Giovanna Cavalli, Corriere della Sera 16/5/2014, 16 maggio 2014
«TV DI STATO E POSTE? SONO MULTITASKING»
[Luisa Todini] –
ROMA — E chi la schioda, lei resta una e bina: presidente di Poste Italiane e consigliere di amministrazione Rai.
«E allora? Riesco a fare tutto e bene. Noi donne siamo geneticamente modificate, nasciamo multitasking». Luisa Todini, 47 anni, una figlia di 11, famiglia di costruttori umbri, imprenditrice (si sdoppia anche qui, è presidente e socio unico della Todini Finanziaria, il fatturato in compenso è triplicato), a 28 era già eurodeputata forzista. Già che c’è, presiede pure il Comitato Leonardo e co-presiede il Foro di dialogo italo-russo.
Non tutti apprezzano la sua versatilità. La criticano i grillini e pure il Pd.
«Piano a dire Pd. Ha parlato forse Renzi? O il sottosegretario Giacomelli?».
Beh, però l’onorevole Anzaldi dice che...
«Ecco, Anzaldi è il Pd? Anzaldi parla per sé».
Par di capire che alle dimissioni non ci pensa .
«Non esiste incompatibilità tra i due incarichi».
Per legge no. Ma forse non è opportuno sedere qui e là .
«Ho una vita professionale molto piena, vero. Ho ereditato e consolidato le mie aziende. Da quando papà è scomparso, troppo presto, non sono più figlia, ho responsabilità in prima persona. Però ho una squadra valida».
Ci fa la figura di una attaccata alle poltrone. Né più e né meno come un uomo.
«Non mi aggrappo alle poltrone, non è mia educazione. Sono a disposizione. Se me lo chiedono, mi faccio da parte».
Altrimenti sta bene dove sta .
«Negli ultimi dieci anni mi hanno proposto tre volte di diventare ministro: con Berlusconi, con Monti e ora con Renzi. O perlomeno hanno sondato la mia disponibilità».
E...?
«E ho sempre risposto di no. Quello sì che sarebbe stato incompatibile con la mia vita. Con Poste Italiane e Rai invece posso mettere a disposizione il mio buon senso imprenditoriale. Dare un contributo per migliorarle. Mi sento una civil servant ».
Sono due incarichi pesanti .
«Non sono in conflitto, anzi hanno parecchie convergenze. E poi alle Poste c’è un super ad, il mio ruolo è più di rappresentanza: ho la gestione del Cda, dell’Audit e delle relazioni istituzionali».
Mica poco. Non è esattamente come gestire un dopolavoro. Lo stipendio, soprattutto, non è proprio simbolico.
«C’è il tetto, come per tutti i manager. Guadagno 238 mila euro lordi».
Da sommare a quello da consigliere Rai.
«Altri 66 mila euro lordi. Che sono tanti, per una famiglia, lo so benissimo».
Potrebbe rinunciare almeno a questi.
«Non sarebbe giusto. Il lavoro va sempre pagato, è una mia regola. E io lavoro parecchio».
Devolverli in beneficenza.
«Mi creda che, in un anno, tra le tante iniziative che sostengo, ne spendo più di tutti questi messi insieme. Però non mi va di parlarne».
Insomma non lo fa per i soldi. Le piace il potere?
«Ho l’opportunità di partecipare a un grande cambiamento di due aziende come Poste e Rai e ne sono fiera. Io non occupo posti, mi hanno sempre chiamata loro. Se vogliono, come sono venuta, così me ne vado, sono pronta».
Tra le due, lascerebbe viale Mazzini .
«Sì, però non è il momento. La Rai attraversa una fase delicata. La spending review del governo ci impone tagli pesanti, entro fine anno dobbiamo dare 150 milioni. Ci sono decisioni vitali da prendere, sprechi da tagliare, sedi regionali da riorganizzare, senza di me salterebbero gli equilibri».
Ci metterebbero un altro.
«Eh. Sono nomine politiche. Ci sono voluti giorni per fare questo Cda».
Qualcuno nel frattempo glielo ha chiesto ?
«No. Aspetto ordini, come un bravo soldato».