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 2014  maggio 16 Venerdì calendario

LA SECONDA VITA DELL’UCCELLINO BLU


Twitter è morto. Twitter è in crisi. Twitter va male a Wall Street e perde di appeal sugli investitori. Sui media americani c’è chi già canta il requiem per l’uccellino blu. «Gli utenti che hanno accesso a Twitter da dispositivi mobili hanno raggiunto il 79 per cento del totale. Difficile dunque vedere altre prospettive di crescita», borbottano alcuni. I ricavi internazionali sono risultati pari a 66 milioni di dollari. «Ma il 2013 si è chiuso con una perdita netta di 645 milioni di dollari contro i 79 milioni di dollari del 2012, segno che c’è qualcosa che non va», sentenziano gli analisti.
Inoltre c’è chi, vedi The Atlantic , sottolinea come gli utenti siano meno attivi di un tempo. Molti avrebbero ancora un account aperto ma non lo userebbero più. E il motivo è che, passata l’euforia da primavera araba e la sbornia da follower e retweet, gli influencer si sarebbero un po’ stancati di stare lì a cinguettare e arricchire una piattaforma che non sembra dare loro un gran ritorno. Se infatti tutti twittano forsennatamente, i post vengono letti in media dall’1 o 2 per cento degli altri utenti e non si crea interazione.
Una tragedia? Forse no. Perché basta mettersi dall’altra parte della strada e iniziare a guardare la faccenda dal punto di vista di chi Twitter lo usa, invece di teorizzare troppo. O, almeno, questo è quello che pensa Will Oremus di Slate . La sentenza di morte emessa per Twitter è il risultato di un semplice errore di prospettiva. I più infatti lo considerano ancora un social network dove gli utenti interagiscono tra loro. Invece il sito di microblogging starebbe evolvendo e si starebbe trasformando in una piattaforma di informazione e condivisione di contenuti. E, come accaduto a YouTube, funzionerebbe a due velocità: alcuni utenti postano contenuti, altri li leggono e li guardano. Ecco perché molti non sono attivi. E soprattutto ecco perché non c’è un livello di interazione pari a quello di Facebook che invece funziona proprio per connetterci gli uni agli altri.
Gli uccellini d’altro canto mettono in contatto chi pubblica con chi legge, avvicinano e accorciano le distanze. Così Obama posta la foto della sua rielezione su Twitter e Samsung sborsa ben 20 milioni di euro per il selfie sponsorizzato di Ellen Degeners. E i giornalisti scrivono quello che vedono in 140 caratteri ancora prima che il loro giornale vada in stampa. La sintesi? Twitter sta alle news come Instagram sta alle foto. Poi ci sono ancora i numeri: 255 milioni di utenti attivi al mese e 1 miliardo di tweet ogni due giorni. Dire che la creatura di Jack Dorsey è in crisi è dunque difficile.
Altro filone da esplorare sono gli usi di Twitter e il modo in cui gli utenti trasformano la piattaforma nel momento stesso in cui la usano. Lì in mezzo agli uccellini, non ci sono solo gli i nfluencer che pontificano sul bene e sul male del web e decidono chi deve vivere o deve morire (socialmente parlando). Aprire un profilo (anche anonimo) su Twitter è veramente immediato, basta disporre di un indirizzo email. Niente informazioni personali, niente sesso/data di nascita e/o preferenze politiche da indicare al momento dell’iscrizione. Se non si vuole lasciare traccia si può pure tenere l’ovetto come immagine del profilo.
Non è un caso che molte amministrazioni locali (anche l’Italia ci sta arrivando) abbiano adottato Twitter per comunicare coi cittadini. Ogni volta che un terremoto scuote Città del Messico, il sindaco della capitale, si connette e informa in 140 caratteri il mondo sullo stato dei soccorsi e dei danni. E non solo. Secondo alcuni ricercatori della Stanford University, l’intensità dei cinguettii può aiutare e guidare i soccorsi nelle zone più colpite (a patto che ovviamente non sia saltata la rete). Nel caso dell’alluvione che ha colpito le Marche due settimane fa, le uniche immagini che sono arrivate ai giornali nelle ore immediatamente successive alla tragedia provenivano da Twitter. Lo stesso comune di Senigallia postava e ritwittava fotografie e informazioni sui soccorsi. Tutti strumenti utili, dunque. E che rendono la piattaforma molto simile a un sistema di messaggistica come WhatsApp o gli sms.
Altro capitolo sono poi le petizioni e le mobilitazioni internazionali che sono partite proprio grazie a Twitter. Da #StopKony (che aveva una forte componente di marketing) per fermare il generale ugandese Kony, reo di arruolare bambini soldato in Uganda, fino a #bringbackourgirls, hashtag lanciato per la liberazione delle studentesse rapite da Boko Haram. Notizie che se non fosse stato per Twitter sarebbero state molto meno seguite e coperte dai media internazionali.
C’è però un’altra faccia della medaglia. Twitter è stato utilizzato per segnalare i presunti pedofili in rete, con relative polemiche sull’impatto che un uso del genere può avere sulla piattaforma trasformandola in una giungla dove farsi giustizia da sé o peggio diffondere notizie false. Ma ci sono anche forze dell’ordine che si sono fatte prendere un po’ troppo la mano. Si pensi al caso del dipartimento di polizia della contea di Prince George in Maryland che ha deciso di mettere in rete le immagini delle telecamere di sicurezza che riprendono clienti e prostitute. Il tutto con tanto di hashtag dedicato. O, ancora, si guardi al fallimento (in gergo epic fail ) dell’iniziativa del dipartimento di Polizia di New York che ha chiesto agli utenti di postare le foto realizzate con i poliziotti e in cambio si è visto sommergere da scatti che ritraggono gli abusi dei poliziotti.
Da non sottovalutare poi il lato più «frivolo» dell’uccellino blu. Se si legge l’ultimo romanzo di Helen Fielding, si scopre come Bridget Jones trovi il suo giovane compagno proprio cinguettando. Vista da altri punti di vista, il sito di microblogging diventa un sito di dating (incontri). E se è vero che i messaggi sono pubblici e visibili a tutti e dunque non ci si può spingere troppo in là, basta qualche accorgimento (nickname, foto ammiccante e profilo anonimo) per andare in caccia senza paura di essere riconosciuti dalla mamma o dal capo.
Per chi guarda ai ricavi interessante è poi l’aspetto commerciale: non è un caso che di recente Twitter e Amazon abbiano stretto un accordo grazie al quale basta twittare con l’hashtag #AmazonCart per fare shopping online. E non è un caso nemmeno che in Italia sia da poco arrivato un country manager, Salvatore Ippolito che, presentando la sua squadra di lavoro ieri a Milano, ha spiegato: «Su Twitter si sviluppano conversazioni e storie in cui talvolta i brand si inseriscono. Se lo fanno senza essere invadenti hanno un buon riscontro. Lo abbiamo visto, per esempio, nel caso di grandi eventi sportivi». E se da San Francisco e da Milano si guarda con grande interesse a questo tipo di interazioni, le aziende possono contare sul fatto che il 54 per cento degli utenti ha visitato almeno una volta il profilo di un brand. Segno che le prospettive di ricavo pubblicitario per Twitter ci sono tutte.
Ultimo capitolo è poi l’interazione con i programmi televisivi. Entro fine anno arriverà in Italia Twitter Tv Ratings gestito da Nielsen che permetterà di valutare il volume delle conversazioni che riguardano trasmissioni, serie ed eventi sportivi. E il motivo lo spiega ancora Ippolito: «Lo abbiamo visto nel caso di X Factor o partite importanti: sempre più spesso guardiamo e interagiamo con il piccolo schermo attraverso Twitter e questo meccanismo diventerà ancora più potente». Come dire, insomma, che l’uccellino blu farà sempre più parte delle nostre vite. Alla faccia dei requiem.