Morya Longo, Il Sole 24 Ore 13/5/2014, 13 maggio 2014
L’APPEAL TIENE, MA IL PREMIO SALE
Quei 6 centesimi di rendimento in più che i BoT annuali hanno dovuto offrire ieri, rispetto all’ultimo collocamento dello scorso aprile, raccontano una duplice storia: dimostrano da un lato che più di tanto i rendimenti a breve termine non possono scendere (ormai i tassi reali sono negativi), ma dall’altro fanno capire che all’Italia basta aumentare di pochi centesimi i tassi d’interesse per incontrare ancora un buon interesse da parte degli investitori. Ieri in asta la domanda è stata infatti buona, a fronte di tassi d’interesse in lieve crescita. Il rally delle Borse europee, trainato da Piazza Affari, lancia lo stesso messaggio: gli investitori continuano a guardare all’Italia con grande voglia di investire. La seduta di ieri, con i suoi record di Borsa e con le sue aste di titoli di Stato, permette dunque di mettere bene a fuoco il modo con cui gli investitori internazionali vedono il nostro Paese: un ottimo posto ancora dove investire, a patto che le remunerazioni offerte siano appetibili. Le azioni garantiscono ancora buone valutazioni: dunque sono tutt’ora ben gettonate. I BoT non pagano più i rendimenti appetibili di una volta, ma al Tesoro basta offrire poco di più che la voglia di comprarli torna. Sia l’asta di BoT sia l’andamento della Borsa confermano dunque che l’Italia resta al centro del mercato finanziario. Con tutti i vantaggi e tutti i rischi che questo comporta. Meno margini sui BoT I titoli di Stato a breve termine sono quelli che offrono meno. Per gli investitori finali, cioè per i fondi e i piccoli risparmiatori, comprare BoT è infatti ormai quasi come mettere i soldi sotto al materasso: sostanzialmente inutile. Mediamente – calcola UniCredit – i BoT sono stati collocati quest’anno a un rendimento medio dello 0,60%. I Buoni annuali ieri sono stati venduti dal Tesoro con un rendimento lordo dello 0,65%. Si tratta di un tasso d’interesse in parte mangiato dalle tasse e dalle commissioni, in parte spolpato dal costo della vita. L’ultimo dato di aprile mostrava in Italia un’inflazione dello 0,6% e le previsioni sull’intero 2014 sono sostanzialmente analoghe: 0,6% secondo UniCredit, 0,8% secondo Intesa Sanpaolo. Morale: il rendimento reale dei BoT è nullo o negativo. E anche per le tesorerie delle banche, tradizionali compratori di BoT, la polpa su questi titoli di Stato scarseggia sempre più. Dato che negli ultimi mesi sono risaliti un po’ i tassi del mercato interbancario, dove tradizionalmente le banche si finanziano anche per comprare BoT, i Buoni del Tesoro sono diventati meno convenienti anche per loro. Ieri una banca che abbia preso in prestito denaro con la scadenza di una settimana, ha pagato un tasso d’interesse dello 0,30%: se con questi soldi ha comprato BoT al tasso dello 0,65%, la banca in questione ha ottenuto un margine di guadagno di appena lo 0,35%. Poco, rispetto a solo un mese e mezzo fa, quando il tasso interbancario era più basso (0,20%). Ma ieri è bastato un lieve aumento dei rendimenti, che la domanda è cresciuta rispetto all’ultima asta di BoT annuali: segno che l’interesse, ai prezzi giusti, c’è. La scommessa sulla Bce I motivi per cui Piazza Affari attira in massa gli investitori e per cui anche i BoT registrano un buon interesse, sono sostanzialmente due. Il primo riguarda le valutazioni: le azioni di Piazza Affari sono tutt’ora sottovalutate (anche se hanno corso molto) rispetto a quelle di molte altre Borse mondiali. E i titoli di Stato, seppur smagriti da oltre due anni di corsa, offrono pur sempre più di quelli di molti altri Paesi. Il secondo motivo riguarda l’attesa per la Bce. La settimana scorsa il presidente Draghi ha detto che a giugno la Bce avvierà una qualche politica espansiva per smorzare il rincaro dell’euro e per far risalire l’inflazione. Questo ha rinvigorito la fantasia (e la speculazione) degli investitori, che si aspettano iniezioni di liquidità o altri interventi. In quest’ottica, anche i titoli di Stato riprendono appeal. Così l’Italia e l’Europa intera continuano a correre sui mercati finanziari. Peccato solo che l’economia reale, con la sua massa incredibile di disoccupati, non stia al passo.
Morya Longo, Il Sole 24 Ore 13/5/2014