Luca Liverani, Avvenire 15/5/2014, 15 maggio 2014
MINORI IN CARCERE: PIU’ SCUOLA E LAVORO
Quando si parla di giustizia minorile bisogna guardare le due facce della medaglia. Quella negativa di un adolescente che ha già problemi con la legge. E quella positiva di un ragazzo che ha ottime possibilità di non ricascarci più: in sette casi su dieci infatti non c’è recidiva. Un dato che può crescere, se si investe di più sulle misure alternative: tra chi sbaglia di nuovo, infatti, la gran parte non ha usufruito della sospensione del processo e messa alla prova. Peccato che oggi a seguire i 19mila ragazzi nel circuito penale minorile ci siano solo 350 assistenti sociali: «Troppo pochi, così è una missione impossibile », constata Silvana Nordeglia, presidente del Consiglio nazionale degli Ordini degli assistenti sociali: «La politica deve capire – dice – che disinvestire oggi in questi settori significa spendere infinitamente di più domani, quando ci troveremo una società ingestibile e costosissima».
La conferma che anche - forse soprattutto - nella giustizia minorile le misure alternative sono le più efficaci, socialmente ma anche economicamente, arriva dallo studio suLa recidiva nei percorsi penali dei minori autori di reato , prima ricerca nazionale su 1.100 casi analizzati nel 2010 di minori - all’epoca - nati nel 1987, raccolti dagli assistenti sociali e condotta dal Servizio di statistica del Dipartimento giustizia minorile e dall’Università di Perugia. Le misure alternative comunque nella giustizia minorile, pur tra difficoltà, sono la norma, il carcere l’eccezione: su circa 20mila minori del circuito penale, 800 sono in comunità, meno di 400 in carcere, tutti gli altri sono nella cosiddetta area penale esterna.
La recidiva tra i minori riguarda dunque il 31%, mentre il 69% fino a 23 anni non ha più commesso reati. Chi sbaglia di nuovo lo fa da minore nel 12% dei casi, il 9% sia prima che dopo i 18 anni, il 10% solo da adulto. Più a rischio i minori stranieri (non accompagnati, di prima e di seconda generazione) che ci ricascano più degli italiani (46% contro 31) e le ragazze straniere più delle italiane e degli stranieri (55%), dato condizionato dalla presenza prevalente di ragazze rom. Altri fattori che favoriscono la recidiva sono l’abbandono scolastico (49%) rispetto a chi studia (19%), o il lavoro saltuario o precario (42%). Recidive più alte anche tra chi ha solo il padre (58%), è affidato a un parente (64%), è senza fissa dimora (67%).
«Lo Stato – ragiona la presidente Mordeglia – deve decidere a cosa non può rinunciare. Sì alla revisione della spesa, ma nella la scuola o nei servizi tagliare significa prepararsi a spendere di più. Ogni ragazzo ha le sue peculiarità, i progetti standardizzati non funzionano, vanno costruiti singolarmente con le reti dei servizi e del terzo settore. La politica deve avere coraggio: raddoppiare gli assistenti sociali che lavorano nella giustizia minorile è una spesa insostenibile? Non dico che bisognerebbe rinunciare agli F35, basterebbe l’equivalente del costo di un’ala», dice sorridendo.