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 2014  maggio 12 Lunedì calendario

FLORES D’ARCAIS, IL FORCAIOLO CHE SOGNA IL CAV IN GALERA


Tipo nomade e stravagan­te, il marchese Paolo Flo­res d’Arcais è­di una mu­tevolezza ai confini dell’isteria. Li avrebbe tra­valicati se non avesse trovato un punto fermo: l’odio per Sil­vio Berlusco­ni. Sentimen­to ossessivo che da vent’anni dà senso alla sua vita.Grazie al­l’ancoraggio, il settantenne Prof d’Arcais gode oggi di un discreto equilibrio psi­colo­gico e rap­presenta una figura emi­nente del for­caiolismo no­strano.
D’Arcais è il demiurgo di Micromega, un bimestrale di proprietà del ticinese Carlo De Benedet­ti. Ai tempi di Mani Pulite, la rivi­sta fu ribattezzata «Gazzetta uf­ficiale delle Procure» e da allo­ra presidia con autorevolezza quest’avamposto.I lettori sono gli stessi del Fatto Quotidiano: malpancisti di destra e sinistra che di fronte alla carcerazione di politici e potenti esultano co­me le plebi quirite per il mirmil­lone che scanna il reziario.
Identica anche la cerchia dei prestigiosi collaboratori: Totò Di Pietro, Gian Carlo Caselli, Antonio Ingroia, Marco Trava­glio, Dario Fo, Furio Colombo e via ammanettando.
Micromega svetta, tuttavia, per la quantità di appelli di cui è promotrice, accolti con sollu­chero da esseri oscuri e furiosi che si appagano firmando. I più assidui stanno acquistan­do la notorietà di Gabriele Pao­lini, il disturbatore tv. L’ultimo appello è stato il classico richia­mo de­lla foresta per la genia mi­cromegana: sbattiamo in gale­ra il Cav, revocandogli le cure dei vecchietti. «La libertà di Ber­lusconi è un’indecenza – recita il bellicoso comunicato –. Il reo la sta utilizzando... per infanga­re le istituzioni, insultare i magi­strati... con la speranza di un lu­rido tornaconto elettorale. Ba­sta! ( Deve andare) in galera o in stringenti domiciliari che gli ini­biscano la scena pubblica, che invece continua impunemen­te a lordare ». Nei termini, «inde­cenza », «lurido», «lordare», si ri­conosce il gusto del marchese d’Arcais per le sfumature.
Tra i firmatari, oltre a lui, ba­ciapile e miscredenti. Primo sottoscrittore è un prete, don Al­do Antonelli, che di Berlusconi ha detto: «Irredimibile, un’ec­cezione a livello biologico». Lo affianca un fiero mangiapreti, il vendoliano, Carlo Flamigni, socio Uaar, Unione degli atei e agnostici razionalisti. Miracoli del Berlusca:oltre a dare a d’Ar­cais una ragione di vita, conci­lia diavolo e acquasanta. Solo per regalarci questo circo, Sil­vio va preservato con la massi­ma energia.
Di antico ceppo marchiona­le sardo, Paolino Flores d’Ar­cais è nato casualmente a Cervi­gnano del Friuli, ma ha sempre vissuto nella Capitale. Si è laure­ato in Filosofia con Lucio Collet­ti che lo prese come assistente ma essendo il professore ironi­co e l’allievo quaresimalista, presto si separarono. La carrie­ra universitaria di Paolino fini­sce qui, ma l’etichetta di filoso­fo gli è rimasta. Papà e mamma erano cattolici di sinistra, il fi­glio invece è ateo. Lo sono, ha ri­velato, poiché «nessuno mi ha mai spiegato perché fosse ne­cessario ipotizzare un Dio di fronte a un qualsiasi proble­ma». È il filosofo che parla. Non resta che tacere.
Mancando di agganci tra­scendenti, Paolino si è buttato sulle cose del mondo facendo il giro delle sette chiese progressi­ste. Fanciullo si è iscritto nel Pci ma, insieme, abbracciò il trotzkismo (rivoluzione perma­nente). Divenne così petulante in questa convinzione che il partito incaricò Renato Nicoli­ni, il futuro «assessore all’effi­mero », di cacciarlo. Il giovanot­to si avvicinò allora al Manife­sto e ai sessantottini. L’Urss gli venne in antipatia e cominciò a stravedere per i dissidenti del­l’Est europeo al punto da sposa­re, in prime nozze, una profuga polacca. Il matrimonio finì di peste e Paolino l’avrebbe fatta finita se all’orizzonte non fosse apparso Bettino Craxi. Fu Car­lo Ripa di Meana a presentarli, fine anni ’70.
D’Arcais si innamorò perdu­tamente di Craxi. Bettino lo affi­dò a Federico Cohen che gesti­va il circolo di Mondo operaio e la rivista omonima, fucina di giovani anarcoidi in cerca di ca­sa: Ernesto Galli della Loggia, Giampiero Mughini, Luciano Pellicani, ecc. Flores d’Arcais divenne uno stipendiato del Psi. A fine mese passava a riscuotere da Rino Formica, il fu­turo ministro, allora tesoriere del partito. Formica contava a voce alta i bigliettoni prima di darglieli: «Centomila, trecento­mila, un milione. Ma quanto c..zo ci costa questo intellettua­le», diceva con la sua tipica erre moscia. L’idillio socialista finì presto. Paolino, che non si sen­tiva valorizzato, si mise a fare di­spettucci e fu messo alla porta. Cominciò a detestare Craxi e ri­pr­ese a vagolare le stie della sini­stra, ripudiando di continuo le sue scelte: radicali, verdi, Pds, Rete, Girotondi (di cui fu l’in­ventore), Pd, Idv, fino al 2013, quando ha votato Ingroia. Di quest’uomo insoddisfatto e malmostoso, irrazionale e apo­calittico, lo stesso Formica ha detto: «È come un bevitore che fa il giro di tutte le cantine e spu­ta il vino che beve».
Quando, negli anni ’70-’80, tra le sue balzane simpatie ci fu­rono i «compagni che sbaglia­no », contigui al terrorismo ros­so, l’attuale giustizialista ado­ratore dei pm, scrisse articoli infuocati contro la magistratu­ra. Ecco alcuni excerpta di quando si ergeva a difensore della giustizia giusta in favore dei ceffi in passamontagna. «La parola di chi denuncia con­tro la parola di chi è imputato: garantismo vorrebbe che “ in dubio pro reo ”». Ottimo propo­sito che però dimenticherà quando imputato sarà l’odiato Craxi. «Il carcere deve seguire l’esibizione di prove,non esse­re strumento per cercarle ». Più che giusto, ma farà orecchio da mercante quando a subirlo sa­ranno i colletti bianchi, da Ca­logero Mannino al suicida Ga­briele Cagliari.
«Il pm in Italia può condan­nare al carcere senza controlli, senza dibattimento, senza pro­ve. Questo è uno scandalo giu­ridico ». Sublime, ma non farà una piega quando gli incarce­rati a capriccio saranno i suoi nemici politici. Fu addirittura estimatore di Corrado Carne­vale, il giudice garantista be­stia nera del forcaiolismo. Di lui ha scritto: «Del tutto discuti­bile la critica che gli viene rivol­ta per eccesso di garantismo. Si dice che annullando le con­danne contro la mafia, i crimi­nali vengono avvantaggiati. Ve­rissimo. Non se ne esce però praticando la disinvoltura pro­cessuale, ma trovando le pro­ve».
Flores non potrebbe dire me­glio, se non fosse che è tutto fa­sullo: solo un mezzo per difen­dere i suoi amici in galera. Un lustro dopo, in effetti, bollerà Carnevale come Ammazzasen­tenze e comincerà ad andare a braccetto con i suoi opposti an­tropologici: i Caselli e i Di Pie­tro. Marchese ma ipocrita.