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 2014  maggio 15 Giovedì calendario

IL MINISTRO POLETTI, L’AMICO INDAGATO E IL CAMINETTO ROSSO


Claudio Levorato. Segnarsi questo nome. È il presidente della cooperativa bolognese Manutencoop (giro d’affari di un miliardo di euro) ed è un habitué delle procure italiane, che lo indagano per reati che vanno dall’abuso d’ufficio all’associazione a delinquere, dalla turbativa d’asta al falso in atto pubblico. L’ultima inchiesta su di lui, in ordine di tempo, è quella aperta dalla Procura di Milano per le mazzette che sarebbero state pagate per la costruzione della Città della salute, del valore di 323 milioni, opera collegata a quel festival di appalti pubblici che è l’Expo di Milano.
Gianmaria Balducci: tenere a mente anche il suo nome. È il presidente della cooperativa imolese Cefla. Non è indagato, ma l’azienda, 400 milioni di fatturato, è stata perquisita dalla Guardia di finanza perché, in concorso con altri, avrebbe pagato tangenti per 600 mila euro nell’appalto «architetture e servizi» dell’Expo.
Giuliano Poletti, questo nome, a differenza degli altri due, è noto a tutti. È il ministro del Lavoro e fino a febbraio era a capo della Lega delle cooperative, cioè il rappresentante istituzionale di tutte le coop rosse d’Italia che ha base ideologica a Bologna e fonte battesimale a Imola, città d’origine sia di Poletti che di Balducci.
La star dell’inchiesta sull’Expo, che il 7 maggio ha portato in carcere 7 persone, prodotto decine d’indagati e 606 pagine di verbali d’intercettazione, è Claudio Levorato, amico di lunghissima data di Poletti. I due si conoscono fin da quando il ministro era un semplice funzionario del Pci imolese e Levorato allievo della scuola di politica del Pci delle Frattocchie. Negli anni 80 Levorato è funzionario di partito mentre Poletti inizia la scalata al potere cooperativo: segretario dei giovani comunisti di Imola, consigliere comunale, segretario della Federazione di Imola, assessore all’Agricoltura, alle Attività produttive, capo della Lega a Imola, poi regionale e infine nazionale. Nel 1984 Levorato entra in Manutencoop e la trasforma da piccola coop di servizi a gigante da oltre 1 miliardo di euro di fatturato. Poletti intanto si lega a Pier Luigi Bersani, poi a Massimo D’Alema e però diventa ministro nel governo più antibersaniano e antidalemiano di sempre. Levorato invece i rapporti politici li coltiva versando nel 2005 ben 500 mila euro ai Ds guidati da Piero Fassino, che nel 2006 vincono le elezioni con Romano Prodi leader del centrosinistra.
Nel 2002 Poletti diventa presidente nazionale della Lega e, a Bologna, ritrova il suo amico di sempre, Levorato, che in quegli anni inizia a collezionare avvisi di garanzia sotto gli occhi indifferenti del presidente Poletti. A oggi sono ben 4 le inchieste che lo hanno coinvolto. Ma c’è di più: Levorato è sveglio e la leadership di Poletti gli va stretta. Così fa nascere quello che potrebbe essere definito un conciliabolo informale composto dai leader delle più importanti (per peso politico o economico) coop rosse emiliane, che oggi fa il bello e cattivo tempo nell’immenso mondo della cooperazione emiliana. A Bologna tutti lo chiamano «il caminetto».
Oltre a Levorato e Balducci fanno parte del caminetto Adriano Turrini, capo della Coop Adriatica che nel 2012 ha realizzato vendite in supermercati e ipermercati per oltre 2 miliardi di euro. C’è Piero Collina, capo della Cooperativa costruttori e cementisti (Ccc) che siede nel consiglio d’amministrazione della società proprietaria dell’area dove deve nascere la Città della salute a Milano e dove sono presenti Cmc, Coop Lombardia e Coopfond. C’è Rino Baroncini, presidente di un’altra cooperativa imolese, la Cesi, anche lei vincitrice di appalti nell’ambito Expo; e non possono mancare Pierluigi Stefanini, presidente della seconda compagnia assicurativa italiana, l’Unipol-Sai, e Gianpiero Calzolari, presidente dell’industria casearia Granarolo. Sono tutti pezzi da 90 del business «rosso» che decidono carriere, incarichi e chissà cos’altro.
È anche grazie ai legami tra gli «iscritti al caminetto» che Levorato diventa un ras del territorio e si permette di dettare la linea sugli appalti. Curiosamente Poletti, per nulla preoccupato che la sua leadership venga messa così platealmente in discussione, trascura sia il potere del caminetto che, soprattutto, le inchieste penali su Levorato. Anzi, non manca mai di partecipare alle manifestazioni pubbliche della Manutencoop: presentazioni di bilanci, feste popolari, pranzi e cene sociali.
Così il ministro non fa un plissé quando, nel 2005, Levorato finisce nei guai a Barletta per la vicenda della Barsa, azienda multiservizi del comune della quale la Manutencoop è azionista di minoranza con il 28 per cento. In questa inchiesta Levorato era accusato di abuso d’ufficio perché avrebbe concorso a cambiare lo statuto della società, in modo illegittimo, per estromettere due consiglieri non omogenei all’orientamento politico di centrosinistra del comune. Nel 2008, in primo grado viene assolto, ora si attende il giudizio d’appello.
Ma è solo un antipasto. Nell’ambito dell’inchiesta Virus sugli appalti della Asl di Brindisi, nel dicembre 2013 i pm hanno chiesto addirittura l’arresto e l’incarcerazione (negata dal giudice) non solo per Levorato, ma anche per altri due manager Manutencoop accusati di associazione per delinquere nell’ambito di alcune gare d’appalto pubbliche. Che cosa avrebbero fatto? L’avviso di conclusione delle indagini (presto partirà la richiesta di rinvio a giudizio) non poteva usare parole più esplicite: «Aprivano fraudolentemente (utilizzando fisicamente l’opera di altri due indagati, ndr) le buste contenenti le offerte economiche presentate dalle altre imprese in gara e dopo averne rilevato la entità e il valore richiudevano i plichi con accorgimenti tali da non consentire un’immediata rilevazione della manomissione e sostituzione». Semplice. E dire che in Puglia Manutencoop ha vinto appalti pubblici per 71 milioni.
Ma l’inchiesta più clamorosa è quella sulla centrale termica dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna. Nel maggio 2013 Levorato è stato denunciato non da un concorrente qualsiasi, ma da un’altra cooperativa aderente alla Lega. Si tratta della Cpl Concordia (400 milioni di fatturato) in provincia di Modena, presieduta da Roberto Casari che nel caminetto non è mai stato ammesso. La commissione aggiudicatrice dell’appalto ha assegnato al raggruppamento d’imprese guidato da Manutencoop un punteggio di 0,04 punti superiore a quello assegnato alla Cpl, arrivata seconda. Si tratta di circa 10 mila euro di differenza su un appalto del valore complessivo di 300 milioni e della durata di 25 anni. A Casari sembra tutto molto strano. Chiede i verbali delle riunioni della commissione aggiudicatrice, ma nessuno glieli dà. Chiede di sapere se al momento dell’aggiudicazione i componenti della commissione erano tutti presenti, ma nessuno glielo dice. Così manda tutto al Tar e poi al Consiglio di stato, che danno ragione a Manutencoop.
Non contento nel maggio del 2013 fa partire una denuncia penale per turbativa d’asta e falso in atto pubblico che porta all’iscrizione nel registro degli indagati di Levorato. Non era mai successo che due colossi della cooperazione si scontrassero in procura, ma Casari, un’istituzione nel settore, non si pente. «Le persone che prevaricano mi danno fastidio» spiega a Panorama «per questo non parlo con Levorato da 15 anni, anche perché non ha mai dato esempi di grande lealtà». Per capire che tipo è l’amico di Poletti, oltre alle inchieste, basta questo episodio raccontato da Casari: «Nel 2004 ho dovuto spesare delle perdite su derivati e la cooperativa è andata in rosso di 2,8 milioni. Appena l’ha saputo Levorato si è mosso per tentare di comprarci con la scusa che eravamo in perdita. Ma avevamo un patrimonio di 90 milioni, altro che perdita! Si è comportato da spregiudicato».
E non è che Casari sia un oppositore politico di Levorato: se quest’ultimo nel 2013 ha finanziato il vicepresidente del consiglio regionale del Lazio Massimiliano Valeriani (e un plurindagato che versa soldi al componente della commissione Trasparenza di una regione fa un po’ strano), Casari ha finanziato con 10 mila euro la campagna per le regionali lombarde di Umberto Ambrosoli; ha versato 10 mila euro a Ugo Sposetti, tesoriere del partito e 6 mila al Pd di Roma. In Lazio Manutencoop ha vinto appalti del ministero dell’Istruzione per la pulizia delle scuole.
L’inchiesta bolognese, scoppiata sotto gli occhi sempre indifferenti del presidente della Lega delle cooperative, ha dato maggior forza alla componente modenese della Lega delle cooperative che si è opposta ai due nomi proposti dal caminetto come successori di Poletti, nel frattempo diventato ministro, Gianpiero Calzolari di Granarolo e Levorato stesso, riuscendo a imporre come presidente Mauro Lusetti, originario di Sassuolo, in provincia di Modena. La cosa abbastanza incredibile è che Lusetti non viene dal mondo della Lega, ma da quello delle Conad (era amministratore
delegato di Nordiconad) che sono sempre cooperative, ma tra proprietari, non tra dipendenti, e sono importanti concorrenti delle coop di consumo della Lega.
Poi arriva l’Expo e la quarta inchiesta su Levorato: per costruire la Città della salute nelle aree ex Falck di Sesto San Giovanni avrebbe promesso una carriera all’Anas ad Antonio Rognoni, manager della appaltante Infrastrutture Lombarde, e ottenuto indebite informazioni sull’appalto. Le accuse sono turbativa d’asta e rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, reati per cui i pm avevano chiesto l’arresto, rifiutato dal giudice.
Il tutto con l’intermediazione dei redivivi Gianstefano Frigerio, uno al quale Levorato parlava di se stesso dicendo «noi della Lega», e Primo Greganti, il Compagno G che avrebbe agito soprattutto sull’imolese Cefla, quella di Balducci. «Primo Greganti?» dice Casari. «Quando ho letto il suo nome ho pensato che l’Italia non finirà mai di stupirmi». A Roma Levorato ha un suo deputato di riferimento; anzi ha un proprio dipendente che siede alla Camera. Si tratta di Daniele Montroni, imolese, amico di Balducci della Cefla e dipendente in aspettativa della Manutencoop. Montroni ha alle spalle gli incarichi giusti per aspirare ad assurgere a importanti incarichi nella cooperazione: partito, assessorati, municipalizzate. Montroni e Poletti ovviamente si conoscono, e in questo non c’è nulla di male. Tranne per il fatto che Poletti è il referente istituzionale delle cooperative, che rispondono proprio al ministero del Lavoro retto ora da chi, nei 12 anni di presidenza della Lega cooperative, non ha mai sentito il bisogno nemmeno di stigmatizzare il comportamento di Levorato. A meno che non sapesse nulla del modus operandi del presidente della Manutencoop e delle inchieste che lo riguardano. Circostanza ovviamente impossibile.