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 2014  maggio 13 Martedì calendario

«ECCO LE RAGAZZE A CUI TENETE TANTO SI SONO CONVERTITE ALL’ISLAM»


La prima cosa che ha fatto la gente di Chibok: accendere non un cero ma un generatore. Il governo nigeriano invece ha subito escluso lo scambio di prigionieri proposto da Boko Haram, «le studentesse che non vogliono convertirsi per i nostri fratelli in carcere», salvo poi ritrattare in serata e prendere tempo: «Ogni opzione è sul tavolo».
Aspettare, setacciare con il fermo immagine quel video un po’ sgranato e aspettare, questa è l’opzione dei familiari che ieri a mezzogiorno si sono raccolti nelle case dei pochi con Internet. «C’è speranza, ma vogliamo poter dire: sono le nostre ragazze», ha raccontato Pogu Bitrus all’agenzia Ap . Non deve essere stato facile riconoscerle, in quei pochi minuti su YouTube, le prime immagini a un mese dal rapimento di massa: un centinaio di ragazzine (ne mancano più della metà, segno che i sequestratori potrebbero averle divise in almeno due gruppi), sedute a semicerchio in una radura sotto gli alberi, tutte vestite con la «divisa» grigia o nera fornita da Boko Haram, una jihab che lascia scoperti solo il viso e i piedi nudi. Tre vengono interrogate da una voce fuori campo. Due dicono di essersi convertite all’Islam «perché è la retta via», affermano di non essere state maltrattate. Più delle immagini sono le voci che si alzano tremanti a colpire: un coro sottile che recita i primi versetti del Corano su uno sfondo che Pogu Bitrus, uno degli anziani di Chibok, giudica molto simile al paesaggio della foresta di Sambisa che sta a 30 km dal villaggio.
Sambisa, una delle due roccaforti di Boko Haram, ex riserva naturale inaccessibile e spinosa dove gli elefanti hanno lasciato il posto ai miliziani con i kalashnikov di Abubakar Shekau. Dopo l’esibizione delle ragazze, il video diffuso ieri è un altro monologo del capo, sprezzante ma questa volta aperto alla trattativa. Anche gli esperti dell’antiterrorismo americano e israeliano giunti in Nigeria stanno vagliando le immagini e le parole per verificarne l’autenticità. Il marchio è quello di Boko Haram («l’educazione occidentale è peccato»), un Corano tra due fucili e la bandiera nera della Jihad. Pensare che il fresco capo delle Forze Armate nigeriane a gennaio aveva detto: entro aprile la guerriglia (che ha ucciso 4mila persone dal 2009) è finita. Nella notte del 14 aprile Boko Haram ha rapito trecento studentesse dalla scuola superiore femminile di Chibok. Il mese prima, in un’altra scuola, aveva bruciato vivi 50 studenti maschi. E’ il terrore firmato Shekau, che nell’ultimo video ironizza sulla mobilitazione globale: «Queste ragazze di cui vi preoccupate tanto, in verità noi le abbiamo già liberate. E come le abbiamo liberate? Facendole diventare musulmane». Nigeriano del Nord, una quarantina d’anni, una taglia di 7 milioni di dollari posta dagli Stati Uniti sulla sua testa. Non è forse un caso se non compare mai con le ragazze. Se sono nella boscaglia di Sambisa, Shekau è probabilmente nascosto altrove, sulle montagne al confine con il Camerun se non dall’altra parte della frontiera, forse in Niger. Il leader di Boko Haram non afferma più, come nel video precedente, di voler svendere le studentesse al mercato per 12 dollari. Ora vuole mercanteggiare con il presidente Goodluck Jonathan: «Le rilasceremo in cambio dei nostri fratelli». E’ un’occasione per mettere in imbarazzo il governo, mai come oggi sotto la pressione internazionale. Ma già in passato scambi del genere hanno avuto luogo, certo in un’atmosfera più discreta, dietro le quinte dell’indifferenza mondiale, prima che un anno fa il presidente dichiarasse guerra aperta (a parole). Oggi il dialogo per chiudere l’emergenza è più complicato, ma se possibile ancora più necessario. Se non con i terroristi, serve il dialogo con la maggioranza dei cittadini del Nord che si sente impoverito e senza prospettive. Abuja non può trattare con Shekau? Dimostri di saper proteggere i propri cittadini. Non saranno i droni a farlo. La Francia del presidente Hollande promuove una risposta internazionale a Boko Haram «non militare» ma di intelligence, con strumenti di alta tecnologia. Localizzare quel coro di ragazze è la parte più facile.