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 2014  maggio 14 Mercoledì calendario

PERISCOPIO


Dice Fini che non ci sono affinità tra queste inchieste e quelle di una volta. Tranne forse la location di Montecarlo. Maurizio Crippa. Il Foglio.



Il Cav. non ricorda Matacena: «Sarà stato deputato di Forza Italia vent’anni fa, per un breve periodo». Ma non erano i vecchietti ad avere l’Alzheimer? Il rompi-spread. MF.



Renzi trova 20 euro per terra. Gliene mancano ancora 60. Spinoza. il Fatto.



Ormai la mette dappertutto, ma quante facce ha Renzi? Jena. la Stampa.



Gianni Agnelli ereditò la Fiat dal nonno a 24 anni, ma iniziò a lavorare a 42. Dopodiché dormì sugli allori per i successivi tre, assumendo la presidenza soltanto nel 1966, a un’età in cui i suoi operai erano quasi prossimi alla pensione. Fino a quel momento aveva provveduto Vittorio Valletta a far marciare l’industria automobilistica torinese come un orologio svizzero. Quando trent’anni dopo Agnelli indicò come suo successore il nipote John Elkann, l’azienda era ridotta a un catorcio, tanto che si rese necessario chiamare il castigamatti Sergio Marchionne per salvare il salvabile. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.



Papa Francesco non è riuscito a rivoluzionare la Curia vaticana: sono tutti paralizzati, immobili, ma non è accaduto nulla. Luigi Bisignani a l’Abitacolo di Franco Bechis



Negli anni 90 , per il Mattino di Napoli, scrissi un articolo in cui dicevo che se Napoli si era ridotta come si era ridotta (e non parlavo solo di camorra, ma intendevo tutti i campi, compreso quello ambientale, i napoletani credono di avere ancora «o sole mio» ma il loro sole è più velato di quello di Milano, il loro mare è nero come la pece) la colpa era solo dei napoletani. Suscitai un putiferio. Perché era la verità. Così la devastazione italiana, del territorio, della socialità, dell’economia, della politica e della morale, è colpa solo degli italiani e delle loro classi dirigenti. Se per i politici esistesse un mercato europeo come per i calciatori, acquisterei Angela Merkel. O, se non fosse possibile, mi accontenterei di un gauleiter tedesco che ci governasse per almeno dieci anni. Poi potremmo ricominciare da capo. Massimo Fini. Il Fatto.



Marchionne? È l’unico che si salva. Almeno un po’. Dieci per il coraggio, ma quattro in sincerità. Carlo De Benedetti, Festival Dogliani.



L’ex garante della privacy, Franco Pizzetti, docente di diritto costituzionale, ex prodiano e ora immancabilmente renziano, indagato per i concorsi universitari truccati per aver fatto pressione sui colleghi per far vincere una cattedra al figlio Federico, si difende su la Repubblica con queste parole: «So che il ragionamento può sembrare impopolare, ma un concorso universitario non è come un concorso di accesso, che so, alla magistratura, non è un quiz anonimo dove vince il migliore in quel momento. Non è una corsa di cavalli. Si valuta una carriera, una vita di studi. E quindi è normale che chiunque sia in commissione si senta responsabile di ascoltare quella che è l’opinione generale della corporazione», dove, naturalmente «ci conosciamo tutti». Ora, il presunto ragionamento non è impopolare, è incostituzionale, e chi la Costituzione la insegna, dovrebbe saperlo. Art 97: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione? Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso?». Che imparzialità gestisce un docente che chiama gli altri membri della «corporazione» per raccomandare il figlio e rammentare loro: «È un secolo che ci conosciamo e, quando abbiamo preso degli impegni, non li abbiamo mai fatti mancare»? E che speranza possono avere di ottenere una cattedra i giovani meritevoli che non tengano famiglia né «corporazione»? Marco Travaglio. Il Fatto.



Gianni Brera ha la barba grigio-bionda. Dice che se l’è fatta crescere per caso e per necessità, una questione di principio coi figli che tenevano occupato a lungo il bagno tutte le mattine, nell’ora di punta. «Avevamo tutti gli stessi orari e quindi qualcuno doveva rinunciare a qualcosa». Gianni Brera in Milano no di Gigi Moncalvo, edizioni Elle, 1977



Non basta mangiare il caviale. Bisogna anche digerirlo. Francis Blanche, Pensèes, rèplique et anecdotes. Editions J’ai lu. 1966.



Nel ristorante ci stavano parecchi forestieri che mangiavano poco perché non volevano spendere. Per esempio: prendevano un piatto di calamari fritti da dividere in due e nient’altro. Quando il cameriere mi ha portato la seconda porzione di pesce spada gli ho fatto segno. «Belli tirchi...». Ha fatto una smorfia di rassegnazione. «Vuole altro?». «Eh, aspettate. Vediamo un po’ dopo il pesce spada». Non è che avevo fame. Mi faceva piacere che il cameriere mi guardava come un buon cliente rispetto agli altri. Giuseppe Ferrandino, Pericle il nero, Adelphi. 1998.



Avevo una passione sfrenata per Banderas: che Zorro che era! Da quando parla alle galline e spalma la marmellata sulle fettine biscottate, però. Cristiano Malgioglio, cantante. Libero.



Avevo abbandonato la pesca subacquea, traviato da Corrado che prediligeva la pesca alla lenza. E ora mi trovavo con un pesce enorme attaccato all’amo, col pericolo che, per qualche manovra sbagliata, si staccasse e mi lasciasse con un palmo di naso. Ci vollero venti minuti, perché il bestione alzasse bandiera bianca e si lasciasse portare in superficie. Sì, era un addotto di otto chili, nero come la pece, come sono neri gli addotti, quella specie di cernie del mare Ionio che vive in fondali molto più profondi di quelli in cui abitano le cernie rosa o rosso scuro. Per tirarlo su, dentro la barca, Corrado si dovette gettare in acqua e avvolgerlo nell’asciugamani. Prendendo i lembi, lui, io e Smeralda riuscimmo ad appoggiarlo sulla murata e, quindi, a farlo cadere dentro. Una festa, un trionfo. Domenico Cacopardo: Il delitto dell’Immacolata, Marsilio.



L’ubriachezza è il vizio nazionale russo di fondo, anzi la nostra idea fissa. Il popolo russo non beve per indigenza o disperazione, ma perché sente una primordiale necessità del miracoloso, dello straordinario. Beve, se si vuole, misticamente, mirando a liberare l’anima dal suo peso terrestre e a restituirla al suo stato di beatitudine incorporea. Andrej Sinijavskij, scrittore perseguitato e incarcerato dal Pcus sovietico in Ultimi pensieri. Jaca Book.



Ci sono virtù che vanno temperate e vizi che vanno potenziati. Roberto Gervaso. il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 14/5/2014