Alberto Arbasino, la Repubblica 13/5/2014, 13 maggio 2014
C’ERA UNA VOLTA IL CICA-BUM DELLA DOLCE VITA DI CAPRI
CAPRI
Signorilità, sobrietà, serenità, sostenibilità, securtà, flessibilità, falpalà, modalità con opportune modifiche...
«A Capri c’è la gioia della vita», si cantava una volta. «A Capri c’è la cica-cica-bum-ci»... Bei tempi. Soltanto Wanda Osiris poteva permettersi di gorgheggiare «Portami alla Bella Napoli, dove tutto è sci-sci», giacché a Milano quel ristorante era nello stesso edificio del Lirico. Qui a Capri, fra salite e discese, piazzette e scalette, in qualunque stagione i lungodegenti potevano risparmiare in soggiorni durevoli, giacché cibi e alloggi erano cheap.
Forse adesso i più vegliardi sentono maggiormente la fatica di tanti gradini e scalini e gambe più o meno tese fra urne, barche, banche, bacheche, patti, sorti, santi, garanzie, mercati, riforme, rassegne, rassegnati, residenti, interventi, occupanti, movimenti, avvisi, ascolti, vigilanti, salvaguardie, volontariati, imprese anche statali, molecolari, titolari, tutto un mediare, rinnovare, in cerca, nodi, snodi, forze, fusioni, benefici, condivisibili, populisti, artisti, eredità, dignità, speranze, approcci, viabilità, fibrillazioni... E scalinate, scalinatelle... Gradinate... Gradinatelle? Cool? *** Secondo le canzoni più popolari, la saggezza consiste nello «scordarsi o’ passato»? Ma così non si finisce a perdere tutto ciò che sarebbe Tradizione? Memoria storica? Costumanza? *** In quei bei vecchi tempi, fra la postina della Val Gardena e una luna piena che «ti porterà fortuna », spesso la «Wandissima» cantava «Se mi vuoi beeene, mi devi regalar la Citröen!», ripetendo più volte il nome e la marca, in epoche ancora prive di pubblicità. «Al Liric in pé», un allegro coro domenicale e suburbano (la Brianza non era ancora arricchita) replicava: «Costa troppi soldi, e non ce li ho nemmen!». *** Coinvolgere... coinvolgere... coinvolgere... Tutti impietosi, trasgressivi, irriverenti... Ma non villani, sfacciati, sfrontati, impuniti, impudenti, insolenti... Piuttosto allora cheap, cool, cult, forse trendy... Magari top, pop, rock, dark... ma che cos’è quel fil rouge che rovina tutto il curriculum folk e funk e punk dell’outlet? *** Circa gli Illuministi più o meno “illuminati”, si può forse ricordare che ai bei vecchi tempi di Blue Moon (e tanti nostri gagà con occhioni sognanti da piano-bar: «ma tu, pallida luna, perché...»), non si pensava minimamente a qualche spaccio subliminale di cocaina... Mentre invece quando in seguito lo stesso Frank Sinatra intonava «Strangers in the night – exchanging glances – making advances – until the night is through...» non vi furono dubbi, fra i gay. «È la nostra canzone!». Infatti le mafie avevano deciso cospicui investimenti nei gay bars. E le canzoni venivano mandate avanti. Anche più che Noël Coward. «Ever since that night – we stayed together – love was at first sight – but was forever»... *** «I libri sono pericolosi – perciò li bruciano», secondo un titolo di Pierluigi Battista. E un suo bigliettino allegato: «I libri non si bruciano. Al massimo si rivendono». Già, ma se nessuno li compra o li legge? *** Ma insomma, che cosa succede nella realtà, in Venezuela? Sulla Repubblica del 12 maggio, alcune cartoline terrorizzanti insistono sui «veri conflitti» locali. Mentre noi ci cullavamo nell’illusione, avallata da un maestro come Claudio Abbado, di un sistema scolastico in grado di insegnare la musica a migliaia di ragazzini, senza però spiegare come poi trarne un guadagno, su una popolazione povera, di circa 27 milioni. «Con violazione dei diritti umani come politica di Stato», secondo queste cartoline. Ma che dire? Che fare? *** Quando era sovrintendente all’Opera di Zurigo, Alexander Pereira spiegava i sei o sette (o addirittura otto!) spettacoli settimanali, indicando i camion lì pronti per smontare gli scenari, e rimontarne altri il mattino dopo. In periferia, in certi capannoni, c’erano diversi boccascena assolutamente analoghi. E perciò era semplice e pratico decostruire qui, e rifare là. E viceversa. L’estate scorsa, a Salisburgo, si notava piuttosto un grosso problema, e un pericolo: come non far sembrare troppo spopolata quella vastissima sconfortante scena del Grosses Festspielhaus. Dove anche un corpulento può apparire un nanetto. E dunque, una faccenda non sempre ben risolta dai registi Peter Stein e Stefan Herheim, per il Don Carlo verdiano e i Maestri Cantori wagneriani, stupendamente diretti da Antonio Pappano e Daniele Gatti, e magnificamente cantati, secondo le recensioni. (Si è anche visto un lento e noioso Così fan tutte – e ce ne vuole, per rendere noiosa e lenta un’opera così svelta... – ma giudiziosamente non appare inserita nel “pacchetto” per la Scala). Forse, però, adesso, anche una differenza d’apertura dimensionale dei boccascena, fra le diverse questioni milanesi e scaligere?
Alberto Arbasino, la Repubblica 13/5/2014