Massimo Gaggi, Corriere della Sera 16/5/2014, 16 maggio 2014
LA VIA ALTERNATIVA DEL CIBO IN POLVERE
Non sarà l’invenzione che rende obsoleta l’abitudine e il piacere di sedersi a tavola, come ipotizza The Atlantic, né la fine del cibo, come annuncia il New Yorker . Ma quello del Soylent, il bibitone col quale Rob Rhinehart dice di poter sostituire completamente l’alimentazione tradizionale, è un caso da seguire con attenzione. L’idea non è, in sé, originalissima: integratori alimentari e pasti liquidi per chi è a dieta ce ne sono tanti. Anche l’alimentazione totalmente sintetica ha una lunga storia, dai pasti liofilizzati creati fin dagli anni Sessanta dalla Nasa per i suoi astronauti a quelli liquidi ospedalieri per pazienti non in grado di ingerire cibi solidi.
Il tentativo di questo ingegnere del software, un 25enne di Atlanta trapiantato in California dove ha lavorato senza grande successo ad alcune startup, non è nemmeno recentissimo. «Corriere.it» ne parlò per la prima volta nel marzo 2013. Come tanti altri giovani che hanno tentato la via dell’imprenditoria digitale, Rob lavorava notte e giorno. Niente svaghi e pochi soldi in tasca: i 170 mila dollari avuti dall’incubatore Y Combinator per sviluppare i suoi progetti stavano finendo. Bisognava tagliare le spese ma, a parte affitto e bollette, l’unica voce rilevante era quella del cibo. Il programmatore si trasformò così in chimico alimentare e, partendo dalla constatazione che il corpo umano non ha bisogno di pane ma di carboidrati, creò un cocktail mescolando tutte le sostanze nutritive essenziali: proteine, vitamine, grassi, amminoacidi, minerali. Sostanze reperite in varie forme, acquistate via Internet per risparmiare, macinate e trasformate in polveri solubili pronte a diventare Soylent, la bevanda densa e nutriente che sostituisce il cibo: «Così risparmio il tempo per preparare i pasti e mangiarli e risparmio soldi perché il Soylent costa meno» spiegò Rob. Poteva essere solo una suggestione un po’ bizzarra, ma da allora la sua sfida ha attratto l’attenzione di molti e non solo in America. Funziona l’idea di prodotto sviluppata da Rob, la storia che ci ha costruito intorno. E poi lui usa due chiavi molto potenti: il crowdfunding e l’open source . Per avviare una prima produzione artigianale aveva chiesto aiuto alla comunità che lo segue in Rete. Voleva raccogliere 100 mila dollari: gliene sono arrivati tre milioni e mezzo. Successo straordinario (per le polveri solubili che ordini oggi sul suo sito devi aspettare 10-12 settimane) e molti imitatori in tutto il mondo che provano a replicare la sua ricetta: lui risponde a tutti, consigliando e misurando il valore nutritivo delle varie miscele.
È davvero pensabile un mondo che elimina il cibo come lo conosciamo oggi? Probabilmente no per tanti motivi che non possono essere esauriti in queste poche righe: compresi fattori psicologici (tavola come luogo di socializzazione) e fisiologici (funzioni intestinali). In fondo non lo crede nemmeno Rob che ammette di consumare un 10 per cento di pasti reali. Ma è proprio qui che la sua logica può far breccia tra chi non ama cucinare né ha il gusto della tavola: il cibo come fatto «ricreativo», non essenziale, al quale ricorrere di tanto in tanto. Andare al ristorante con lo stesso spirito col quale si visita una galleria d’arte.