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 2014  maggio 14 Mercoledì calendario

RENZI PENSA DI FARSI LA LISTA PERSONALE TREMANO IL PD E FI


Il racconto è di un alto dirigente del Pd oggi fuori dai giochi, ma profondo conoscitore degli umori e della pancia di quel partito: «Venerdì scorso a Modena è riapparso Pier Luigi Bersani, davvero in forma come non avrei immaginato dopo i noti problemi di salute. Aveva impegni per la campagna elettorale, ma ne ha approfittato per riunire un gruppo dei suoi di cui faceva parte Maurizio Migliavacca. Hanno parlato del Pd di questo periodo, e dopo le primarie del dicembre scorso pare che stiano rinserrando le fila. Anche perché i renziani sembrano assai meno forti e credibili del leader. Non pensavo però ci fosse tanta acrimonia nei confronti di Matteo Renzi». A pochi passi ascolta la conversazione un autorevole esponente di Forza Italia in buoni rapporti con il Pd: «Eh, questo caos interno a voi è il vero tema della politica italiana di questi mesi. La sento anche io questa rabbia nei confronti di Renzi e il desiderio di vendetta. Ma oggi non possono fare nulla di nulla. C’è il vento in poppa al premier, ha il favore generale dell’opinione pubblica e nessuno è così suicida. Non accadrà nulla, oggi. Fra sei o sette mesi sarà un altro paio di maniche, naturalmente. E lì qualche rischio ci sarà ovviamente. Tanto più se emergeranno promesse non mantenute fra le tante fatte un po’ avventatamente...». Attenzione però, avverte l’alto dirigente del Pd, «perché Renzi ha come asso nella manica una scelta che stenderebbe sia noi che voi. Se lo fai ballare lui davvero va alle elezioni, e tira fuori la lista Renzi che sarebbe la vera fine del Pd...». E non solo: «Anche la fine nostra», ammette l’esponente di Forza Italia, «perché oggi ancora fra gli elettori moderati c’è una certa resistenza al premier. Ne sentono il fascino, sicuramente. E infatti quando lo attacchiamo troppo ti dicono di lasciarlo lavorare. Prima di dare il voto al Pd però sono pronti a contare da uno a mille, ed è quasi impossibile che lo facciano. Con la lista Renzi quelle remore verrebbero probabilmente meno. Ci conviene evitarlo assolutamente. E l’unico modo per farlo è quello di oggi: stare al famoso patto sulle riforme, perché l’Italia la vogliamo cambiare anche noi. E poi quel patto è la nostra forza, perché fa molto discutere a sinistra e semmai indebolisce Renzi».
A dire il vero viene male digerito anche nel centrodestra, come si sta vedendo in Senato. Pure Renato Brunetta ha sfidato a tirare fuori il testo di quell’accordo per mettere a tacere i mal di pancia interni... «Ecco», dice il dirigente azzurro, «da quel che mi hanno raccontato c’è da sperare l’esatto contrario: che Renzi non renda pubblica tutta la documentazione che ha sull’accordo del Nazareno, perché a rimetterci saremmo noi, non lui. Sembra che il famoso incontro sia stato lungamente preparato nel mese che lo ha preceduto, con una trattativa vera e propria e un reciproco scambio di mail. Chi le ha viste sostiene che è meglio non insistere troppo sulla pubblicità degli atti...».
Scenari futuri, ed è vero che l’orizzonte politico è fragile: tutto sta cambiando, e radicalmente. C’è però un appuntamento assai più vicino che può orientare il destino di Renzi, del Pd, di Forza Italia, del Ncd di Angelino Alfano e di molti altri: quello con le urne del 25 maggio per le elezioni europee. Perché se le dovesse vincere Beppe Grillo (Velina rossa che ci passa accanto sostiene che nei sondaggi segreti il Movimento 5 Stelle è ormai stabilmente davanti al Pd), tutto potrebbe cambiare... «No», reagisce quasi all’unisono la strana coppia Pd-Forza Italia, «non cambierebbe un granché con la vittoria di Grillo. Non è così decisiva nemmeno sugli orizzonti del governo».
Provo ad obiettare che una sconfitta di Renzi alla prima prova del fuoco non potrebbe restare senza conseguenze, visto il folto gruppo di nemici che cova in seno. A sorpresa è l’esponente di Forza Italia ad essere più scettico sulle conseguenze negative: «Renzi non corre a queste elezioni, corre il Pd. Se va bene, il premier si prende il merito. Se andasse male la girerà contro il Pd dicendo che non lo lasciano lavorare, che gli fanno la guerra contro...». Come Berlusconi... «Però più credibile di lui, perché il Pd non l’ha creato Renzi».
Allora cosa sarà decisivo nell’appuntamento delle europee? «L’affluenza, si decide tutto sull’affluenza», rispondono all’unisono i due avversari politici. Entrambi ritengono che sia stato sottovalutato un elemento: «Questa volta si voterà un giorno solo, la domenica. E molti italiani non lo sanno. Vero che alle ultime europee non si era votato di lunedì, però le urne furono aperte già sabato pomeriggio. Da lustri gli italiani sono abituati a votare un giorno e mezzo, e questo inciderà». Questo terrà quindi qualcuno in più lontano dalle urne. Chi danneggerà? «Se l’affluenza sarà più bassa, per noi meglio», confida il dirigente Pd, spiegando che «meno gente voterà più sarà facile per Renzi raggiungere quota 32 o 34 per cento». Speranza opposta per l’esponente di Forza Italia: «Bisogna essere chiari. La campagna elettorale è tutta ancora da giocare, e come sempre Silvio Berlusconi potrà fare la differenza. Ad oggi però noi riusciamo a superare quota 20% solo se andrà al voto fra il 63 e il 65 per cento degli italiani. Con una quota di votanti così avrebbe invece qualche difficoltà a superare lo sbarramento del 4% l’Ncd-Udc di Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini che potrebbe restare sotto. Loro infatti raccoglieranno quasi nulla del voto di opinione. È quasi tutto voto organizzato. Ma naturalmente un milione di voti pesa in un modo se vota il 55-56%e in un altro se alle urne ci dovesse andare il 63-65%. Le previsioni sono di un grande astensionismo, però venti milioni di italiani sono chiamati a scegliere anche i loro sindaci ed assessori. Lì ci sono interessi veri. Speriamo davvero vadano a votare, e allora ce la facciamo anche noi...».