Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano 14/5/2014, 14 maggio 2014
SOGIN, LA GRAN VITA DEL BOIARDO NUCCI
Circa 50.000 euro in un anno con la carta di credito aziendale, 199 colazioni di lavoro, spese difficili da giustificare con le esigenze di rappresentanza, come borse di lusso e perfino un biliardino. Era questo, secondo un esposto alla Procura di Roma, lo stile di Giuseppe Nucci, ex amministratore delegato della Sogin, indagato nell’inchiesta sugli appalti per Expo 2015 a Milano.
I magistrati di Milano hanno ricostruito come la società controllata al 100 per cento dal Tesoro e che ha compiti delicatissimi come la gestione delle scorie nucleari e dei rifiuti ospedalieri, fosse al centro dei piani dei faccendieri arrestati: l’imprenditore Enrico Maltauro avrebbe ottenuto due importanti appalti, uno da 98 milioni di euro e uno da 240 milioni, per i siti nucleari di Saluggia e Trino Vercellese, da cui avanzavano, secondo l’accusa, migliaia di euro da spartire tra i vari Gianstefano Frigerio, Luigi Grillo e Primo Greganti. Nucci cerca l’appoggio del network milanese per ottenere la riconferma alla Sogin, società a cui era abbarbicato da anni, allontanato nel 2006 e poi tornato al vertice con l’appoggio dell’allora direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, nel 2008, quando la società viene (stranamente) commissariata. E Nucci prima è vice commissario, poi amministratore delegato. Questa volta il tentativo di Nucci fallisce: nel settembre 2013 al suo posto si insedia Riccardo Casale, manager che arriva dalla gestione di rifiuti a Genova e che nel giro di poche settimane inizia a prendere le distanze dall’era Nucci e cambia tutta la prima linea del management. Toglie la procura generale a Vincenzo Ferrazzano (che nell’inchiesta milanese è persona informata sui fatti) e sostituisce Alberto Alatri, dirigente preposto (indagato a Milano). In pratica i due vertici della gestione contabile e finanziaria vengono demansionati. E Casale commissiona una due diligence, cioè un esame della contabilità interna, i cui risultati vengono presentati al consiglio di amministrazione l’8 maggio, proprio il giorno in cui la Guardia di finanza comincia con l’operazione Expo, con perquisizioni anche nella sede della Sogin a Roma. Dei risultati di quella due diligence si trova traccia in un esposto che Casale ha depositato alla Procura di Roma, dove si raccontano “alcune transazioni effettuate con carte di credito aziendali”. Seguono dettagli: tra il primo gennaio 2012 e il 30 settembre 2013, l’allora amministratore delegato Nucci si era dato ad alcune spese singolari. “A puro titolo d’esempio”, nell’esposto sono indicate: a maggio 2012 “per l’acquisto di un portafoglio Louis Vuitton”, poi 697 euro e 420 euro per due trolley di marca Piquadro, nel dicembre 2012 compra addirittura un biliardino, non si sa per quale destinazione, prezzo: 705 euro. A gennaio 2013 si concede anche una borsa Louis Vuitton da 995 euro, stando al prezzo dovrebbe essere una pochette Metis della collezione 2013. E ci sono anche i riscontri di acquisti in una gioielleria. Beni che “non risultano essere poi entrati nella disponibilità dell’azienda”. Non solo: Nucci ha pagato con soldi Sogin, cioè soldi pubblici, “diversi soggiorni alberghieri, anche nella città di Roma, luogo di residenza” del manager. Nel complesso, da amministratore delegato, Nucci spendeva circa 50 mila euro all’anno (in aggiunta a uno stipendio di 570 mila euro), gran parte dei quali per quasi 200 colazioni di lavoro. E chissà cos’altro si potrebbe trovare nella due diligence.
Il nuovo ad Casale ha spiegato in questi giorni che ha ereditato una società piena di “virus ma anche di anticorpi”. Già prima dell’inchiesta Expo ha cercato di marcare le distanze dal predecessore, fino all’esposto in Procura. Deve rilanciare l’azienda, la cui immagine è stata funestata più volte dagli eccessi di Nucci ma che è pur sempre un’impresa strategia piena di ingegneri, tecnologia e con compiti sensibili: Sogin vuole sfruttare all’estero competenze maturate in questi anni sui rifiuti nucleari italiani, oltre che costruire il “deposito nazionale” per mettere in sicurezza le varie categorie di scarti pericolosi.
Stefano Feltri, Il Fatto Quotidiano 14/5/2014