Camilla Conti, Il Fatto Quotidiano 13/5/2014, 13 maggio 2014
VITTORIO GRILLI SI RICICLA: DA MINISTRO A JP MORGAN
Milano
A volte ritornano? No, sempre. E nel caso dei civil servant, spesso ricompaiono su poltrone di banche d’affari internazionali o assoldati come advisor – consulenti – delle grandi firme della finanza. Vittorio Grilli non fa eccezione, anzi. È la conferma della prassi consolidata delle porte girevoli fra banche e politica. Esci da una, quella di via XX Settembre a Roma, e ne varchi (quasi) subito un’altra: quella del colosso americano Jp Morgan a Londra. L’ex ministro del Tesoro del governo Monti, è infatti entrato in JP Morgan come responsabile del Corporate and Investment Banking per Europa, Medio Oriente, Africa.
In dote Grilli porta un lungo curriculum: bocconiano, ha conseguito un master e un PhD alla Rochester di New York. È stato anche assistente aYale e al Birkbeck College di Londra. Al Tesoro è entrato nel 1994, fino al 2000 è stato a capo della direzione per le privatizzazioni. Poi, dopo una breve parentesi in Credit Suisse, è tornato alle Finanze come direttore generale e infine nel 2012 è diventato ministro chiamato da Mario Monti. La sua esperienza in temi economici e mercati finanziari darà un “beneficio impagabile ai nostri clienti e alla società”, scrivono in una nota gli americani di Jp Morgan. La banca incaricato l’ex ministro di seguire, dal suo nuovo ufficio nella City, i clienti della banca sui temi macroeconomici, gli sviluppi del mercato globale e la politica europea.
LA NOMINA ANNUNCIATA
Ieri non è una sorpresa: il corteggiamento va avanti da anni. Il 14 novembre del 2011, il giorno prima del varo del governo Monti, lo stesso Grilli aveva definite “voci infondate e dannose” le ipotesi circolate su un suo passaggio a Jp Morgan. Nell’estate di quell’anno si era parlato di lui come di un possibile successore di Mario Draghi alla guida di Banca d’Italia. Il suo sponsor era Giulio Tremonti ma Grilli aveva chiesto una mano anche a Massimo Ponzellini, al tempo presidente della Banca Popolare di Milano, poi finito al centro di un’inchiesta per finanziamenti facili a un giro di “amici”. Diplomazie e relazioni che servono a poco, alla fine la spunta Ignazio Visco. Poco male, visto che Monti lo chiama al suo fianco come viceministro dell’Economia lasciandogli la poltrona più alta qualche mese dopo. Grilli rimane al Tesoro fino al termine del mandato dell’Esecutivo, il 28 aprile 2013.
Oggi ha finalmente terminato il “purgatorio” durato un anno per rispettare la legge Frattini in base alla quale un ministro deve aspettare dodici mesi dalla cessazione del mandato prima di ricoprire cariche o esercitare compiti di gestione in società “che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta” in precedenza. Ma lo stop è servito anche per lasciar decantare alcune vicende imbarazzanti.
Grilli ha dovuto smentire con una lettera al Sole 24 Ore di aver esercitato pressioni per far ottenere consulenze in Fin-meccanica (partecipata dal Tesoro) all’ex moglie, l’americana Lisa Lowenstein. É stato al centro di una polemica per l’acquisto nel 2004 di un appartamento ai Parioli finanziato dal Monte dei Paschi con un mutuo superiore all’importo del valore della casa. Lo stesso Monte rimasto travolto dall’inchiesta sull’acquisto di Antonveneta, deciso negli anni in cui Grilli era direttore generale del Tesoro cui spetta la vigilanza sulle Fondazioni come quella senese che si era fortemente indebitata per finanziare l’operazione. Fra i faldoni dell’inchiesta della procura senese c’è anche un suo interrogatorio del settembre 2012. Ai pm Grilli spiega che l’autorizzazione alla partecipazione all’aumento di capitale dal punto di vista del ministero rafforzava sia la banca sia l’investimento della Fondazione. Perché “la preoccupazione del Tesoro era anche quella di salvaguardare il sistema finanziario italiano”. Nel mirino della stessa inchiesta, spostata di recente da Siena a Milano, è finita anche una grande banca d’affari americana: Jp Morgan.
Camilla Conti, Il Fatto Quotidiano 13/5/2014