Niccolò Zancan, La Stampa 12/5/2014, 12 maggio 2014
MAGGIO ’74: DALLE URNE NASCE LA NUOVA FAMIGLIA ITALIANA
È arrivata all’altare dopo sei passeggiate in centro, quattro gelati domenicali, un film di cui non ricorda neppure il titolo e un weekend al mare con la famiglia riunita.
Alassio, Liguria, l’Italia del boom. Era l’estate del 1959: «Il promesso sposo ha dormito in albergo. Lo ricordo in spiaggia al mattino, sotto l’occhio vigile dei miei. Parlavamo poco. Entrambi impiegati alla Fiat. Siamo stati fidanzati otto mesi. È stato il primo amore della mia vita. Anche se non credo sia giusto chiamarlo così. Ancora oggi ho fortissimi dubbi di averlo mai amato».
La signora Tina Rocci è arrivata al matrimonio all’età di 20 anni e 7 mesi: «Ma ho indossato l’abito bianco tormentata dai dubbi. Non ero convinta. Ci sono cose che capisci a pelle. Non servono grandi motivi. Però i parenti - ricordo nitida la voce di mia madre - ripetevano tutti la stessa storia: “È la paura della sposa. Non ti preoccupare. Passerà”».
E invece, aveva ragione Tina Rocci. Che si apprestava a diventare la prima divorziata d’Italia. «Di sicuro, del Piemonte. La legge sul divorzio per me è stata una fortuna, una benedizione. Facevo il tifo. Seguivo Pannella in tv. Speravo di poter ricominciare una seconda vita». La prima era andata male. Ma di un male che non si può nemmeno discutere. «Non mi piaceva il fatto di vivere con la madre di mio marito, sotto lo stesso tetto. Ma non è questo il punto. Ci si lascia perché non si ha proprio nulla in comune. Io e il mio primo marito eravamo due estranei prima di sposarci e lo siamo rimasti. Non c’era nulla di sbagliato in lui. Ma insieme eravamo sbagliati».
Non è stato facile fare quel passo. «Io non bado ai commenti della gente - racconta la signora - ma certo, commentavano. Divorziare era uno scandalo, o quasi. E mia madre e mio padre, che non erano stati entusiasti del matrimonio, non avrebbero voluto la separazione. Mi dicevano di resistere. Di provare ad aggiustare le cose». Come andò? «Iniziai a tornare a casa senza valigia, a dormire una notte. Dicendo: “Sono triste, ho bisogno di riposarmi”. Oppure: “Abbiamo discusso, lasciatemi tranquilla per po’ qui da voi”. Li ho fatti abituare all’idea. L’ho detto così: senza grandi annunci». E suo marito? «Era d’accordo. Viveva il mio stesso straniamento. Non c’erano figli di mezzo, per fortuna. E non ci sono mai state litigate clamorose».
Il matrimonio è durato tre anni e qualche giorno. Sono andati dagli avvocati per chiedere la separazione legale. «Non avrei mai accettato di vivere la mia vita in quella galera di infelicità. Sono tornata dai miei genitori. Sapevo che non avrei potuto rifarmi una famiglia. Ma era il male minore».
Siamo nel 1963. Per otto anni la signora Rocci vive con quel foglio in tasca, sfidando lo scandalo. «È stato un bel periodo. Ho conosciuto amici e amiche. Ho realizzato che non avevo mai visto nessuno prima di mio marito. Non avevo vissuto».
È in quel periodo che fa il tifo per Pannella. Guarda i dibattiti in tv, discute e spera. Ed è verso la fine del settimo anno da separata che incontra Paolo Perotti, maestro di sci a Sestriere. «Con lui è stato l’opposto. Mi sono sentita subito a mio agio. Con Paolo è stato tutto quasi perfetto». Anche perché a dicembre 1970 viene approvata la legge sul divorzio. E la signora Tina Rocci può presentarsi per prima all’ultimo piano del vecchio Tribunale di Torino. È il 7 gennaio 1971. «Sono stata io a chiedere il divorzio. Il giudice ha domandato: “Siete sicuri? Non volete fare un tentativo di riconciliazione?”. Ci siamo salutati giù in strada. È stata l’ultima volta che l’ho visto».
A cena è andata a festeggiare. A metà febbraio è arrivata la notifica del divorzio, altri due mesi per trascrivere gli atti. Ed eccoci a un ritaglio ingiallito di Stampa Sera, domenica 20 giugno 1971: «La prima divorziata oggi di nuovo sposa». Aveva 33 anni: «Ero emozionata, ma sicura. Con Paolo siamo stati bene per 21 anni, fino a quando è morto in un incidente stradale. Mi sono sentita come mutilata. Non ho più amato nessuno e va bene così. Grazie alla legge sul divorzio sono stata una moglie felice».
Niccolò Zancan, La Stampa 12/5/2014