Sergio Rizzo, CorriereEconomia 12/05/2014, 12 maggio 2014
STATO NOMINE FATTE, ORA RISULTATI (MIGLIORI)
Il bicchiere si può vedere mezzo pieno o mezzo vuoto. Dipende, ovvio, da chi lo guarda. Ma anche dal punto di osservazione. Lella Golfo, presidente della fondazione Marisa Bellisario nonché ex parlamentare del Pdl, descrive le nomine renziane come fossero una «rivoluzione culturale». Comprensibile entusiasmo, visto che alla presidenza di quattro fra le più grandi imprese pubbliche sono state designate altrettante donne. Emma Marcegaglia va all’Eni, Patrizia Grieco all’Enel, Luisa Todini alle Poste e Catia Bastioli a Terna. Non era mai successo prima: bicchiere mezzo pieno. Ma chi pregustava novità sconvolgenti si è dovuto in parte ricredere.
L’altra metà
L’imprenditrice Luisa Todini è stata eletta vent’anni fa al parlamento Europeo per Forza Italia ed è attualmente consigliere di amministrazione della Rai in quota centrodestra: nome sempre ricorrente, da anni, quando sono in ballo incarichi pubblici. Mentre per l’imprenditrice Emma Marcegaglia, già presidente di Confindustria, c’è chi ha subito agitato l’ombra del conflitto d’interessi. Ricordando pure come l’azienda di famiglia abbia aderito anni fa al patteggiamento di una condanna per una tangente pagata a un manager di Enipower. E poi va sottolineato che in questa «rivoluzione culturale» nessuna donna ha avuto l’incarico di amministratore delegato: bicchiere mezzo vuoto. Vero è che i vecchi capi azienda sono stati tutti sostituiti. Non c’era alcun dubbio che ci fosse bisogno di cambiare l’aria: bicchiere mezzo pieno. Anche se sostituire all’Eni Paolo Scaroni con il suo fedelissimo Claudio Descalzi non si può certo definire un ricambio radicale. E spostare alla Finmeccanica l’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti al posto dell’incolpevole Alessandro Pansa, nominato appena un anno fa, è sembrata una mossa non estranea al realismo politico, considerando il peso che avrebbe avuto in questo avvicendamento il sostegno dalemiano: bicchiere mezzo vuoto. Sostegno a quanto pare esteso ora anche al candidato ferroviario interno alla successione di Moretti, il capo di Rfi Michele Elia.
Realismo politico
Lo stesso realismo politico al quale sono state improntate le nomine dei consiglieri di amministrazione. Con la differenza che in questo caso si è dovuto tenere conto pure delle minoranze della maggioranza. Certo, nel consiglio della Finmeccanica è stato spedito un personaggio del calibro di Alessandro De Nicola. E in quello dell’Eni si è per fortuna trovato posto a Luigi Zingales: bicchiere mezzo pieno. Le impronte digitali della spartizione new style , tuttavia, risultano più che evidenti. Nel consiglio di amministrazione dell’Enel è spuntato Alberto Bianchi, ex commissario dell’Efim e presidente della renziana Fondazione Open. Fabrizio Landi, ex amministratore dell’Esaote e finanziatore di quella stessa fondazione è stato invece collocato in Finmeccanica. Così alle Poste troviamo il guru televisivo Antonio Campo Dell’Orto, il cui nome compare insieme a quelli di Bianchi e Landi nell’elenco dei finanziatori di Open : sia pure con la cifra assolutamente simbolica di 250 euro. Ma basta il pensiero. Campo Dell’Orto potrà misurare la propria competenza in materia postale con quella del neoconsigliere Roberto Rao, deputato dell’Udc dal 2008 al 2013 dopo essere stato portavoce del presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, leader di quel partito. Landi confronterà invece la propria esperienza aziendale con quella della neoconsigliera di Finmeccanica Marta Dassù, viceministro alla Farnesina nel governo di Mario Monti e già assistente per la politica estera di Massimo D’Alema quando l’ex presidente dei Democratici di sinistra era a palazzo Chigi. Mentre Bianchi lavorerà gomito a gomito con la neoconsigliera Enel, Diva Moriani, manager di Kme Intek, l’ex gruppo metallurgico Orlando guidato dall’amico di Renzi Vincenzo Manes.
Avvicendamenti
Nemmeno Angelino Alfano è rimasto a bocca asciutta. Sia pure con il brivido di un avvicendamento scattato a giochi ormai fatti. Destinato al consiglio di amministrazione dell’Eni, il patron del fondo Equinox Salvatore Mancuso ha puntato i piedi dopo aver saputo che avrebbe avuto per presidente Emma Marcegaglia. È stato quindi dirottato all’Enel, e sulla poltrona inizialmente assegnatagli si è dovuto accomodare l’avvocato alfaniano Andrea Gemma, liquidatore della Valtur.
Lo schema seguito per Eni, Enel, Poste e Finmeccanica è sembrato così funzionale da essere riproposto anche a Terna, la società della rete elettrica il cui azionista di riferimento è la Cassa depositi e prestiti. Una donna alla presidenza e un amministratore delegato, Matteo Del Fante, nuovo di zecca.
Rinnovi
E nel consiglio? Un esponente della sinistra dalemiana, il responsabile lombardo della Fondazione Italianieuropei Carlo Cerami, avvocato amministrativista. Un esponente del centrodestra, l’ex deputato di An e Pdl, nonché sottosegretario allo Sviluppo con delega all’energia nel governo Berlusconi, Stefano Saglia. Con loro Fabio Corsico, responsabile dei rapporti istituzionali del gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone, azionista dell’Acea. E perfino il destino non ha potuto risparmiare, alla fine, una involontaria coincidenza. Perché Simona Camerano, dirigente della Cassa approdata ora nel consiglio di Terna, è incidentalmente sorella dell’ex amministratore delegato di Gdf Suez energie, Valerio Camerano.