Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 13/5/2014, 13 maggio 2014
GRAN BALZO CINESE NELLA FINANZA GLOBALE
La Cina tenta il gran balzo nella finanza globale. La riforma più attesa, quella dei mercati di capitale, diventa - nei piani dei vertici di Pechino - lo strumento per dare nuova linfa all’economia reale rafforzando la crescita inchiodata, finora, al 7,4 del primo trimestre.
Ad annunciarlo, infatti, è lo State Council mentre le istruzioni complete, racchiuse in nove capitoli, fanno parte di un corpus a sé: daranno certamente filo da torcere agli operatori finanziari che dovranno interpretarle e poi prepararsi ad applicarle in un contesto estremamente fluido. Intanto, stanno lì a dire che i vari enti regolatori, spesso in conflitto tra di loro, possono procedere: il via libero politico, adesso, c’è.
Ma lo State Council ha messo insieme, a ben guardare, quasi l’impossibile: dalle attese guidelines per le Ipo (ben duecento quelle ai blocchi di partenza più altrettante ancora in fase di predisposizione dei prospetti) alle operazioni crossborder a Taiwan, Hong Kong e Macao, dall’aumento delle quote per gli investitori esteri qualificati ai bond delle municipalità, dal mercato dei future delle materie prime alla revisione del mercato obbligazionario.
Alcune misure rischiano di "cannibalizzarsi" a vicenda come l’apertura delle quote agli investitori stranieri rispetto alle regole sulle Ipo; altre, come la revisione del regime di delisting, erano attese e richieste a gran voce da tempo, specie dalle aziende in attesa di quotarsi.
La premessa dei nove capitoli firmati dallo State Council è che i mercati di capitali di Mainland China non sono ancora maturi, però ci provano, a diventarlo, affrontando il giro di boa della maggiore età. Tuttavia spetta sempre al Governo della Repubblica popolare cinese adempiere le sue funzioni di regolamentazione, supervisione e controllo «per creare un ambiente equo di mercato concorrenziale, tutelare i legittimi diritti e gli interessi degli investitori, mantenendo efficacemente l’ordine nel mercato».
Prima di tutto si mette mano al mercato azionario, toccando il sistema di registrazione dei titoli. Si fa riferimento al rafforzamento del mercato secondario per le Pmi, quelle che dovrebbero trovare nella borsa la fonte preziosa di finanziamento. Fanno capolino, nella riforma, perfino i piani di stock option per i dipendenti e si fanno grandi riferimenti alle acquisizioni e fusioni. Mentre per le Ipo si traccia un percorso dettagliato, il sistema di delisting diventa la ramazza con la quale fare pulizia (decine di società sono in odore di insider trading), specie nei casi di conclamata frode delle società quotate per le quali scatterà il delisting obbligatorio. Poi si passa al mercato obbligazionario puntando a diversificare i prodotti per i diversi gruppi di investitori. Qui fa l’apparizione il sistema dei titoli emessi dagli enti locali che dovrebbero diventare l’architrave di un’urbanizzazione sostenibile anche dal punto di finanziario: troppe città si finanziano vendendo la terra sempre più scarsa, spesso sottoscrivendo prodotti collaterali ad alto rischio, debiti che si finisce per non onorare.
La riforma punta anche a promuovere il regolare flusso delle obbligazioni cross-market, introducendo anche un sistema di registrazione obbligazionario. E grande enfasi viene messa sulla costruzione di un mercato dei futures delle materie prime, dalle opzioni su commodity, agli indici sulle materie prime, al trading delle emissioni di carbonio. Ma, in un’epoca di rampante finanza online, non poteva mancare l’internet banking che sarà anch’esso valorizzato.
L’apertura all’estero e agli scambi cross-border, con Hong Kong e Macao, regioni amministrative speciali e con Taiwan, renderanno necessario rafforzare la cooperazione anche per reprimere ogni tipo di attività di raccolta fondi o di manovre illegali.
Insomma, bisognerà premunirsi e disinnescare i rischi finanziari, specie a livello transfrontaliero e del wealth management che con il suo trilione di dollari di peso incombe sul mercato. Forte è la preoccupazione di creare anticorpi contro le tentazioni speculative, ad esempio sui futures, per i quali si propone una sorta di Future Act. Ma che cosa davvero succederà, prossimamente, non è possibile prevederlo.
L’apertura all’esterno, in ogni caso, è particolarmente accentuata rispetto al passato. «La Cina, intanto, sta apprendendo le tecniche della finanza, sta imparando», osserva Alessandro Varaldo direttore commerciale di Eurizon Capital SGR, tra i primi fondi attivi in Cina e oggetto di attenta analisi da parte dei cinesi. «È presto per dirlo, il mercato oggi è in una fase di wait and see», gli fa eco Giulio Pagliai di Az Fund Management, altra realtà che è riuscita a farsi strada in Mainland China.
Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 13/5/2014