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 2014  maggio 15 Giovedì calendario

LE GEMELLE DELLA MUSICA


Si respirano note lungo i corridoi e le stanze del Cet, la scuola per musicisti e autori che Mogol ha fondato ventidue anni fa nel cuore dell’Umbria. Qui, dove s’insegna l’arte di comporre una grande canzone, si sono incrociate e si incrociano le vite e i destini di famiglie che hanno scritto le pagine più importanti della storia della musica italiana.
Bastano tre cognomi per comprendere l’eccezionalità di questa music family allargata: Rapetti (Mogol), Migliacci, Modugno. Al centro dell’intreccio ci sono due donne complici in tutto e per tutto: le gemelle Gimmelli, Barbara e Daniela, 45 anni, romane, figlie di un ingegnere soprannominato «Lello l’africano» per le tante opere realizzate nel Continente nero. Daniela è la moglie di Mogol, Barbara di Francesco Migliacci, 46 anni, figlio di Franco (oggi ottantaquattrenne, autore di decine di successi tra cui Nel blu dipinto di blu) e manager di Simone Cristicchi. Un ponte, l’unico, tra due artisti della parola che non hanno mai interagito professionalmente. Mentre Mogol, 78 anni e un’energia incontenibile, twitta via iPad aforismi creati in tempo reale (@GiulioMogol), le Gimmelli twins si raccontano a Panorama. «A sedici anni ho incontrato Massimo Modugno (il figlio di Domenico, ndr) ed è stato subito amore. Una passione folle, travolgente, alla Titanic. Lui ne aveva 19. Siamo stati insieme 17 anni, di cui tre da sposati» dice Daniela. Le fa eco Barbara, che con Modugno senior ha condiviso momenti indimenticabili nel mare intorno a Lampedusa: «Faceva tutti i giorni il giro dell’Isola dei conigli, l’ictus del 1984 gli aveva bloccato una parte del corpo, ma in acqua si sentiva finalmente libero. Aveva solo un po’ paura degli squali. Mi disse che non aveva mai conosciuto una donna con tanta resistenza tra le onde. Io e Daniela eravamo a casa sua il giorno che decise di rimettersi a suonare il pianoforte. Con la mano sana staccò a forza una dall’altra le dita che erano rimaste bloccate dopo la malattia. Cantò solo per noi Amara terra mia. Lo fece con il viso quasi dentro il pianoforte per sfruttare l’amplificazione della cassa armonica e far uscire con più potenza la voce. Fu un nuovo inizio, un momento di vera commozione che non dimenticherò mai».
Gemelle all’anagrafe, ma anche inseparabili per scelta. Non solo loro. «Massimo (Modugno, ndr) ha fatto di tutto perché Barbara si fidanzasse con Francesco (Migliacci, ndr). Organizzava cene con noi due e poi, all’ultimo istante, si aggiungeva a sorpresa Francesco. Per un anno abbiamo vissuto una meravigliosa dimensione a quattro, poi la mia storia con Massimo si è conclusa» spiega Daniela.
Intanto, dal salone di casa Mogol, arrivano note a getto continuo. Sono le basi musicali dei brani che hanno bisogno di un testo. Lui glielo cuce addosso come un sarto che lavora di fino sui dettagli. In piedi, davanti allo stereo, con un foglio scritto a mano tra le dita, lima aggettivi, sostantivi e avverbi, lo canticchia sottovoce un paio di volte, verifica la metrica, poi passa ad altro. Uno spettacolo straordinario: la grande bellezza dell’incontro tra suoni e parole.
Impossibile davanti a questa scena non richiamare alla memoria gli anni del leggendario sodalizio con Lucio Battisti. «Quante ne abbiamo fatte. Tutte canzoni importanti, una dopo l’altra. Magia» sospira Mogol. «Ma lo sa che il fotografo di Panorama e la sua assistente non si ricordano La compagnia? Adesso gliela faccio sentire. L’ha rifatta anche Vasco Rossi. Daniela dove è finito il cd con La compagnia? Qui, nel solito cassetto, non c’è» dice perentorio prima di tornare ai suoi tweet quotidiani. «Gliene faccio leggere uno che è piaciuto molto ai miei follower: “Mio figlio è bravo, è la maestra che è scema (così si rovinano i bambini)”».
«Gli abitanti dei paesi vicini al Cet narrano di un giorno a metà anni 90 in cui Lucio Battisti si sarebbe messo dall’altra parte della collina a scrutare da lontano la casa della musica di Mogol. Chissà se è andata veramente così, quel che è certo è che lui e Giulio allora non si sono incontrati» ricorda Barbara seduta a due passi dal consorte, Francesco, l’uomo che ha scoperto e fortissimamente creduto nel talento di Simone Cristicchi. «Negli ultimi tempi Simone si è beccato una contestazione a sera da parte dei centri sociali per lo spettacolo chiamato Magazzino 18 dedicato alla tragedia delle foibe e agli esuli di Istria, Fiume e Dalmazia. Il bello è che lo contestano senza nemmeno aver visto di che cosa si tratta» spiega Migliacci junior.
A casa Rapetti la storia della canzone d’autore made in Italy è dappertutto. Anche sui muri. Tra le tante immagini (compresa quella di Mogol scattata da Adriano Celentano) ce n’è una bellissima, targata anni 70, che documenta la mitica cavalcata di Mogol e Battisti da Milano a Roma. «Per amore e solo per amore anch’io mi sono fatta Roma-Milano a cavallo con Giulio» racconta Daniela. «Mia sorella» prosegue «era preoccupatissima per quest’avventura e durante le prime tappe ci ha raggiunto ogni sera in auto. In un quarto d’ora percorreva la strada che noi facevamo in un giorno. In tutto 29 giorni di fatiche da cui mi sono sottratta solo per partecipare al matrimonio di Barbara e Francesco. Dopo la cerimonia, sono tornata in sella». La prima volta, Daniela Gimmelli e Mogol si sono incontrati proprio al Cet. «Daniela ci andò con Massimo Modugno a cavallo. Erano entrambi ospiti di un centro Mességué non distante dalla casa di Giulio» rievoca Barbara. Che aggiunge: «Giulio, dopo averla conosciuta, confidò a un amico. “Quanto sarei felice di avere una ragazza così”. Era nel destino: adesso sono marito e moglie». Vivono in simbiosi Barbara e Daniela, insieme hanno una casa discografica, la Numero 2, insieme hanno lavorato con Mogol e Migliacci junior all’ultimo album degli Audio 2, la più battistiana delle band italiane. Insieme hanno creato una lingua che esclude tutti gli altri dalla conversazione. «Non è scherzo» spiega Daniela «l’abbiamo ribattezzata omperiano. La a nel nostro idioma diventa “aica”, la e “emper”, la i “irichizi”, la o “omper” e la u “uff”». Quando abbandonano l’italiano per l’omperiano, che ha una vaga somiglianza con il greco, nessuno capisce nulla. Tranne Mogol, che sembra invece intuire il senso della conversazione. «Se però vanno troppo veloce, è buio fitto. Gli adulti non riescono a sintonizzarsi su una nuova lingua, ma i bambini la imparano subito» dice convinto. Transitano tutti i principali attori della musica italiana dal Cet, il più grande laboratorio creativo d’Italia. «Giulio non scrive a distanza» spiega Barbara. «Chiede che gli artisti vengano da lui». Incluso Adriano Celentano. «Lui e Claudia Mori sono bellissimi. Quando sono stati nostri ospiti siamo anche andati a messa insieme. Non ho mai visto una coppia così innamorata. Pensano sempre uno all’altra».
Non ci si annoia mai a casa Mogol: ci sono testi da scrivere, canzoni nuove da ascoltare, e molti sogni da realizzare. «Mi immagino un concerto all’Arena di Verona con tutti i più grandi interpreti italiani che cantano le canzoni scritte da Giulio» dice Barbara. Giulio, intanto, twitta instancabile. Poi, riapre lo scrigno dei ricordi: «Quando scrivi testi non sai che cosa possono scatenare negli altri. Un giorno è venuto qui Bernardo Bertolucci e mi ha detto: lo sai che l’ispirazione per Io e te viene dalla strofa di un tuo testo? Si riferiva a Ragazzo solo, ragazza sola, la traduzione in italiano di Space Oddity di David Bowie. A proposito io quel 45 giri non ce l’ho. Devo trovarlo al più presto». Si fa sera, ma per Mogol è come se la giornata fosse appena iniziata. «La nostra vita è così» chiosa Barbara. «Un gran bel film».