Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  maggio 15 Giovedì calendario

«C’ERA UN PATTO PER CONTROLLARE UBI BANCA»


BERGAMO — Un incontro segreto a casa di Franco Polotti, il presidente del consiglio di gestione di Ubi Banca, il 13 marzo scorso, alle 18. Un giro di contatti tra sei uomini chiave del gruppo bergamasco Amici di Ubi banca e di quello bresciano Associazione banca lombarda e piemontese. È qui che spunta anche il nome di «Nanni», Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa San Paolo e del consiglio direttivo dell’anima bresciana degli azionisti. Oltre al suo, anche quelli di Andrea Moltrasio, presidente del consiglio di sorveglianza di Ubi, Armando Santus, suo vice, Mario Cera, vice presidente vicario e Italo Lucchini, componente del consiglio di gestione.
È uno dei retroscena dell’inchiesta della procura di Bergamo che ha spedito i militari del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di Finanza guidati dal generale Giuseppe Bottillo a perquisire le sedi di Ubi Banca a Bergamo e della controllata Ubi Leasing, a Brescia. Quindici gli indagati, venti le perquisizioni, due i principali filoni su cui sta lavorando il pubblico ministero Fabio Pelosi. Il primo è l’ipotesi di ostacolo alla vigilanza, patti parasociali non comunicati alla Consob e alla Banca d’Italia per manovrare le nomine degli organi societari, dei comitati interni e delle società controllate. Il secondo, per riciclaggio e truffa, riguarda la cessione, secondo l’accusa sottocosto, di beni di Ubi Leasing a persone vicine ai vertici della banca. Come la barca Akhir 108, che valeva 10 milioni di euro e che è stata venduta a 3 milioni e mezzo, il Cessna dell’ex agente dei vip Lele Mora e alcuni automezzi.
Nel primo filone sono indagati Emilio Zanetti, ex presidente del consiglio di gestione di Ubi ed ex presidente di Amici di Ubi banca, Moltrasio, Cera, Polotti, Bazoli e Victor Massiah, consigliere delegato di gestione Ubi. Italo Lucchini, componente del consiglio di sorveglianza di Ubi e del cda di Italcementi, lo è per operazioni compiute in conflitto di interessi con il gruppo. Per le compravendite Ubi Leasing figurano la figlia di Lucchini, Silvia, amministratore unico di Tuscany Charter srl, e Giampiero Pesenti, presidente di Italcementi. Stessa ipotesi per Giampiero Bertoli, ex amministratore delegato di Ubi Leasing; Guido Cominotti, ex responsabile del recupero e vendita di beni Ubi Leasing; e Alessandro Maggi, vice direttore generale vicario di Ubi Leasing. E, ancora, Michele Di Leo, amministratore unico di Cm Air Craft; Marco Diana, consigliere delegato della Marina di Verbella srl e Alessandro Miele, titolare di studio navale.
La bufera sui vertici della banca - indica una nota di Ubi - è stata sollevata da una serie di esposti. Nel 2012 lo ha presentato Giorgio Jannone, l’ex onorevole Pdl che delle critiche alla gestione aveva fatto il suo cavallo di battaglia. Ha poi corso alle elezioni per il rinnovo del consiglio di sorveglianza con una propria lista nel 2013 ma alla fine, colpo di scena, ha appoggiato la terza, minoritaria. Un altro è di Elio Lannutti, presidente di Adusbef ed ex parlamentare Idv. Nel luglio del 2013 si è poi aggiunto quello dei cinque consiglieri di sorveglianza capeggiati da Andrea Resti (della lista appoggiata da Jannone). Una spina nel fianco per i vertici. Lo si capisce da una conversazione annotata dai finanzieri. A proposito di una seduta, il presidente Moltrasio parla con Alberto Folonari, suo vice: «Non c’era il professore, nostro amico, e il clima quando non c’è è molto diverso». Altre circostanze sono ritenute interessanti dagli inquirenti. Come, appunto, quell’incontro da Polotti. Che Bazoli sia stato coinvolto emerge da un sms che il padrone di casa manda a «Nanni e Mario»: «Appuntamento per il 13.3 a casa mia con le tre persone che sapete». Mario è Mario Cera. L’incontro c’è stato? Non è dato saperlo, né se Bazoli vi abbia partecipato. Bastano però anche i soli contatti per interrogarsi sul suo ruolo, lui che da due anni è fuori dagli organi di Ubi. Sul contenuto della riunione poco si sa. Quello, però, era un periodo «caldo» per la modifica dello statuto e per il rinnovo delle cariche sociali nelle società controllate. Colpiscono, inoltre, le parole tra Moltrasio e «Francesco» (si presume Iorio, direttore generale e componente del consiglio di gestione di Ubi, annotano gli investigatori), un paio di giorni prima la data dell’incontro. L’oggetto sarebbe proprio il rinnovo delle cariche nelle controllate: «Loro di Bergamo sono pronti con delle forze che non sono i professionisti di un certo tipo di una volta, vicini alla Curia e basta, sono delle risorse» e poi si fanno i nomi di grandi famiglie dell’economia «Bombassei, Radici, Confindustria».