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 2014  maggio 13 Martedì calendario

AL QAEDA DIETRO AL TRAFFICO DI ESSERI UMANI

LA LINEA DURA? IN SPAGNA HA FUNZIONATO –

ROMA Il collasso della Libia, la guerra che ha prodotto il linciaggio di Gheddafi ma non l’ordine e la democrazia, sono all’origine del flusso di decine di migliaia di profughi (in prospettiva centinaia di migliaia) alla disperata ricerca di un approdo in Europa dalle coste libiche. Il business del traffico di esseri umani è gestito dalle tribù e dai gruppi di ribelli e alqaedisti che prima erano tenuti a bada dal regime. In più, l’Italia aveva concordato con Tripoli dei protocolli grazie ai quali era cominciato un sia pur timido ma efficace pattugliamento delle coste con mezzi italiani e supporto libico. Adesso nulla. Lo scoppio delle primavere arabe e la guerra civile infinita in Siria, insieme al caos egiziano e all’instabilità nell’Africa Occidentale dal Mali alla Nigeria, hanno reso incandescente la situazione. Il flusso dal continente può prendere due strade. Ma una, quella dal Marocco, è vietata dalla dura reazione della Guardia Civil spagnola nelle enclave di Ceuta e Melilla, e dal catenaccio di Frontex che sorveglia le frontiere europee. Il primo maggio, per esempio, in 800 hanno dato l’assalto al Muro di Melilla ma 18 sono stati feriti e nessuno è passato. Gli spagnoli impiegano gas al peperoncino e proiettili di gomma. Le Organizzazioni non governative a Ceuta parlano di «gambe e teste rotte e tagli di vario genere». Nel rimpallo tra iberici e marocchini, i fuggiaschi si ritrovano anche per ore nella terra di nessuno senza soccorsi. Strada chiusa. Una “autostrada”, invece, quella che attraverso il deserto libico porta gli sventurati dall’Africa e dal Medio Oriente, dal Maghreb al Corno d’Africa, dall’Egitto alla Siria, alle spiagge degli scafisti.
SENZA CARBURANTE
Scafisti che ormai possono anche risparmiare sul carburante e sulla qualità dei natanti: il dispositivo Mare Nostrum prevede infatti che appena un radar italiano inquadra i boat people intervengano fregate e anfibi per il salvataggio in mare e la scorta fino ai porti italiani. In Sicilia e Calabria.
I numeri parlano chiaro. L’afflusso di migranti ha raggiunto e superato il ritmo del 2011, l’anno delle primavere arabe. A fine aprile, erano sbarcati in 25mila nel 2014 (oggi già 28mila), rispetto agli 11mila di tutto il 2013. Ma 7 Centri di identificazione e accoglienza (Cie) su 12 sono devastati dalle rivolte. I profughi sono per lo più eritrei (oltre 5mila), siriani (oltre 2mila), ma anche da Mali, Gambia, Somalia, Senegal, Nigeria, Egitto. Paesi travolti dall’instabilità delle primavere e dalla diffusione del virus alqaedista, prima schiacciato dal pugno di ferro del regime di Gheddafi.
VERSO IL NORD
Ospitare i clandestini nei centri costa 200 milioni l’anno. Ai quali vanno sommati i 9 milioni al giorno di Mare Nostrum. In realtà, chi arriva vuol proseguire verso il Nord Europa: Svezia e Germania. Ma il regolamento di Dublino impone la permanenza dei richiedenti asilo nei luoghi di sbarco. La conseguenza è che eritrei e siriani cercano di aggirare le procedure di identificazione. E in molti si dichiarano siriani senza esserlo. I centri si moltiplicano ma non bastano più. Tante le sigle: Cpsa, Cda, Cie, Cas. Il Viminale invita i prefetti a trovare sempre nuove sistemazioni. E i residenti protestano, come a Taranto per 380 siriani in una struttura vicino a una scuola: i genitori si sono impressionati vedendo che il personale li trattava con guanti e mascherine.