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 2014  maggio 15 Giovedì calendario

EXPO, L’ALLARME INASCOLTATO DELLA NOSTRA INTELLIGENCE


L’intelligence italiana non era rimasta alla finestra sulla gestione di Expo 2015, l’esposizione universale dedicata alla nutrizione che aprirà i battenti a Milano tra meno di un anno. In un report che Il Tempo ha potuto consultare, infatti, erano state messe in evidenza già un anno fa le «storture» (testuale ndr) dei meccanismi di governo e di controllo dell’intero evento, a causa delle ingerenze della politica nelle decisioni amministrative degli addetti ai lavori. Una pressione che si è tradotta in una divisione di aree di influenza tra soggetti pubblici, Regione e Comune di Milano in primis, «che hanno fatto scelte imprenditoriali e nomine non basate sulla logica del risultato e del merito bensì su quella della fedeltà e del tornaconto».

IL PRIMO ALLARME
Un «sos» reiterato quello dei servizi italiani. Già in un dossier del giugno 2013, dunque quasi un anno fa rispetto alle inchieste di questi giorni, era stato messo in evidenza come uno dei principali collaboratori dell’ad Luigi Sala, Angelo Paris, (arrestato qualche giorno fa dalla Procura di Milano) non era in possesso di adeguata esperienza nel settore e perciò non idoneo a gestire processi complessi come quello relativo all’evento di Milano. Della sua inidoneità se n’era accorto anche lo stesso Sala che aveva manifestato l’intenzione di chiederne la sostituzione.

SETTEMBRE 2013
Anche in un secondo rapporto, qualche mese dopo, l’occhio dell’intelligence aveva messo a fuoco una serie di criticità sui soggetti cardine per la realizzazione delle opere. In particolare era stato segnalato che i responsabili della Infrastrutture lombarde Spa avevano suggerito alla stazione appaltante Expo spa alcuni correttivi. Tra questi la sostituzione del responsabile unico del procedimento (la figura individuata dal codice degli appalti per garantire la regolarità delle gare) a quel tempo l’ingegnere Carlo Chiesa proprio con Angelo Paris. Un cambio motivato con la necessità di avere un soggetto «più disponibile ad assumere adeguate decisioni in tempi compatibili con le necessità operative» benché privo di adeguata esperienza in materia. Insomma - secondo il ragionamento degli 007 - meno puntiglioso del rispetto delle procedure. Insieme a questo, i servizi avevano anche messo in evidenza la mancanza di esperienza del management di Expo nel gestire il ruolo di stazione appaltante e l’architettura troppo orizzontale delle varie direzioni in cui è articolato che non consente una gestione efficiente delle decisioni.

MANAGER INADEGUATI
L’analisi degli 007 si è prolungata anche agli inizi di quest’anno. In un rapporto del gennaio 2014 avevano, infatti, segnalato che il modello organizzativo adottato per l’Expo era molto vulnerabile, così come concepito, rispetto alla possibile inadeguatezza del management. Segnalata anche la situazione di tensione, non propizia alla prosecuzione dei lavori, che si era intanto creata tra Antonio Rognoni, dimissionario dal ruolo di dg di Infrastrutture lombarde, e l’entourage del presidente della regione Lombardia.

L’EMERGENZA
La situazione attuale tra ritardi e crisi economica non favorisce di certo la normale prosecuzione di Expo. La necessità di fare presto, per recuperare il tempo necessario al completamento delle opere, e dunque l’ovvio ricorso a interventi di emergenza può aprire, infatti, le porte «all’infiltrazione criminale, alla corruzione e alla sicurezza dei sistemi strategici» spiegano gli 007 nella loro relazione. Che indicano la potenziale soluzione correttiva nel coordinamento dei controlli, per farli diventare più efficaci e sistemici, evitando dunque interventi polverizzati che spesso creano solo ulteriori ritardi.

LE CRITICITÀ
Le cose per Expo continuano a non essere semplici. I servizi italiani puntualizzano le difficoltà che permangono. Tra queste la mancanza a oggi, nonostante l’annuncio del governo, di una struttura che consenta un agevole rapporto con l’esecutivo. La task force annunciata ancora non c’è.
Tra le criticità restano, poi, le conseguenze sul rispetto dei tempi di consegna delle indagini in corso e degli arresti effettuati lo scorso 7 maggio. Oltre alla difficoltà di coordinamento tra i diversi attori coinvolti in un sistema sempre più complesso che potrebbero mettere a dura prova il management di Expo.

I PAESI OSPITI
Tra gli elementi che rischiano di far collassare l’evento c’è anche, secondo il rapporto dei servizi, un’inerzia «sospetta» da parte di molti paesi partecipanti. Tra questi ben cinque (Arabia Saudita, India, Ucraina, Turchia e Olanda) sarebbero intenzionati a ritirarsi dalla manifestazione. Un gesto che potrebbe innescare fenomeni di emulazione e inficiarne la buona riuscita. Non è una boutade perché fino a oggi solo 27 paesi dei 62 partecipanti hanno presentato un progetto preliminare. Nel dettaglio mentre il «no» dell’Arabia Saudita starebbe rientrando, sono le «incomprensioni diplomatiche» a motivare quello di India, Turchia e Arabia Saudita, le «criticità interne» per l’Ucraina e lo «scarso interesse» per l’Olanda.

FONDI INCERTI
A minare l’equilibrio della macchina Expo sono anche le incertezze su alcune fonti di finanziamento. In particolare, aggiunge il dossier, sarebbe ancora indeterminato un contributo di 60 milioni da parte della provincia di Milano, comunque garantito dal Governo, e altri 60 promessi dalla Camera di Commercio di Milano che avrebbe dovuto erogarli come corrispettivo dell’acquisizione di Palazzo Italia. L’ente rifiuterebbe il pagamento per un’ipoteca che graverebbe sul terreno edificato messo a garanzia dei fidi bancari a suo tempo ottenuti dalla società di gestione e richiederebbe differenti garanzie.

CONTROLLI E MOSCHEA
Situazione critica anche per le troppe ispezioni non coordinate degli operatori di Polizia e degli organi ispettivi sui cantieri che rallentano e a volte bloccano i lavori generando dinamiche incompatibili con la continuità necessaria a garantire i tempi prestabiliti. Ultimo aspetto segnalato a margine anche la questione della costruzione della moschea di Milano la cui apertura è richiesta dalle associazioni islamiche in contemporanea con l’avvio di Expo.
Filippo Caleri