Liana Milella, la Repubblica 15/5/2014, 15 maggio 2014
“PER LA FINANZA HO RAGIONE IO” MA ROBLEDO RISCHIA IL POSTO
ROMA.
Quando la nuova autodifesa di Robledo arriva al Csm, i consiglieri se la passano l’un l’altro e man mano la meraviglia cresce. Doveva essere, nelle intenzioni, un atout per il procuratore aggiunto di Milano. Rischia di diventare un boomerang. Perché Robledo, nell’ansia di dimostrare che Bruti ce l’ha con lui, è andato a scomodare pure la Gdf. La quale —Nucleo di polizia tributaria, gruppo tutela mercato capitali, seconda sezione reati societari e fallimentari — attesta, al contrario di quanto ha affermato Bruti a proposito di un doppio pedinamento, che «non si sono registrati episodi di sovrapposizione con personale della sezione di pg». Quasi presaghi di una possibile grana, i militari, «a ogni buon conto», allegano la richiesta dello stesso Robledo.
Spiegano al Csm che, qualora si cercasse un motivo per cui Bruti e Robledo, «come una moglie e un marito giunti ai ferri corti», non possono più coesistere nello stesso ufficio, quella ragione ora è lì, squadernata in bella evidenza nelle pagine giunte da Milano, due con la lettera di Robledo e due con la nota della Gdf. Perché, ragionano al Csm, «non esiste che un procuratore aggiunto, contro il suo procuratore, solleciti una forza di polizia a negare quanto quel procuratore ha affermato. Tant’è che l’imbarazzo si coglie nello stesso inciso della Gdf nel rinviare esplicitamente alla richiesta di Robledo».
Al Csm il caso corre verso la fine. I segnali ci sono già tutti. Non fosse che per l’esplicito richiamo pubblico del vice presidente Michele Vietti («Mi auguro che le commissioni arrivino a una conclusione rapidissima dell’istruttoria e che si possa giungere al plenum con una decisione definitiva»). I bene informati raccontano che, dal Quirinale, la pratica Robledo versus Bruti viene costantemente monitorata. E tutti sanno che Vietti, in quattro anni di presidenza, non ha mai parlato senza informare Napolitano. La raccomandazione è chiudere subito. Il problema è come.
L’esigenza di mettere la parola “fine” è avvertita da due terzi del Csm. L’unico gruppo che cavalca ancora la guerra è Magistratura indipendente. Al punto che, nello sconcerto e nella collera di molti colleghi (Carfì, Rossi, Vigorito, Casella, Borraccetti e altri), il capogruppo di Mi Racanelli ha chiesto al Guardasigilli Orlando di mandare gli ispettori. «È inaudito, non era mai accaduto nella storia della magistratura» chiosano i colleghi. Perfino Nicolò Zanon, costituzionalista in quota Pdl, resta basito e dice che «no, nel pieno di un inchiesta come quella su Expo, non si può». Ma la mossa di Racanelli viene letta come il segnale della probabile sconfitta di Robledo.
Che succederà ai due contendenti? Innanzitutto, non ci saranno più audizioni, neppure di Robledo. Poi, Radio Csm ipotizza che la prima commissione (incompatibilità ambientali) faccia due cose: manda il fascicolo di Bruti ai colleghi della quinta commissione (nomina vertici), che dovrà confermare Bruti per altri quattro anni al vertice di Milano, o bocciarlo. Quanto a Robledo è evidente che non può restare a fianco di colleghi di cui non si fida. Per lui andrà valutato il trasferimento d’ufficio che può essere incolpevole, cioè derivare da situazioni oggettive che rendono la presenza di un magistrato non più compatibile con quell’ufficio. Certo, per Robledo, spiegano fonti del Consiglio, possono aggiungersi anche valutazioni disciplinari, soprattutto per il capitolo su Expo e sulle carte che ha mandato al Csm ignorando il «gravissimo danno all’inchiesta» (Bruti) di una possibile divulgazione. Un fatto è certo: i due presidenti, Annibale Marini alla prima commissione, Pina Casella alla settima, emerito della Consulta in quota An il primo, toga di Unicost la seconda, sono intenzionati a chiudere. E la sorte non pare per nulla favorevole a Robledo.
Liana Milella, la Repubblica 15/5/2014