Paolo Colonnello, La Stampa 14/5/2014, 14 maggio 2014
I PM SCOPRONO ALTRI APPALTI TRUCCATI
Non è finita. «Mi sentivo come un pesce in uno stagno in cui mi dovevo dimenare…», ha raccontato Enrico Maltauro l’imprenditore vicentino, quando è stato arrestato dalla Guardia di Finanza. Evidentemente ha imparato a “dimenarsi” talmente bene da aver vinto, in successione, una serie di appalti. In cambio, Maltauro, alla “cupola” ha versato una somma ben più consistente di quella circolata ieri: quasi un milione di euro in poco meno di due anni. Versati a chi? Formalmente a Giuseppe Cattozzo, l’ex segretario dell’Udc ligure e factotum di Gianstefano Frigerio. Il quale, secondo la tabellina scritta sui post-it ritrovati tra le sue mutande al momento dell’arresto, avrebbe ricevuto in questo modo: 600 mila euro in contanti, 300 mila euro lordi con presentazione di fatture per operazioni che i pm considerano “inesistenti”, più un’Audi 5 da 60 mila euro comprata da Maltauro negli ultimi mesi. Totale: 960 mila euro. Gli inquirenti sospettano che i 600 mila euro in contanti siano finiti in realtà direttamente a Frigerio e all’ex senatore Luigi Grillo che finora hanno negato su tutta la linea. Ma l’evidenza dei versamenti è documentata dai filmati e dalle intercettazioni della Gdf.
La domanda a questo punto è: ma se Maltauro per un paio di appalti (Expo e Sogin) aveva versato quasi un milione e promessi, in contanti, altri 600 mila, gli altri imprenditori per gli appalti sulla Sanità lombarda, che rappresentano oltre il 90 per cento di questa inchiesta, quanto hanno pagato? Si direbbe parecchio, al punto che una rogatoria con la Svizzera è già stata avviata per andare a vedere nel “caveau” di Frigerio e Grillo quanti soldi sono stati nascosti o passati. E l’elenco di imprenditori implicati sarebbe talmente lungo e documentato dalle indagini della Dda e della Gdf, che inevitabilmente scatterà presto una fase “due” delle indagini. Ovvero, un nuovo "terremoto". Come per “Tangentopoli”, racconta qualche vecchio investigatore, quando in Procura si formarono file di imprenditori per “confessare” corruzioni e tangenti. «Il compito che abbiamo affrontato - dice a un certo punto Frigerio - è quello di gestirci la Città della Salute», ovvero appalti per 500 milioni discussi con Antonio Rognoni, l’ex capo di Infrastrutture Lombarde che ieri, interrogato, ha sostenuto che si limitava solo «ad assistere e ascoltare».
Solo che se allora i soldi finivano ai partiti oggi il dubbio è che i danè si siano fermati nelle tasche dei “mediatori” e alla politica siano arrivate “altre utilità”: come il controllo sui direttori sanitari degli ospedali o sul sostegno delle imprese per le elezioni. "Mediatori" che a quanto pare pullulano attorno alla pubblica amministrazione, perché se è vero che Frigerio, Grillo e Greganti sono indicati come “la cupola” dei servizi e degli appalti negli ospedali lombardi, non bisogna dimenticarsi che, per esempio, per i rimborsi agli ospedali su interventi e ricoveri, funzionava egregiamente il “sistema Daccò-Formigoni”, per altro inviso agli attuali eroi della tangente («fanno la bella vita con i soldi pubblici») i quali si vantavano di prendere denaro solo dai privati. Peccato che il costo delle tangenti come al solito ricada poi sulle spalle dei contribuenti. Spiegano gli inquirenti che avere a che fare con i mediatori, come insegna la vicenda di Angelo Paris, il numero due di Expo che passava in anticipo i bandi di gara, era talmente conveniente che alla fine il costo della tangente versata veniva ampiamente ripagato dall’assenza di controlli sui prezzi praticati da chi vinceva gli appalti. Ciò che gli inquirenti intendono però chiarire è come mai il trio che oggi tutti dichiarano dedito alla millanteria, riuscisse poi a farsi ricevere ai piani alti del potere. Come mai cioè, se Frigerio mandava i suoi pizzini ad Arcore, dopo qualche giorno Silvio Berlusconi invitava a cena il buon Paris. E come mai, ancora, Primo Greganti poteva farsi ricevere in Senato e ricevere ogni mercoledì parlamentari e pezzi grossi del Pd nel caffè di galleria Alberto Sordi, a due passi dal Parlamento, utilizzando alla bisogna un telefono satellitare di tipo militare. Tra le carte dell’archivio di Frigerio, oltre a una quantità impressionante di raccomandazioni, gli investigatori hanno trovato un oggettino illuminante. Un libretto scritto dal “professore” nel 2012. Titolo: «Nel cuore dell’Impero. L’America di Barak Obama». Prefazione firmata da Silvio Berlusconi che il libro ci tenne a presentarlo a Roma. Inizia così: «Dopo l’Italia il paese che amo di più è l’America…». Si direbbe, non proprio ricambiato.
Paolo Colonnello, La Stampa 14/5/2014