Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  maggio 14 Mercoledì calendario

BRUTI SPARA A ZERO SU ROBLEDO: HA MESSO A RISCHIO L’INCHIESTA


Milano
Dal palazzo dei veleni di Palermo al palazzo dei veleni di Milano. Lo scontro alla procura che fu del pool Mani Pulite si è alzato, e di molto.
Lunedì mattina, alle 10,50, alla segreteria generale del Csm è arrivata una nota del procuratore Edmondo Bruti Liberati che lo trasforma da accusato del procuratore aggiunto Alfredo Robledo in suo grande accusatore. “Le iniziative del procuratore aggiunto Robledo hanno determinato un reiterato intralcio alle indagini”. Il numero uno della procura milanese, ad arresti avvenuti mel’inchiesta Expo, imputa al coordinatore del dipartimento reati contro la Pubblica amministrazione, addirittura di aver messo a rischio le indagini che giovedì scorso hanno portato a diversi arresti, tra cui quelli di Primo Greganti e Gianstefano Frigerio.
Robledo avrebbe messo a rischio le indagini non solo inserendo atti nel suo esposto a Palazzo dei Marescialli, ma anche facendo pedinare un indagato nonostante sapesse che era già sotto osservazione, sempre da parte della procura. Il procuratore definisce il doppio pedinamento un episodio “surreale”. Robledo “pur essendo costantemente informato del fatto che era in corso un’attività di pedinamento e controllo condotta dal personale della Sezione di Polizia giudiziaria” aveva “disposto un analogo servizio, delegando ad altra struttura della stessa Gdf. Solo la reciproca conoscenza del personale Gdf, che si è incontrato sul terreno, ha consentito di evitare gravi danni alle indagini”. Un fatto, questo, che ha lasciato “sconcertati” diversi consiglieri del Csm.
Bruti, inoltre, sostiene che “la trasmissione da parte di Robledo al Csm di copie di corrispondenza interna riservata e di copie di atti del procedimento in delicatissima fase di indagine, con assunzione arbitraria della decisione delle parti da secretare, ha posto a grave rischio il segreto delle indagini”.
Il procuratore spiega pure che “lo stralcio del filone di indagine relativo a Expo”, chiesto dal procuratore aggiunto, “avrebbe fatto perdere l’unitarietà di visione in questa vicenda specifica” e “avrebbe comportato un sicuro intralcio e ritardo alle indagini”. Nella nota il procuratore respinge anche l’accusa di Robledo di aver assegnato a Boccassini, senza titolarità, non solo l’inchiesta Ruby (su cui ha già risposto al Csm il 14 aprile scorso) ma anche quella sull’Expo. “Sono state scrupolosamente rispettate” le regole e gli atti di indagine si sono svolti “nel rispetto della legge e in ossequio al dettato costituzionale sulla ragionevole durata del processo”.
Bruti ricostruisce che “sin dalla primavera del 2012” il procedimento, inizialmente attribuito solo alla Direzione distrettuale antimafia di Ilda Boccassini, è stato “coassegnato” all’ufficio di Robledo, in particolare al pm Antonio D’Alessio. L’aggiunto, prosegue Bruti, “ha avuto immediata cognizione” che il filone di indagine sull’Expo “nasceva nell’ambito di un procedimento Dda e ha avuto la piena disponibilità di tutto il fascicolo e costante informazione sullo sviluppo delle indagini”. Quindi, ammonisce Bruti, “è del tutto pretestuosa” la richiesta fatta un anno dopo da Robledo di avere in visione tutti gli atti, così come “inammissibile nella forma e nella sostanza” è l’istanza di un mese prima di trasferire in esclusiva l’indagine al suo dipartimento”. Un atto che avrebbe causato “inevitabilmente” un “grave ritardo” anche perché “con il passaggio solo a Robledo sarebbe cambiata la struttura di polizia giudiziaria”, definita “fiore all’occhiello della procura”, dato che, a differenza del resto dell’ufficio, Robledo “delega pressoché costantemente solo una struttura della Gdf, la sezione Tutela mercati”. Bruti tira fuori anche il dissenso di Robledo su Angelo Paris, il super manager di Expo finito in carcere . Spiega che dopo il rifiuto dell’aggiunto, ha apposto il proprio visto alla richiesta di custodia, “peraltro poi accolta dal gip sui punti non condivisi da Robledo”, per “evitare una delegittimazione dei sostituti” che indagavano. Fu per quella decisione che a Robledo “non gli fu sottoposto al visto la successiva integrazione della richiesta al gip avanzata il 3 aprile del 2014”.
Poi lo scatto d’orgoglio: grazie alle sue decisioni “un’indagine di notevole complessità e che incide sulla vicenda di Expo 2015, un evento di straordinaria importanza per il Paese” è stata condotta l’inchiesta “con eccezionale celerità”. E Bruti chiede ora di fare presto al Csm. Spera in una “sollecita definizione” del fascicolo in modo da permettere alla Procura di Milano di “svolgere il suo difficile compito in un clima di ‘normalità’, fuori dai riflettori sul preteso ‘scontro nella Procura di Milano’”, in modo che torni un “clima di normalità”.
Ieri al Csm sono stati sentiti anche il procuratore aggiunto Francesco Greco, coordinatore del dipartimento reati finanziari e il pm Ferdinando Pomarici. Greco ha respinto l’accusa di aver ritardato l’iscrizione nel registro degli indagati di Roberto Formigoni, ora sotto processo su richiesta, accolta, del suo ufficio, mentre Pomarici ha confermato quanto scritto a Bruti: l’assegnazione a Boccassini del coordinamento dell’indagine Ruby è avvenuta fuori dalle regole, la competenza della Dda “era palesemente estranea”.

Antonella Mascali, Il Fatto Quotidiano 14/5/2014