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 2014  maggio 13 Martedì calendario

“IL MIO SLOW FOOD CON I PIEDI PER TERRA”

[Intervista a Gaetano Pascale] –

Slow Food Revolution: per la prima volta nella storia dell’associazione, il presidente italiano della chiocciola paladina del cibo «buono, pulito e giusto» non arriva da Bra, ovvero dalla città in provincia di Cuneo dove tutto è nato 28 anni fa, ma dal Sud Italia.
A deciderlo sono stati i 771 delegati regionali che domenica a Riva del Garda, al termine del congresso nazionale, hanno espresso il 61% delle preferenze per l’agronomo di Benevento Gaetano Pascale, contro il 39% andato a favore di Cinzia Scaffidi, l’altra candidata, espressione dello storico gruppo dirigenziale braidese. Una svolta epocale, dopo la guida ventennale di Carlo Petrini e i due mandati affidati al presidente uscente, Roberto Burdese.
Quarantacinque anni, sposato con due figli, Pascale è attivo nell’associazione fin dal 1997, dove ha ricoperto la carica di presidente di Slow Food Campania e docente ai Master of Food per i corsi di vino e olio.
Pascale, e adesso?
«Adesso dimentichiamoci tutti per chi abbiamo votato: non esistono più due squadre, ma un’unica, grande associazione. Il congresso esce unito e ora dobbiamo fare in modo che il nostro patrimonio più importante, cioè le persone, siano messe nelle condizioni migliori per dedicare le proprie energie a tutte le buone cause che Slow Food sostiene ogni giorno. Cinzia porterà il contributo della lista che ha rappresentato nel nostro comitato esecutivo, e questo ci rende più forti e coesi».
Carlin Petrini le ha dato qualche consiglio?
«Sono stato io stesso a chiedergli subito aiuto, spero di instaurare un dialogo fitto con lui. Per ora mi ha suggerito di volare alto e di attingere molto da tutte le risorse dell’associazione».
Ha già fatto le valigie per Bra?
«Ci arriverò domani (oggi, ndr). Sono stato in segreteria per anni, ma ho bisogno di prendere coscienza della macchina e delle dinamiche complessive. Un’esigenza non solo personale: al più presto partiremo con un censimento su tutto il mondo Slow Food. C’è bisogno di una grande opera di mappatura per capire chi siamo, quanti siamo e chi sono i nostri interlocutori».
Ecco: che cos’è oggi Slow Food?
«È un progetto di vita che, attraverso il cibo, migliora l’ambiente, l’economia, la salute e il benessere delle persone. La maggior parte di noi viene dal volontariato, e non avrebbe senso spendere così tanto tempo ed energia se ragionassimo in modo diverso».
I vostri principali obiettivi?
«Dobbiamo guadagnare credibilità e autorevolezza nella società civile, per incidere maggiormente sui sistemi alimentari locali, nazionali e internazionali. Vorrei rendere più capillare la rete di Terra Madre con le sue comunità del cibo e poi far crescere i numeri dell’associazione, con più soci e più presìdi per rivolgerci a una parte consistente dell’agricoltura italiana».
Una Slow Food più concreta e meno sognatrice?
«Dobbiamo tenere lo sguardo alto, ma con i piedi ben piantati per terra. O siamo in grado di aprire il nostro recinto, o non abbiamo futuro. In Campania, con un progetto sperimentale siamo entrati in un centro commerciale, coinvolgendo cinquemila bambini di un hinterland degradato e realizzando un orto in quello che era solo un parcheggio. Qualche purista ha storto il naso, ma è solo sporcandosi le mani che si cambiamo le cose».
Cosa ne pensa di «Safety for Food», il progetto presentato ieri che mira a creare un passaporto digitale per rendere rintracciabili i prodotti agroalimentari?
«Quando la tecnologia viene in aiuto alla trasparenza e all’onestà, è sempre un ottimo risultato. Ma a patto che sia uno strumento snello, non l’ennesimo obbligo burocratico che soffoca i contadini».

Roberto Fiori, La Stampa 13/5/2014