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 2014  maggio 11 Domenica calendario

IL MADE IN AMERICA È TORNATO A VINCERE


Che la prima fase della globalizzazione dell’economia sia alla fine, è un fatto. Gli anni della Cina che attraeva fabbriche — e posti di lavoro — dall’Occidente grazie ai costi bassi sono un ricordo: anche nell’Impero di mezzo, salari e prezzi dell’energia sono aumentati, produrre lì è meno conveniente di un tempo. L’affermazione, però, va qualificata: quel che è vero per gli Stati Uniti non è così vero per l’Europa e per l’Italia. La società di consulenza Boston Consulting Group ha appena pubblicato uno studio sulle variazioni di costo che determinano la competitività manifatturiera dei maggiori Paesi esportatori. Se si fissano a cento , come benchmark , i costi negli Stati Uniti nel 2004 e nel 2014 , si nota che quelli cinesi nel decennio sono saliti da 86 a 96 . Detto diversamente, se si sommano le variazioni dei costi del lavoro e dell’energia, le variazioni della produttività e dei tassi di cambio, la Cina era del 14% più competitiva dell’America nel 2004 mentre ora lo è solo del 4% . Ciò significa che, dal punto di vista dei costi di manifattura, nelle esportazioni i due Paesi sono quasi su un piede di parità e che per gli americani la tendenza all’offshoring in Cina, cioè all’esportarvi produzioni per ragioni di prezzo, non ha più senso.
Se prendiamo l’Italia, il quadro però cambia. Dieci anni fa, era meno competitiva degli Stati Uniti del 12% e della Cina del 26% . Oggi — dice lo studio del Boston Consulting Group — è meno competitiva dell’America del 23% e della Cina del 27% . Siamo dunque peggiorati dell’11% rispetto all’America ma anche dell’1% rispetto alla Cina. La Francia è in una posizione simile alla nostra: ha una differenza del 24% nella capacità competitiva con l’industria americana e del 28% con quella cinese; ma nel decennio è peggiorata meno sugli Stati Uniti, del 9% , mentre sulla Cina ha guadagnato l’1% . La tendenza è vera per un po’ tutta l’Europa, anche a causa del cambio forte dell’euro. La Germania, per esempio, nel 2004 era del 21% meno competitiva (sempre considerando solo i costi) degli Stati Uniti, oggi lo è del 17% ; rispetto alla Cina, però, ha guadagnato il 6% , da una distanza del 31% a una del 25 . Lo stesso vale all’incirca per il Belgio. L’Olanda ha fatto meglio: nello stesso periodo, ha guadagnato due punti di competitività sull’America, e ora è a meno 11% , e 12 sulla Cina.
Tra i Paesi emergenti, alcuni rimangono competitivi rispetto agli Stati Uniti: per esempio l’Indonesia ha costi inferiori del 17% e l’India del 13. Il loro problema è che sono rispettivamente al 120° e 134° posto nella classifica della facilità di fare business e al 114° e al 94° nella graduatoria della percezione del grado di corruzione. Anche qui, comunque, il gap dei vantaggi di prezzo si sta riducendo.
La fase uno della globalizzazione, quella della «Cina fabbrica del mondo», si sta dunque chiudendo (resta la necessità di esserci per accedere al suo mercato). Il fatto è che ne beneficia quasi esclusivamente l’America; super-competitiva.