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 2014  maggio 14 Mercoledì calendario

«I GEMELLI SONO FIGLI NOSTRI L’ALTRA COPPIA DEVE DARCELI»

«Io, come padre, non posso sopportare che la vita dei nostri figli non ancora nati sia già distrutta da un caso giudiziario». L’intervista potrebbe anche finire qui, con la frase con cui Paolo, 41 anni, esordisce. Dice tutto. I “nostri” figli, non i “loro”. Lui già “padre” di quei due bambini, che però stanno crescendo nel grembo di una donna sconosciuta. E l’ombra della lunga e dolorosa battaglia legale a cui lui e la moglie Elisa (39 anni), loro malgrado, potrebbero andare incontro e che li spaventa.
L’uomo che siede al tavolo di questo bar nel quartiere Ostiense e la donna che ci passa al telefono sono la “coppia biologica” dell’Ospedale Pertini di Roma. Chiedono di non essere fotografati, non vogliono essere citati con i nomi reali, pretendono la massima privacy. «Cercate di capirci, è una situazione delicata, siamo ancora frastornati». I loro embrioni, durante la procedura di fecondazione assistita, sono stati impiantati per errore nell’utero di un’altra signora, che ora sta portando avanti la gravidanza. Per la prima volta, i genitori naturali hanno deciso di parlare, di aprirsi. E di raccontare.
L’impianto è stato fatto il 6 dicembre scorso, ma quando avete saputo di essere stati vittima di uno scambio?
Elisa: «Non sono passati neanche 20 giorni da quando l’abbiamo scoperto. Ci ha telefonato l’ospedale e ci è crollato il mondo addosso. Non pensavamo proprio di essere noi. Eppure, anche se non abbiamo pance da esibire in televisione, abbiamo subito capito cosa vuol dire essere genitori».
In che senso, scusi?
Elisa: «Non abbiamo nulla dei nostri bambini, soltanto una cosa: le analisi genetiche che ci ha inviato l’ospedale. Le guardiamo e le riguardiamo, sono i nostri quattro codici tutti su una pagina, quattro colonne affiancate, ci sorprendiamo a vedere le somiglianze dei caratteri, ci emozioniamo a pensarli, a immaginarceli... sono loro, siamo noi! Per ora abbiamo solo questo, ma permetteteci di considerarla la nostra prima foto di famiglia».
Paolo: «Le nostre vite sono già inesorabilmente cambiate, e cambieranno ancora. Questa è una storia lunga, tante pagine devono essere scritte. Ora deve prevalere il senso di responsabilità di tutti. Una diatriba mediatica tra noi e l’altra coppia non servirebbe a nessuno».
E però gli altri coniugi si sono già esposti e hanno detto che, una volta terminata la gravidanza, vogliono tenere i due figli, anche a costo di mettere in mezzo gli avvocati.
Paolo: «Non è il momento delle polemiche, adesso. Tra l’altro non so nemmeno di chi stiamo parlando. A quasi un mese dal fatto, pur avendo consegnato al Pertini la richiesta formale di accesso ai dati, non ci hanno ancora detto i loro nomi. Non sappiamo chi siano, dove vivano, cosa facciano. Non sappiamo niente di loro. Tutta questa lentezza burocratica è un altro motivo di rammarico. Anche perché noi li vogliamo incontrare, se sono disposti. Vogliamo parlarci, provare a risolvere la questione».
Elisa: «In questa assurda vicenda l’unica cosa veramente importante è proteggere e tutelare i nostri figli. Non ci sono diritti se non i loro, non ci sono verità se non le loro. Mi pare evidente che quello che stiamo vivendo è un incubo. Ma noi possiamo sopportare. Quello che non possiamo consentire è che i nostri bambini diventino vittima degli sbagli altrui».
È chiaro, da come parlate, che il vostro obiettivo sia di riaverli. Ma cosa vi aspettate da questo incontro, se mai ci sarà? Che accettino di riconsegnarvi uno o entrambi i neonati dopo il parto? O volete proporre una sorta di famiglia allargata?
Paolo: «Noi non crediamo che l’ipotesi della famiglia allargata sia fattibile, ci aspettiamo qualcos’altro. Ma di questo parleremo direttamente con l’altra coppia, non è il caso di farlo con un’intervista sul giornale. Ribadisco, è importante vederci».
Elisa: «Abbiamo cercato e voluto i nostri bambini con tutti noi stessi, sono loro la priorità. È difficile spiegare o far capire la sofferenza di una gestazione negata. Non ho mai visto una loro ecografia, né ho mai sentito un solo battito dei loro cuori. Ma, forse ancor di più per questo, sentiamo fortissimo il legame indissolubile che lega le nostre quattro vite».
La legge, tra l’altro, seppure nel vuoto normativo dove si sistema questo inedito caso, al momento è dalla parte degli altri coniugi, perché “la madre dei figli è colei che li partorisce”.
Elisa: «Ecco, allora allo stesso servizio pubblico che ha sbagliato, e ci ha reso vittime di un errore, adesso chiediamo una soluzione. I bambini meritano risposte, certezze e verità, meritano che qualcuno riempia quel vuoto legislativo in cui ci troviamo. Così che possa essere ristabilita la serenità di cui hanno diritto».
Paolo: «Mi sembra di capire, da quello che ho letto, che non vi sia certezza normativa di quale potrebbe essere l’esito se il caso finisse eventualmente in Tribunale. Perciò mi unisco all’appello di mia moglie affinché le istituzioni, lo Stato, possano disciplinare questo caso, sicuramente unico. Nell’interesse delle due vite che stanno per arrivare, senza strumentalizzazioni di qualsiasi natura. E prima che intervengano magistrati o avvocati».