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 2014  maggio 16 Venerdì calendario

LA CITTÀ PER NON FUMATORI


Fumatori in gabbia in Australia. Melbourne, quattro milioni di abitanti, diventa dal 2016 la prima città al mondo dove il fumo sarà completamente vietato, eccetto in alcune aree predisposte e preparate. La prima città al mondo “smoke free”, per dirla con le parole del sindaco Robert Doyle: che è del Partito Liberale, in Australia la destra conservatrice, contrapposta alla sinistra del Partito Laburista. Peraltro un partito che spesso è pure piuttosto politically incorrect secondo i correnti criteri che vanno per la maggiore in Occidente, e che ad esempio è stato ferreo nel non permettere l’arrivo di clandestini: quelli che sono intercettati, vengono subito spediti in campi di raccolta in Papua Nuova Guinea e Nauru, che si prestano in cambio di una manciata di milioni in aiuto allo sviluppo. Ma sul tabacco, questa stessa intransigenza Doyle la usa con i fumatori. D’altronde, l’aveva promesso in campagna elettorale, e il divieto è già stato introdotto in via sperimentale in alcuni quartieri, tra cui il centralissimo The Causeway. La norma riguarderà anche le zone esterne dei ristoranti e i cantieri di costruzione.
È una prima volta che segue una lunga serie di leggi anti-tabacco che in varie parti del mondo, Italia compresa, hanno man mano sempre più limitato la libertà di fumare. Dopo il primo bando anti-tabacco imposto dal salutista Hitler nel 1941 in tram e rifugi antiaerei ma venuto meno con la fine del nazismo, l’esordio è stata la legge antifumo sui posti di lavoro approvata in California nel 1994, seguita dal divieto di fumo totale negli spazi chiusi imposto pure in California nel 1998 e dalla legge con cui nel marzo del 2004 l’Irlanda fu la prima nazione a bandire il fumo in tutti i luoghi di lavoro. La legge italiana che il 10 gennaio 2005 consentì nei luoghi chiusi di creare apposite sale fumatori ha stabilito un modello adottato anche da Svezia e Spagna. Ma dappertutto si sono diffuse normative anche più severe, e nel Regno Unito addirittura ormai non si può fumare più neanche in casa propria se c’è una donna delle pulizie in giro. Il governo di Londra ha d’altronde proclamato l’obiettivo di ridurre i fumatori dal 21 al 10% della popolazione entro il 2020, la Nuova Zelanda di diventare “tobacco free” entro il 2025 e la Finlandia entro il 2040. Lo smoke free di Melbourne viene anche a ruota dell’altra storica legge con cui l’Uruguay ha deciso di legalizzare la marijuana, anche se in realtà gli spinelli non sono ancora stati messi in vendita in farmacia. Per trovarli bisognerà apsettare novembre, dopo le elezioni, nel caso un elettorato che non appare molto convinto non trasformerà il voto in un referendum anti-cannabis, bocciando il governo di sinistra dell’ex-guerrigliero Pepe Mujica.
Stiamo dunque andando verso una situazione in cui sarà più facile fumarsi una sigaretta alla canapa indiana che al tabacco? In realtà, ancora no. Il modello uruguayano, olandese e degli altri Stati Usa che hanno deciso la liberalizzazione della cannabis prevede un sistema di registrazioni e licenze, diciamo pure una schedatura, che ai tabagisti non è ancora imposto. Però si va verso una convergenza: in concreto, sia i fumatori di cannabis di questi avamposti antiproibizionisti che i fumatori di tabacco australiani dovranno chiudersi in pochi luoghi autorizzati, con l’unica differenza che in questo secondo caso non verrà chiesta loro nessuna tessera all’ingresso. Almeno per ora.
Se l’antiproibizionismo moderato punta infatti alla semplice depenalizzazione delle droghe leggere per ragioni pragmatiche, esiste anche un antiproibizionismo più radicale che parla di parificare in un regime di tolleranza sorvegliata tutte le droghe oggi considerate illegali con quelle “legali": tabacco, alcool, secondo alcuni perfino lo zucchero. In Islanda è già una proposta di legge quella di consentire la vendita di prodotti al tabacco solo con apposita ricetta medica. A Singapore e nell’altro Stato australiano della Tasmania è nell’aria l’idea di vietare il fumo a tutti coloro che sono nati dopo il 2000, in modo di arrivare a un’eutanasia naturale dei fumatori.
C’è da dire pure che i trasgressori al divieto di fumo all’aperto a Melbourne non saranno puniti con il carcere, ma solo con una multa.
Prevedibili le contestazioni: di cittadini e anche di negozianti, uno dei cui rappresentanti ritiene impossibile farla rispettare: a meno di non istituire apposta una scomoda e costosa polizia antifumo. Anche il governatore della regione di Victoria Denis Napthine, pure lui liberale come il sindaco, si è detto però ostile al fumo. «Penso che sia del tutto impraticabile e irragionevole», ha detto in un’intervista. Ma il sindaco risponde che secondo lui l’“immenso successo” del test fatto a The Causeway dimostrerebbe come il divieto potrebbe addirittura attrarre a Melbourne “molte persone”.