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 2014  maggio 15 Giovedì calendario

OCCHIO, LA MERKEL LO RIFARÀ MA STAVOLTA C’È IL GAS USA...


Berlusconi, ma non solo Berlusconi. Le memorie di Tim Geithnee sulle pressioni di «alti funzionari europei» per favorire il ribaltone politico in Italia sono senz’altro il piatto forte delle rivelazioni su quei terribili giorni del novembre 2011 quando l’Italia, anzi l’Europa, si è trovata sull’orlo del collasso. Perché il nostro Paese sembra trovarsi sulla faglia di un cozzo globale tra Stati Uniti e Unione Europea? Per capirlo bisogna allargare un po’ il quadro.
A prima vista, le condizioni sono oggi molto diverse da quelle di tre anni fa. Ma, sotto la vernice dei tassi d’interesse bassi e dello spread in caduta, i problemi restano gli stessi: il debito pubblico, non solo italiano, è al di sopra del livello di guardia; il tasso di crescita cala, a differenza della disoccupazione. La caduta dell’inflazione rende tutto più difficile: in un clima di deflazione accelerare la ripresa dell’economia è quasi impossibile. Ma che accadrà quando gli Usa, finita la crisi, riporteranno i tassi a livelli pre-crisi? Quel giorno, nel 2015, secondo l’Ocse il debito pubblico italiano sarà pari al 147% del pil, meno della Grecia (189%), più o meno come il Portogallo (141) o l’Irlanda (133). Numeri insostenibili di fronte a un costo del denaro in risalita. Ancor meno se si pensa che altri Paesi, non solo del sud Europa, dovranno vedersela con un debito delle famiglie in forte ripresa potendo contare su un’economia che nel frattempo è assai rimpicciolita: tra il 6 il 9% in meno del 2008.
Insomma, non si è fatta molta strada rispetto al 2011, a parte l’intervento d Mario Draghi che ha salvato l’euro. Ma al tavolo dei potenti la questione resta la medesima di quella notte a Cannes quando Barack Obama, dopo aver respinto l’invito a favorire il commissariamento dell’Italia, propose per l’Europa un piano stile Fed, basato sull’emissione di diritti speciali di prelievo tipo quelli emessi a vantaggio del Fondo Monetario per risolvere il nodo dei debiti di Italia, Grecia e così via. Quella notte Angela Merkel ebbe una crisi di nervi, arrivando alle lacrime. Un aiuto del genere, disse, «non sarebbe giusto». Non solo. Un’operazione di questo genere non sarebbe mai stata approvata dalla Bundesbank, cui la Costituzione tedesca garantisce un potere di veto assoluto. La Germania, insomma, non aveva intenzione di farsi carico dei costi del risanamento delle economie europee. Anzi, la prima preoccupazione fu di trarre in salvo i quattrini già prestati. La seconda, parzialmente fallita, di creare una rete di collaboratori dietro cui nascondere l’operazione di sterilizzare la crisi degli altri.
Angela Merkel poi, secondo quanto riferito da Le Monde, si è concessa un’altra crisi di nervi quando i partner hanno respinto al mittente la sua idea di creare un garante europeo con diritto di veto sui provvedimenti di spesa dei vari Paesi. Secondo le cronache, la Cancelliera, piangendo, si è messa a rievocare gli anni di gioventù sotto il regime comunista. «Ma a differenza di allora disse ora non c’è un parente ad Ovest che possa aiutare». Chissà a chi si riferiva... a Washington? Si limitava forse a ricordare che Berlino non avrebbe mai sostenuto un piano in cui mutualizzare i debiti con i partner. Oltre alla miopia, magari c’era anche la tentazione di diluire i rapporti con l’Europa e consolidare l’asse con la Russia, il grande cliente (dopo la Cina) dell’export tedesco, essenziale per i rifornimenti energetici. La crisi ucraina però ha messo in difficoltà la Germania, anche perché Putin sa di poter contare sulla debolezza tedesca. Rispetto al 2011, al contrario, Obama può giocare la carta dello shale gas da esportare in futuro anche in Europa, nell’ambito del trattato di libero scambio in via di approvazione. Purché l’Europa, a partire dalla Germania, accetti le sue condizioni, più dure di tre anni fa. Per questo herr Draghi potrà contare su una Bundesbank meno rigida, disponibile a consentire quelle misure che andavano applicate tre anni fa. Meglio tardi che mai. Ma non illudiamoci: Berlino, come già avvento per il piano Omt, terrà una pistola puntata sulla Banca Centrale Europea. E sarà avara sul fronte dell’Unione Bancaria. Anche perché, come sanno bene a Francoforte, il vero malato bancario d’Europa è la Deutsche Bank, che scoppia di derivati di dubbio valore: un problema che, proprio come nel 2011, cercherà di scaricare sulle altre economie. Forse non ha torto George Soros: la soluzione migliore sarebbe l’uscita di Berlino dalla Ue. Ma non scordiamo che l’asse Germania-Russia non ha mai portato molto bene...