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 2014  maggio 11 Domenica calendario

OSAMA IL PROFUGO TASSISTA DI ROMANZI DI SUCCESSO


New York
Prima di uscire per andare al lavoro, annodai la mia lingua, come una bella cravatta. I miei colleghi si congratularono con me, per la mia eleganza. Mi elogiarono con il nostro capo che espresse ammirazione e ordinò a tutti gli impiegati di seguire il mio esempio”. Nella sua vita precedente, quella vissuta fino a 5 anni fa in Siria, Osama Alo-mar, era un autore, con una popolarità abbastanza affermata e riconosciuta nel mondo arabo; un intellettuale, insomma, cresciuto divorando un libro dopo l’altro, nella sua casa di Damasco, città dove era nato nel 1968, da un padre professore di filosofia e una madre insegnante di scuola elementare. La “parola scritta” era diventata, in pochissimo tempo, la sua passione, coltivata e approfondita anche più tardi con studi universitari sulla letteratura araba. Parole e musica, potremmo dire, visto che il tempo libero, Osama, lo dedicava a suonare la chitarra e a cantare in una pop band. Poi un giorno, il canale arabo della Bbc manda in onda la lettura di una sua storia e il suo percorso sembra delinearsi, coincidendo in maniera chiara con una vita dedicata alla scrittura. Per la Horizon Taxi Cab Company di Chicago, però, Osama è semplicemente un autista, esattamente come tutti gli altri: seduto in macchina, per circa 12 ore, sei giorni alla settimana, percorre le strade della città coprendo, in particolare, il tragitto che, dall’aeroporto O’Hare arriva in centro. Sul sedile di fianco, un quaderno e una penna, ai quali ritorna instancabilmente, provando a comporre, fra una corsa e l’altra. Nel 2008, Osama ha lasciato la Siria perché la sua opposizione al governo di Assad, ormai, aveva reso molto complicato per lui restare a Damasco. “Sono molto interessato ai movimenti politici e sociali – dice in un’ intervista al New York Times – soprattutto nel mio paese, ma anche, in generale, in tutto il Medio Oriente. Come persona, io credo nella democrazia e nella libertà ma, invece, c’è molta oppressione”. Quando ha scelto Chicago, dove già vivevano sua madre e suo fratello, tuttavia, Osama era ancora molto ottimista sulle sorti politiche del suo paese “perché i siriani avevano coscienza della loro libertà. Ora, però, non lo sono più perché ci sono troppi oscurantisti, anche nell’opposizione. A guardare tanta sofferenza, mi si spezza il cuore”. Nei giorni scorsi, Alomar, ha partecipato al Pen World Voices, a New York: un festival letterario dove lo ha fortemente voluto la scrittrice americana Lydia Davis, che lo ha “scoperto” tempo fa e che descrive la sua letteratura come composta da “storie super brevi, molto fantasiose e vivide ed esilaranti. Alcune sono scure e arrabbiate, altre sono divertenti. Hanno densità, ma sono anche una specie di esplosione, con una scossa di assestamento, perché sembrano raccontare una storia ma allo stesso tempo ne stanno raccontando una completamente diversa”.
Certo la sua “nuova vita” alla guida del taxi blu, nel traffico di Chicago e con clienti di ogni tipo, non è l’ideale per concentrarsi sulla scrittura ma, a distanza di cinque anni, per lui, la possibilità di tornare in Siria è meno di un’ipotesi. Ultimamente, infatti, il regime di Assad ha fatto bombardare una casa che ancora possedeva a Damasco, distruggendo completamente un patrimonio fatto di libri, scritti e “una chitarra Fender”.
Il suo sogno, per ora, è di poter iniziare a scrivere in lingua inglese così da diventare un autore “americano” e far conoscere la sua letteratura a quelle persone che, ormai, sono il suo mondo anche se, quel mondo, di lui conosce solo una nuca e, uno sguardo incrociato al volo, guardandosi nello specchietto retrovisore.

Angela Vitaliano, Il Fatto Quotidiano 11/5/2014