Michele Brambilla, La Stampa 14/5/2014, 14 maggio 2014
IL DUELLO SOTTO LA MADONNINA TRA IL PREMIER E GRILLO
Matteo Renzi e Beppe Grillo, i due pretendenti alla vittoria, si sono sfidati a duello ieri in casa di Berlusconi, cioè di colui che, il 25 maggio, è dato per terzo classificato.
Certo il duello non avrebbe potuto svolgersi che a Milano, visto che il tema caldo è l’Expo e le indagini sui suoi appalti: ma l’occasione fa l’uomo ladro, nel senso che sia Renzi sia Grillo hanno capito benissimo che per vincere devono (anche) «rubare» i voti a un Berlusconi che considerano in inevitabile declino.
Non inganni il fatto che Milano sia amministrata da una giunta di centrosinistra. È, e rimane, uno dei principali serbatoi di voti del centrodestra. Pisapia, nel 2011, non ha vinto perché la sua coalizione ha aumentato i consensi (infatti ha preso gli stessi voti di quanti ne aveva avuti, cinque anni prima, Bruno Ferrante, che aveva perso): ha vinto perché è crollato il centrodestra. E nonostante la vulgata non è crollata la Moratti: è crollato un Berlusconi già segnato dalle inchieste su Ruby e dalle difficoltà del suo governo. Oggi l’ex Cavaliere, a torto o a ragione, è dato in ulteriore caduta, e quindi sia Renzi sia Grillo guardano all’ex elettorato di Forza Italia come una possibile risorsa.
Come tutti i duelli, anche quello di ieri si è svolto in uno spazio non più grande di un ring: Renzi, a parte la consueta visita in una scuola, è stato in via Rovello, alla sede dell’Expo, e poi in via Meravigli, alla Camera di Commercio; Grillo ha parlato in un ristorante-discoteca, Le Banque, in via Bassano Porrone, che sta a pochi metri di distanza. Tutto in centrissimo, nel cuore di Milano. Però gli sfidanti non si sono incrociati: Renzi ha parlato in mattinata, Grillo nel pomeriggio. E quando gli è stato chiesto come mai non fosse andato alla sede dell’Expo mentre c’era il premier, il comico ha risposto che non voleva creare tensioni.
Diversa, oltre che l’ora, anche la platea. Renzi ha parlato davanti agli imprenditori, Grillo solo ai giornalisti, in una conferenza stampa. E diverso, anzi opposto, è stato naturalmente il messaggio: Renzi ha detto che l’Expo «è un’opportunità», Grillo che «è una puttanata». Così sono stati fedeli al loro modo di essere: il premier parla di fiducia, insomma chiede di fare; Grillo - anche se ieri più volte si è lamentato di essere dipinto sempre come «il signor no» - chiede di spazzare via tutto e tutti, «come cibo avariato».
Se ci si ferma qui, è chiaro che il duello di ieri l’ha vinto Renzi. Nel senso che i suoi interlocutori, gli iscritti alla Camera di Commercio (un mondo sicuramente a prevalenza berlusconiano o ex berlusconiano), preferiscono sentirsi dire che l’Expo si farà piuttosto che ascoltare discorsi sulla decrescita felice. Il premier ha dispensato ottimismo a un mondo che di ottimismo ha disperatamente bisogno: «È un momento in cui sembra che l’Italia non abbia più la possibilità di un futuro, sembra che tutto quello che si sta per fare debba essere bloccato», ha detto: «Ma anche se i sondaggisti mi hanno sconsigliato di parlare di Expo, sono qui per dirvi che il governo non rinuncia a questa sfida». Un discorso generale, senza entrare nel dettaglio su come si interverrà, ma il messaggio è stato chiaro: «Fermeremo i ladri, non i lavori».
Grillo, invece, nel pomeriggio ha detto ai giornalisti che ladri e lavori vanno di pari passo: «L’Expo è come la Tav: un’associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro pubblico». Grillo, a parte il suo movimento («Noi siamo onesti, perbene e trasparenti») vede un film dell’orrore: a partire da Renzi «l’ebetino», il quale «racconta frottole con la complicità di voi giornalisti»; le banche «degli amici degli amici»; Berlusconi, «una salma che ora promette le dentiere, poveretto non ci crede più neanche lui»; Napolitano, da spedire «anche lui a Cesano Boscone» dopo che «avremo vinto le elezioni e faremo una “gita” a Roma, magari con un milione di persone, per chiedere le sue dimissioni». Insomma il solito Grillo, che ieri ha fatto poco per convincere i delusi del centrodestra. Ma quando tornerà a Milano, e avrà davanti non i giornalisti ma la piazza, gli argomenti per soffiare sul malcontento non gli mancheranno. E questa è sempre stata la sua forza e lo sarà ancora a lungo, fino a quando il mondo che lui denuncia non si deciderà a togliergli almeno qualche argomento.
Michele Brambilla, La Stampa 14/5/2014