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 2014  maggio 13 Martedì calendario

E THOHIR SPIAZZÒ I SUOI TIFOSI: «L’INTER VINCE GRAZIE AD ALLAH»



Provoca un certo straniamento, una sensazione di stupore, il ringraziamento che il presidente dell’Inter Erik Thohir ha espresso a conclusione della penultima giornata di campionato. La vittoria della sua squadra con la Lazio e il successivo pareggio tra Torino e Parma, concorrenti nell’accesso all’Europa League, hanno consegnato alla compagine nerazzurra la certezza matematica di essersi qualificata per la coppa del prossimo anno. «Grazie ad Allah siamo in Europa», ha digitato sul suo smartphone Thohir. Ma l’sms è divenuto di pubblico dominio perché inviato al quotidiano indonesiano Republika . 
Straniamento, dicevamo. E sorpresa. Intanto perché non capita spesso che un dirigente sportivo al termine di una competizione ringrazi più o meno pubblicamente una divinità, quale che sia. Scaramanzie a parte, tipo il segno della croce che quasi tutti i giocatori si fanno al momento dell’ingresso in campo, il mondo del calcio non è abituato a tirare in ballo il trascendente in questioni di gioco perché, si sa, «la palla è rotonda». E a dirla tutta, non è detto che questa distanza sia un male, anzi.
Tuttavia, nella fattispecie, il senso maggiore di straniamento lo si avverte perché il destinatario della gratitudine è il dio dell’Islam. Riflettendo a freddo sulla vicenda non c’è molto da meravigliarsi. Non è che potevamo immaginare che il facoltoso tycoon di Giacarta, capitale dell’Indonesia, «il più popoloso paese a maggioranza musulmana » (Wikipedia), fosse di confessione cristiana. E di conseguenza non potevamo aspettarci che, conquistato un apprezzabile traguardo al termine di una stagione sofferta, rivolgesse il suo grazie al nostro Dio.
 Tuttavia, la sorpresa permane e in alcuni ambienti potrebbe tramutarsi in disappunto. Per dire, qualche tifoso nerazzurro di solida fede cattolica potrebbe non essere proprio entusiasta della gratitudine del suo presidente. Senza fare del campanilismo, siamo abituati a vedere le squadre di calcio come qualcosa di radicato nella storia e nella tradizione del nostro Paese. Invece, tutto cambia ad una velocità impressionante: l’Inter è una squadra di Milano e dopo un successo il suo presidente ringrazia Allah.
Meraviglie della globalizzazione. Il patron del Paris Saint Germain, fresco campione di Francia, è uno sceicco del Qatar. Il campionato britannico è stato appena vinto dal Manchester City, di proprietà di un emiro di Abu Dhabi. Ma non sembra che per raggiungere questi lusinghieri traguardi abbiano chiesto l’intervento di Allah. Fino a un paio d’anni fa a Glasgow, in Scozia, prima del fallimento dei Rangers, resistevano due squadre di discreto blasone, una di fede protestante, i Rangers appunto, e l’altra di preferenza cattolica, il Celtic. I derby erano accesissimi e correttissimi. Altri tempi e altri orgogli. Anche il famoso segno della croce, portato per abitudine e come detto simbolo di scaramanzia, è comunque espressione dell’appartenenza pur vaga a una cultura e a una storia. Oggi le leggi dell’economia e della comunicazione contano di più e scavalcano i confini locali e nazionali.
Tornando in Italia, l’Inter aveva sempre avuto presidenti milanesi. E le cose non erano andate così male. Oltre a mogli e buoi, dobbiamo aggiungere anche presidenti di calcio al proverbio dei paesi tuoi?