Francesco Ceniti, La Gazzetta dello Sport 16/5/2014, 16 maggio 2014
FLORO FLORES: «IL SASSUOLO COME ANTI DEPRESSIVO E UN FIGLIO D’ADOTTARE»
Antonio Floro Flores, due gol al Genoa decisivi per regalare al Sassuolo una salvezza storica. Come ha festeggiato?
«Non ho dormito per due notti, ma non è una novità. Mi capita da quando ero ragazzino, colpa dell’adrenalina: dopo le partite resto sveglio fino all’alba. Cosa faccio? Guardo la tv: non ha idea quanti programmi strani ci siano».
Capisco, ma torniamo al Sassuolo: a un certo punto del campionato sembravate spacciati…
«Ci credevamo sempre, ma se hai il morale sotto i tacchi la salita diventa una parete. Di Francesco al ritorno ha trovato le parole giuste».
Con Malesani in panchina neppure un punto, scelta sbagliata?
«Eravamo noi il problema. Lui stava cercando una via d’uscita, ma serviva un’altra scossa».
E Di Francesco che cosa vi ha detto?
«Che la salvezza sarebbe stata un miracolo e i miracoli nello sport dipendono dalle persone. Noi avremmo potuto dimostrarlo. La vittoria sul Catania è stata la svolta».
Ha giocato in A con club come Napoli, Genoa, Udinese. Andare al Sassuolo che effetto fa?
«Si sta benissimo, come in una famiglia. Comunque la differenza è il club. A iniziare dal presidente. Le racconto un episodio: dopo lo 0-7 contro l’Inter e 0 punti in classifica, nello spogliatoio entra Giorgio Squinzi. Penso “ora ci fa neri”. Sa, ho avuto a che fare con presidenti sanguigni che dopo un paio di k.o. rovesciavano tavoli e ricoprivano d’insulti i giocatori. Lui invece parlò con serenità: “Non vi preoccupate, la A è difficile. Abbiamo fiducia in voi e continuiamo ad averla”. La domenica dopo pareggiamo a Napoli…».
A proposito: avrebbe voluto essere protagonista con la squadra della sua città?
«Sono stato sfortunato: ho indossato quella maglia nel momento peggiore e con la società peggiore. Se potessi esprimere un desiderio vorrei riavere i miei 19 anni e l’attuale club».
Sembra la rivisitazione della canzone di Vecchioni, luci al S. Paolo...
«Ascolto di tutto, ma da napoletano dico Pino Daniele, Gigi D’Alessio e Nino D’Angelo».
Il Sassuolo ha segnato in A solo con italiani.
«Avere una rosa con pochi stranieri ci ha aiutato: chi non è italiano non capisce bene il peso di una retrocessione. Se devi fare un campionato di vertice possono essere un valore aggiunto, ma se devi salvarti è il contrario».
Al Sassuolo in avanti la concorrenza è spietata.
«Uno stimolo. Come le parole dei dirigenti a gennaio: si aspettavano di più da me e mi hanno detto che era arrivato il momento di svoltare».
Da qualche mese la segue Alberto Ferrarini, motivatore del suo compagno Pegolo, di Bonucci e Gila.
«Non so se Alberto sia un motivatore, ma è stata una svolta positiva. Mi ha aiutato, al pari del mio procuratore, a crescere: prima mi piangevo addosso, ero sempre negativo. Lui mi ha insegnato tante cose e riesce a caricarmi come non mai. Facciamo dei lavori che non si possono spiegare, bisogna provarli. I risultati? Ho ritrovato la mia parte animale».
Ha detto di aver avuto pensieri negativi. C’è il rischio depressione nei calciatori?
«Mi stava accadendo nel secondo passaggio a Udine: tante promesse disattese, ho toccato il fondo. Per fortuna c’era la famiglia. E ora il Sassuolo».
A proposito: tre figli e una richiesta di adozione in corso. Ci spiega?
«Sono fortunato, mi pagano per giocare. Con mia moglie avevamo già deciso di dare un po’ del nostro benessere a un bimbo in difficoltà. Un giorno per caso sento la storia del neonato abbandonato in metro a Napoli, spontaneamente ho esclamato: “Viene da noi”. E ho chiamato in ospedale. Poi mi hanno spiegato che per le adozioni c’è un iter da rispettare. Domanda fatta, aspettiamo il nostro turno: qualsiasi bimbo arriverà, sarà una gioia».
Chiusura calcistica: domenica giocate con il Milan, voi in festa loro molto dimessi...
«Tutti incolpano Seedorf. Non lo so, ma una cosa è certa: il Milan, tranne un paio di eccezioni, non è una squadra stellare. Ha la classifica che si merita».