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 2014  maggio 06 Martedì calendario

FASSINO E IL DITO MEDIO:“SONO STATO AGGREDITO E HO REAGITO D’ISTINTO”

[Intervista] –

Da qualsiasi parte la si prenda, l’esposizione del lungo dito medio del lungo Piero Fassino, sindaco di Torino e, giusto pochi giorni fa, per dire, candidato da Carlo De Benedetti alla successione di Napolitano, resta un gesto volgare. Per chiunque, a maggior ragione per un sindaco. Ieri, a 24 ore dal fatto, subito negato ma immortalato e reso pubblico dalle videocamere, Piero Fassino ha ammesso il gestaccio definendolo una reazione «istintiva e umana». Uno scatto di fronte all’«aggressione e agli insulti» rivoltigli da un gruppo di ultras del Toro tra i ruderi dello stadio Filadelfia nel giorno della ricorrenza della tragedia di Superga.
Sindaco, se non è una bella cosa mostrare il dito medio a qualcuno, ancora peggio è negare il fatto. O no?
«Ieri, a chi mi chiedeva conto dell’accaduto, ho solo negato la rappresentazione di un gesto di offesa nei confronti dei tifosi granata verso i quali non ho fatto alcunché».
E per chi era allora quel medio?
«Quel gesto di offesa e di reazione era nei confronti di chi mi stava aggredendo, di un gruppetto di persone...»
Ci spieghi com’è andata.
«Intanto, ero al Filadelfia su invito del presidente della Fondazione, Salvadori, per presentare il progetto di rinascita del vecchio stadio. All’arrivo sono stato accolto da molti che mi hanno salutato e ringraziato, apprezzando la mia sensibilità».
Ma scusi....
«Aspettate: quando mi è stata data la parola dal palco c’era qualcuno che rumoreggiava. Avevo messo nel conto qualche contestazione e li ho ignorati. Ho fatto anche la battuta sul fatto che sarò pure un “gobbo” ma il “gobbo” che sta ricostruendo il Filadelfia. C’è stato un applauso e sono sceso ad ascoltare gli altri interventi. Il gruppetto che rumoreggiava, non più di una decina di persone, si è avvicinato per insultare me e la mia famiglia con epiteti di ogni tipo».
E quindi, ha pensato bene di mandarli a stendere?
«All’inizio ho cercato di ragionare con loro: “Ma cosa volete? Volete la ricostruzione del Filadelfia? Lo stiamo facendo”. Tutto inutile. Sono stato aggredito e ho avuto una reazione istintiva. Un gesto per dire: “Va bene, ma basta, così..”. È questo il senso di quella mano alzata, nessun altro. Non ho fatto alcun gesto contro i tifosi. Così tanto che io e la mia amministrazione ci siamo impegnati a ricostruire il Filadelfia».
Scagli la prima pietra chi non ha mai avuto una reazione istintiva e magari esagerata, però lei è il sindaco...
«Ma infatti, l’ho già detto, mi rammarico di quel gesto che è figlio di un clima convulso e concitato. Ma aggiungerei un’altra cosa».
Aggiunga.
«Non si può accettare che chi è aggredito sia a sua volta aggredito, e all’aggressore non venga detto nulla. Ormai siamo continuamente di fronte a, come dire?, manifestazioni di aggressività non solo nello sport ma ovunque».
Vabbè, ma l’altro giorno, in concreto, cosa si poteva, cosa si doveva fare con quella decina di contestatori, al di là del dito medio?
«Bisognerebbe cominciare a dire che le persone si rispettano, qualsiasi siano le loro opinioni».
Ma il suo gesto «istintivo» allora? Non può essere stato interpretato come un’aggressione?
«Ma nooo! Quel gesto era per dire “Basta!”, “Lasciatemi in pace!”. Questo era il senso.»
Però ha negato di averlo fatto. Perché?
«Ho negato la rappresentazione che era stata data. E cioè che io avessi fatto un gesto nei confronti dei tifosi. Era rivolto a chi mi ha aggredito. Verso i tifosi non solo non ho fatto alcun gesto offensivo, ma quando ho parlato dal palco ho avuto un atteggiamento rispettoso. Non c’è alcun nesso, sia chiaro, ma quanto accaduto segue di poche ore i fatti di Roma. Questo dovrebbe indurci a riflettere».
Ma, sia pur molto alla lontana, qualcuno potrebbe fare un parallelo fra il suo gesto e quanto avvenuto all’Olimpico.
«Ma io sono l’aggredito! Non potete mettere sullo stesso piano aggredito ed aggressore. Quando si ricevono insulti di ogni tipo uno reagisce e nella reazione si può anche andare oltre il segno. Di questo, ripeto, mi rammarico. Ma non si può non vedere che io sia stato vittima di una violenza».

Beppe Minello, Andrea Rossi, La Stampa 6/5/2014