento sui consumi. Però mi faccio una domanda: esiste alternativa?».
Datti anche una risposta.
«No. Google ha cambiato la vita di tutti noi. Il mestiere di giornalista si è evoluto anche grazie ai motori di ricerca. Cedo un po’ di dati? Sì, ma ne vale la pena. Non vorrei mai tornare indietro. Internet è una trappola? Un po’ sì. Ma è una trappola da cui ci siamo lasciati incastrare perché è molto comoda».
Il servizio ha un costo: la privacy. Spesso la si cede anche in cambio di una maggiore sicurezza.
«Siamo un po’ spiati per le strade. Ma anche lì: non tornerei mai indietro. Mi fido del fatto che ognuno faccia il suo mestiere e che se i Servizi Segreti o la Magistratura raccolgono immagini e informazioni lo fanno per garantire sicurezza e legalità. Certo, se quelle informazioni vengono usate per sputtanare qualche cittadino, non va bene».
Quelle informazioni potrebbero essere utilizzate anche per “controllare” cittadini che non fanno nulla di male.
«È vero. Ma sono pragmatica e coerente: se chiedo allo Stato più sicurezza e capacità di captare pericoli e nemici interni ed esterni, non posso chiedergli di ridurre la raccolta dei dati e delle immagini».
A cena col nemico?
«Nemico interno: Giuseppe Cruciani. Però scrivi che l’ho detto ridendo».
Chi è l’ospite che vorreste assolutamente avere negli studi di Tango? Renzi?
«Renzi non è uno che si risparmia. L’ho visto pure a Tiki Taka».
E allora chi? Grillo? Tu una volta lo hai ospitato a Exit. Prese la parola e fece una sparata su Telecom.
«Avevamo fatto un accordo: parliamo di tutto, ma ci deve essere un contraddittorio con domande e risposte. Lui, invece, andò dritto. Erano anni che non andava in diretta in tv, avevamo preparato il suo rientro come un evento: servizi sui comuni a 5 Stelle, una grande inchiesta sull’acqua pubblica… Fu una delusione, professionale e umana».
Umana?
«Era un mio amico».
Come lo avevi conosciuto?
«Lo avevo incrociato a casa Celentano. Poi quando mi sono trasferita a Milano ci siamo visti spesso. Allora avevamo lo stesso agente: Aldo Marangoni».
Grillo politico.
«Apprezzo il suo impegno mostruoso e la sua passione».
Lo accusano di essere un populista, troppo volgare.
«Qualcuno può immaginare un Grillo politically correct?».
Sembri quasi grillina.
“Ma no. Però penso che il Movimento 5 Stelle abbia fatto molto bene alla politica italiana. È un pungolo pazzesco. Non credo che sarebbero in grado di governare il Paese, ma Renzi oggi non starebbe dov’è se il M5S non avesse scardinato il sistema contribuendo a dar vita alla Terza Repubblica».